«Il mio unico partito è il patrimonio dei valori civili radicati nel cristianesimo. Ho richiamato l’attenzione verso tutte le forme di povertà, dalla disabilità alla disoccupazione, dalla marginalità al mondo giovanile alla deriva. Sono valori irrinunciabili. Non me la sento di dire votate chiunque, ma votate chi segue questi valori. Da pastore, ho il dovere di illuminare la coscienza dei fedeli e aiutarli a fare discernimento quando andranno a votare».
Il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti (75 anni, nella foto in alto) spiega i motivi che lo hanno spinto a scrivere la lettera inviata il 18 giugno scorso ai sacerdoti della diocesi in vista dei ballottaggi per le elezioni amministrative in programma domenica prossima tra Damiano Tommasi, ex calciatore ed ex presidente dell'Assocalciatori, candidato per il centrosinistra, che al primo turno ha ottenuto il 39,7% dei voti, e il sindaco uscente Federico Sboarina, sostenuto da Lega e Fratelli d’Italia, che ha preso il 32,7%.
I media si sono concentrati su un passaggio della missiva in cui richiama i sacerdoti ad aiutare “i fedeli a individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall'ideologia del gender, al tema dell'aborto e dell'eutanasia”.
«L’ideologia del gender è stigmatizzata da papa Francesco al paragrafo 56 di Amoris Laetitia. Lo ricordo perché il Corriere ha scritto che io su questo tema non sarei in linea con il Papa. Non ho niente contro nessuno ma ribadisco che i valori sono valori e la famiglia formata da maschio e femmina non può essere alterata dall’ideologia del gender. Nella lettera ho parlato anche delle scuole cattoliche, a cominciare da quelle dell’infanzia; dell’accoglienza responsabile dei migranti; del rispetto della vita umana dal grembo della madre fino all’ultimo respiro naturale. Queste sono le aree di una civiltà dalle radici cristiane. Solo una coscienza illuminata è davvero libera; libera persino di scegliere ciò che contrasta la coscienza stessa».
Ma ce l’aveva in particolare con qualcuno dei candidati?
«No, ho parlato delle elezioni in generale. I due candidati che sono arrivati al ballottaggio sono entrambi cattolici, e io evidentemente non mi schiero con nessuno dei due. Invito la gente a guardare il programma e la cultura che viene proposta. I due candidati, ripeto, sono entrambi persone valide. I fedeli devono esaminare più attentamente l’area culturale da essi rappresentata e quali valori essa propone o mette in discussione».
Gli sfidanti al ballottaggio di domenica prossima a Verona: il sindaco uscente Federico Sboarina, 51 anni, (a sinistra), candidato del centrodestra, e l'ex calciatore Damiano Tommasi, 48, del centrosinistra
I sacerdoti come hanno reagito?
«Molti hanno approvato, qualcuno si è detto indispettito. Chiedo ai miei preti di non farsi voce di parteggiamenti. Siano tutti al di sopra delle parti, in ogni tornata elettorale, di qualsiasi genere. Il vescovo avrà il diritto e il dovere di illuminare le coscienze o no? Lo rifarei e lo farò ancora, fino a quando sono sulla cattedra di San Zeno. Prego anche per chi mi critica e prego anche, come ho scritto questa settimana in un articolo sul settimanale della diocesi, Verona fedele, che quello che ho scritto non sia oggetto di contestazione, immotivata, ma semmai di dialogo tra tutti, e anche con me».
È pentito della lettera che ha scritto?
«No, farei volentieri anche un dibattito pubblico o in Tv, purché mi lascino parlare ed esporre le mie argomentazioni».
Qual è l’urgenza più grande in questo momento?
«La famiglia, messa in crisi anche qui a Verona. La questione familiare è civile e laica non cattolica, va difesa in quanto famiglia perché è alla base del vivere civile. Poi per quanto riguarda altre questioni come il gender si possono affrontare con le leggi, purché non si identifichi la famiglia con il gender come se fosse l’unica possibile. Questo è anti democratico. Io, ribadisco, sono disponibile a confrontarmi con tutti».