Il Professor Massimiliano Padula, docente di “Scienze della comunicazione sociale” presso l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense.
Pubblichiamo l'intervento del Professor Massimiliano Padula, docente di “Scienze della comunicazione sociale” presso l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense.
Una celebre massima di Zenone di Elea recita così: «Ci hanno dato due orecchie, ma solo una bocca, perché potessimo ascoltare di più e parlare meno». Leggere “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, il Messaggio di Papa Francesco per la 56ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sembra confermare l’intuizione del filosofo greco. Il documento, diffuso dalla sala stampa della Santa Sede oggi, 24 gennaio (come di consueto nella memoria di San Francesco di Sales) si presenta, infatti, come un elogio dell’ascolto, inteso come elemento centrale della grammatica comunicativa e come condizione che favorisce il “rapporto dialogico tra Dio e l’umanità”. La sua prospettiva ricalca il percorso di ricerca di Bergoglio sulla comunicazione, da lui intesa (lo scrisse già nel suo primo Messaggio del 2014) come “un’autentica cultura dell’incontro”. Il testo si compone di un prologo e di tre parti. Il Pontefice esordisce facendo riferimento ai formati dell’ascolto digitale come il podcast e le chat audio e, nello stesso tempo, conferma quanto l’ascoltare sia essenziale sia per gli educatori e i formatori, sia per tutti coloro che svolgono «un ruolo di comunicatori: i genitori e gli insegnanti, i pastori e gli operatori pastorali, i lavoratori dell’informazione e quanti prestano un servizio sociale o politico».
Per questo motivo Francesco insiste (nella prima parte) sul suo valore implicito: ascoltare non è “soltanto percezione acustica” evidente, ma è generazione interiore di fede, riflesso dello “stile umile di Dio” e soprattutto grazia rivelatrice. Così come si fece riconoscere visivamente da Mosè attraverso il roveto ardente, Dio si rivela agli uomini “tendendogli l’orecchio” e creando un’“alleanza d’amore”, capace di rompere le barriere sorde dell’indifferenza e dello scarto che creano solitudine e disuguaglianze. È il caso delle pratiche dell’“origliare” e del “parlarsi addosso” che il Papa argentino definisce (nella seconda parte) come tentazioni acuite dal social web che formano (anche nella Chiesa) schieramenti ideologici e sterili contrapposizioni. E che riducono il dialogo a uno sterile duologo (il monologo a due voci teorizzato dal filosofo Abraham Kaplan) con il quale non parliamo davvero con qualcuno, ma esclusivamente a qualcuno.
Si tratta di un rischio che tocca tutti i contesti dell’esistenza, dalle relazioni famigliari alle professioni giornalistiche fino ai contesti religiosi e che può essere scongiurato – spiega il Papa – adoperando la virtù della pazienza e lo stupore della verità. Solo così l’ascolto può diventare strumento di conoscenza e bussola per orientarsi nel caos della contemporaneità. Lo dimostrano la cosiddetta infodemia conseguente al Covid e i pregiudizi verso i migranti, spesso alimentati da una informazione confusa e in malafede e che invece andrebbe incoraggiata a porsi sempre più in un’ottica di ascolto profondo e accogliente. Nell’ultima parte Francesco rivolge lo sguardo verso la realtà ecclesiale esortando i cristiani a non dimenticare «che il servizio dell’ascolto ci è stato affidato da Colui che è l’uditore per eccellenza, alla cui opera siamo chiamati a partecipare». Traccia, dunque, i contorni di una vera e propria pastorale dell’ascolto la cui opera più importante è un “apostolato dell’orecchio” vissuto anzitutto come carità e poi come opportunità per fecondare quel terreno ancora non coltivato che sarà il processo sinodale. Ovvero un momento irrinunciabile per accogliere il Signore nella nostra vita, lasciarci riempire il cuore dal suo amore e comunicarlo in ogni territorio del nostro agire.