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giovedì 15 maggio 2025
 
Lo scambio di embrioni
 

Embrioni scambiati, quei bambini contesi prima di nascere

28/07/2014  È il frutto amaro della vicenda degli embrioni scambiati all'ospedale Pertini di Roma. I genitori biologici li rivendicano come propri, la coppia che sta portando avanti la gravidanza pure. Siamo di fronte ad una fecondazione eterologa involontaria dove, ancora una volta, prevalgono i desideri degli adulti e ignorati i diritti dei nascituri

Vittime di una contesa giudiziaria e affettiva prima ancora di nascere. Ecco l’amaro destino che attende i due gemelli che stanno crescendo nel grembo di un'altra donna, e non in quello della madre biologica che ora li “rivendica” come propri, dopo uno scambio di embrioni all'ospedale Pertini di Roma il 6 dicembre scorso durante una procedura di procreazione medicalmente assistita.

In pratica, siamo di fronte a un caso di fecondazione eterologa involontaria, generata da un errore, ma che è un inquietante prova generale di quello che potrebbe accadere nel nostro Paese dopo il via libera della Corte Costituzionale. La fecondazione di tipo eterologo si ha quando il seme oppure l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia; la pratica era vietata fino ad aprile scorso dalla legge 40. Ad accendere lo scontro, a mezzo stampa, sono stati i genitori biologici. In un’intervista al Corriere annunciano battaglia: «I veri genitori siamo noi, gli unici. I bambini devono avere il nostro cognome fin da subito, appena nati. Andremo all'anagrafe per segnarli come nostri. Ce li dovranno Ricorreremo a un tribunale per tutelare i diritti dei nostri figli. Non avremmo voluto. Siamo delusi e stanchi della mancanza di responsabilità dimostrata a tutti i livelli fino ad oggi».

Poi le accuse all'altra coppia di scarsa collaborazione: «La felicità che spettava a noi è toccata ad altri. Quei due signori si sono comportati in modo irresponsabile. Spariti, non hanno mai risposto ai nostri appelli. Magari avremmo potuto trovare una soluzione. Comprendiamo il loro stato d'animo. Sappiamo però che essere madre e padre significa preoccuparsi di tutelare prima di tutto i bambini. Sfuggire agli appelli e portarci ad uno scontro inevitabile vuole dire non fare il bene di nessuno».

La risposta della coppia che sta portando avanti la gravidanza non si è fatta attendere: «I bambini sono nostri figli, li alleveremo noi e non abbiamo intenzione di dividerli con nessuno. Nutriamo un sentimento di sincero dispiacere per l'altra coppia. Ma, dopo l'imperdonabile errore commesso dall'ospedale, non potevamo certo rinnegare quelle due creaturine nel grembo di mia moglie. È lei la vera madre. È lei a nutrirli attraverso il cordone ombelicale. E io sono il padre che già li coccola sin dal primo momento». Sul riconoscimento della paternità, spiega l’uomo, «ci batteremo in tribunale».

Chi è dunque la madre dei piccoli? Quella genetica o la gestante che li partorirà? Un rebus che neanche il Comitato nazionale per la bioetica, al quale la Regione Lazio ha richiesto un parere ad hoc sulla vicenda,  è riuscito a sciogliere. Secondo gli esperti, infatti, è impossibile dire chi sia, a rigor di etica e in punta di diritto, la madre dei gemelli, riconoscendo implicitamente che in realtà i genitori dei due bebè sono quattro: due biologici e due committenti. Una cosa è certa: l’auspicio del Comitato che raccomandava di «accantonare la logica dei diritti in competizione e che le figure coinvolte agiscano basandosi sulla comprensione dei sentimenti e sull’etica delle responsabilità e solidarietà nei confronti dei nati» è già caduto nel vuoto come abbiamo visto in questi giorni. Ci si prepara dunque ad una battaglia nelle aule dei tribunali, tutta combattuta sulla pelle dei nascituri, vittime inconsapevoli.

Questa vicenda fa intuire chiaramente a cosa si va incontro con il via libera all’eterologa per la quale al ministero della Salute si stanno discutendo le linee guida.  Lo sconvolgimento della filiazione naturale – qual è quella messa in atto dalla fecondazione eterologa – moltiplica i dilemmi dal punto di vista giuridico, etico e antropologico e apre prospettive inquietanti. Come si può dire che quei bimbi non sono figli dei genitori genetici i quali gli hanno trasmesso metà per uno il proprio patrimonio genetico e ai quali probabilmente somiglieranno pure? E d’altra parte come si potrà escludere dalla loro vita la madre che li ha portati in grembo per nove mesi e partoriti?  C’è materia per contenziosi infiniti che, è facile prevedere, intaseranno le aule dei tribunali. Le vittime innocenti sono sempre loro: i bambini.  

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