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giovedì 10 ottobre 2024
 
 

Energie rinnovabili, si fa sul serio

28/01/2012  A Bolzano, sino a domenica 29 gennaio, s'incontrano i cittadini interessati ai temi dell'ambiente e delle fonti d'energia alternative. Concentrate in una casa ecologica d'avanguardia.

Si svolge a Bolzano, fino a domenica 29 gennaio, la settima edizione di Klimahouse, la più importante fiera italiana dell’efficienza energetica e dell’edilizia sostenibile, con oltre 400 espositori. Non è solo un appuntamento per addetti ai lavori, ma un evento aperto ai cittadini interessati ai temi del risparmio energetico e delle rinnovabili. Per la prima volta in Italia e ancor prima della “première” spagnola, viene esposta una sezione del prototipo di casa ecologica “Med in Italy” in concorso al Solar Decathlon Europe 2012, in scena a Madrid il prossimo settembre, una sorta di Olimpiadi dell'edilizia sostenibile.

È la prima volta che il nostro Paese vi partecipa e il prototipo in concorso, frutto del lavoro delle università di Roma Tre e della Sapienza, è un concentrato delle migliori competenze nel settore. Solar Decathlon è un concorso internazionale organizzato dal Dipartimento di Energia Americano in cui Università provenienti da tutto il mondo si incontrano per progettare, costruire e far funzionare una casa autosufficiente a livello energetico, grazie all’utilizzo di energia solare, e dotata di tutte le tecnologie utili a massimizzarne l’efficienza. Durante la fase finale del concorso, ogni team assembla e mostra al pubblico la propria casa presso il National Mall di Washington, sottoponendosi a dieci prove, da cui deriva il nome dell’evento.

Il 2012, inoltre, è stato proclamato dall'Onu “Anno internazionale dell'energia sostenibile”, un'occasione per stimolare iniziative concrete in questo campo. In Italia da quest'anno entrerà finalmente in vigore la classificazione energetica degli edifici: ogni appartamento o locale in vendita dovrà riportare nell’annuncio la classe energetica di appartenenza, dove A è la classe più efficiente, come per gli elettrodomestici. Ogni edificio che verrà costruito o completamente ristrutturato a partire dal 31 maggio dovrà assicurare una quota energetica con le fonti rinnovabili. È previsto che il 20% del fabbisogno di acqua calda sanitaria, riscaldamento o condizionamento debba provenire da energia verde, pena la mancata concessione dell’autorizzazione ai lavori.

Mentre il fotovoltaico va incontro a una progressiva diminuzione degli incentivi, pur restando sempre conveniente, con il decreto “Cresci Italia” vengono incentivati gli impianti di produzione energetica da biomasse. La finestra durante la quale potranno essere presentate le domande per il finanziamento è però limitata e va dal 18 marzo al 17 aprile 2012.

Come smaltire le biomasse agricole e forestali oppure gli scarti di lavorazione della filiera agroalimentare e zootecnica? Gli impianti a biomasse stanno conoscendo un boom nel nostro Paese se nel 1999 coprivano lo 0,6% della produzione elettrica nazionale, ora siamo arrivati al 2,6%. Sul totale delle fonti rinnovabili, la quota è salita dal 2,9% all'11,1% e ci avviciniamo così alla media europea, dove il contributo di questa fonte al soddisfacimento dei fabbisogni primari di energia è pari al 3 - 4%. Le aree più favorevoli ed economicamente interessanti per lo sviluppo della produzione energetica da biomassa, in Italia, sono le regioni alpine, prealpine e appenniniche, molto ricche di vegetazione e quindi di materia prima.

In aumento in Italia, per via degli incentivi, è anche la dimensione media degli impianti, che da 3,2 MW è passata a 4,8 MW. Questo preoccupa un po' gli ambientalisti e chi abita nelle vicinanze. Le centrali a biomasse sono utili all'ambiente e all'economia se rimangono di piccole dimensioni e se bruciano residui di boschi e di segherie, in un'ottica di filiera corta, per rendere autosufficienti i piccoli paesi. Lo stesso non si può dire per le centrali di grandi dimensioni, che per essere alimentate devono acquistare biomasse fuori provincia, fuori regione e addirittura all'estero.

Gli impianti a biomasse sono presenti in tutte le Regioni italiane: la Lombardia è al primo posto sia per numero di impianti (90) sia per potenza installata (460,5 MW). Seguono Emilia Romagna e Campania: insieme, queste tre Regioni detengono oltre il 50% della potenza installata in Italia. Molti di questi sono grandi impianti, a differenza di quelli alpini e appenninici. Comprare le biomasse in Romania può anche convenire economicamente, ma viene meno la sostenibilità ambientale anche per l’inquinamento che producono i camion per il viaggio. Inoltre il bilancio delle emissioni di CO2 non è in pari, perché si sottrae anidride carbonica in un territorio e la si rilascia nell’aria in un altro distante.

Concentrando invece tutta la filiera in un raggio di 30 chilometri, la CO2 imprigionata nelle biomasse da destinare all’impianto viene rilasciata durante la lavorazione nella stessa area in cui la CO2 è stata accumulata, portando a zero il bilanciamento. Molto spesso, poi, i cittadini protestano per la realizzazione dei grandi impianti perché comportano un continuo traffico di camion, problema che non sussiste per le piccole centrali che sono spesso al servizio delle comunità locali e delle loro necessità. La filiera corta, insomma, è vincente tanto nell'agricoltura, quanto nell'agrienergia. In Abruzzo si sta sperimentando su terreni agricoli marginali, grazie a un accordo tra agricoltori e industriali, un particolare tipo di mais per la produzione di biogas, una miscela ricca di gas metano.

Il biogas viene poi utilizzato per produrre energia elettrica e calore da destinare all’uso quotidiano, a beneficio soprattutto delle comunità locali che si trovano nelle vicinanze degli impianti. “Questa tecnologia, detta a “digestione anaerobica”, si sta affermando proprio di recente fra i sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, con la previsione di un forte boom delle installazioni nel 2012” afferma l’ingegner Alberto Mansueti, amministratore di Biomass Refeel, che realizza impianti a biomasse di piccole dimensioni. “Si tratta di una valida opportunità di integrazione per il mondo agricolo, nel clima di incertezza e difficoltà che il settore sta vivendo negli ultimi anni”.

Nel futuro energetico del nostro Paese, gli italiani vedono anche la geotermica. Un’indagine condotta da Ipr Marketing per conto della Fondazione Univerde, rivela in generale una grande fiducia per questa fonte energetica con il 72% degli intervistati che valuta una maggiore diffusione della geotermia “un’opportunità positiva” per il nostro paese. Molto alta la percentuale (68%) anche di coloro che si dicono favorevoli alla realizzazione di impianti geotermici per la produzione di calore o di energia elettrica nei pressi della propria città (i contrari sono solo il 13% degli intervistati).

Un consenso che sale addirittura al 92% tra i residenti del Centro Italia, per l'adiacenza con la Toscana, dove si concentra gran parte della produzione geotermica in Italia. Incredibilmente, però, gli italiani sanno davvero poco sulla geotermia: solo il 39% dei cittadini italiani sa che l’utilizzo del calore della terra per produrre energia elettrica è “una possibilità attualmente utilizzata anche in Italia”, il 20% pensa che sia utilizzato solo all’estero, mentre il 31% non sa o non risponde. I più informati risultano gli over 54 (47%) e ancora una volta i residenti al Centro (56%), mentre è al Sud che si registra il livello dei non sa più alto (39%). Tra i giovani, poi, è più alta della media la quota che ritiene che la geotermia sia praticata all’estero ma non in Italia.

Ad apprezzare questa fonte energetica, tuttavia, sono proprio i più informati del campione intervistato. Che la geotermia possa essere impiegata per produrre energia per la propria abitazione è una novità per la stragrande maggioranza, anche se questa possibilità riscuote un vasto consenso (67%). L’Italia è il Paese dove l’energia geotermica è stata per la prima volta utilizzata a fini industriali ed è tuttora uno dei principali produttori di questa energia. Si tratta però di impianti che impiegano il calore del sottosuolo per produrre energia elettrica nelle centrali.

Diverso è il discorso della geotermia quale fonte per la regolazione della temperatura degli edifici, una possibilità che si può sfruttare quasi in tutto il Paese. Si impiegano pompe di calore che portano in superficie l'aria imprigionata nel sottosuolo che è più fresca d'estate e più calda d'inverno. Per una villetta unifamiliare di 150 metri quadri, in condizioni geologiche nella media, un impianto geotermico può costare intorno ai 20.000 euro, il doppio di un sistema classico. Il rientro in bolletta dell'investimento iniziale avviene in un arco di anni che dipende ovviamente dal tipo di impianto, ma comunque non si va oltre gli 8 anni.

L’energia idroelettrica è la fonte rinnovabile più importante in Italia: costituisce oltre il 16% della produzione elettrica attuale e riveste un ruolo strategico per il raggiungimento di quel 20% di energia rinnovabile richiesto dall'Europa. Produrre energia idroelettrica in modo più sostenibile, rispettando i fiumi e l’ambiente è possibile grazie all’ecocertificazione europea dell’idroelettrico che è stata lanciata dall'Unione Europea con il progetto CH2OICE, che vuole contribuire ad armonizzare gli obiettivi delle due direttive europee sull'acqua e le rinnovabili.

“Molti impianti hanno però un notevole impatto sugli ecosistemi fluviali”, afferma Andrea Goltara, direttore del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, partner del progetto. “Infatti, alterano la portata naturale dei fiumi, interrompono la loro continuità ecologica, possono provocare pesanti perdite di habitat e specie e sono spesso origine di conflittualità territoriali, rendendo difficile il rispetto della Direttiva europea quadro sulle acque, che prevede il raggiungimento del “buono” stato ecologico dei corpi idrici europei entro il 2015”.

La metodologia è il frutto di tre anni di lavoro congiunto di associazioni ambientaliste, associazioni di produttori ed esperti di ecologia dei fiumi ed è stata testata su 4 impianti tra Trentino Alto-Adige e Veneto e 4 in Slovenia. “L’esperienza di CH2OICE dimostra che è possibile produrre energia da fonti rinnovabili tenendo in considerazione gli obiettivi di qualità ambientale”, spiega Sergio Savoia, direttore del Programma Alpi Europeo del Wwf.

“Il lavoro svolto per questo marchio potrebbe favorire il ridisegno a livello comunitario delle politiche di incentivazione per le energie rinnovabili, indirizzandole verso pratiche meno dannose per l’ambiente e più sostenibili. Non solo, CH2OICE è anche l’opportunità per promuovere la sensibilizzazione di produttori e istituzioni per favorire l’integrazione delle politiche ambientali, garantendo così uno sviluppo sostenibile del territorio”.

Quattro dighe di 600-700 gigawattora rischiano di distruggere per sempre una splendida area protetta in Montenegro. L’allarme per scongiurare la perdita della zona umida della Moraca e del lago di Scutari, in Montenegro - area inserita nel patrimonio mondiale dell’Unesco, e tutelata dalla Convenzione internazionale di Ramsar - lo ha lanciato il Wwf Mediterraneo, che si fa portavoce della rabbia dei 600 mila abitanti del piccolo stato balcanico che perderebbero un paradiso naturale per produrre energia destinata all'Italia.

Il progetto, infatti, è di un’azienda italiana, A2A, che dovrebbe esportare energia in Italia attraverso un elettrodotto sottomarino in Adriatico, per la cui realizzazione esiste già un accordo tra i due governi. L’Italia con 4,5 miliardi di euro è il primo investitore estero in Montenegro. Il Wwf ricorda che la compagnia norvegese Statkraft, leader mondiale delle rinnovabili, ha rinunciato a lavorare in Montenegro perché applica procedure molto stringenti per lo sviluppo dell'idroelettrico in tutto il mondo.

Secondo l'azienda norvegese, reduce dalla realizzazione di impianti in Albania, in Montenegro il quadro è incerto e non vi è garanzia che il progetto sia fondato su principi solidi di sostenibilità ambientale e inteso a minimizzare l'impatto sociale. Il Lago Scutari, di cui il fiume Moraca è il principale affluente, è il principale dei Balcani, al centro di una zona umida, di importanza mondiale per lo svernamento degli uccelli, dove si trovano circa 1900 specie vegetali e più di 400 specie animali tra mammiferi, pesci, uccelli, rettili e anfibi, molte delle quali endemiche.

Ma le conseguenze della realizzazione delle dighe sarebbero anche per il clima, il turismo, l'agricoltura e la pesca: a rischio di sparizione specie ittiche molto rare e all’orizzonte una riduzione dei proventi dal settore della pesca del 30%, con una perdita di reddito pari a 1,5 miliardi di euro l’anno. La A2A si è impegnata, in seguito alle critiche ricevute, a proporre un progetto alternativo meno impattante. Si tratta di una bella sfida per questa società nata nel 2008 dall'unione di Aem Milano, Asm Brescia e Amsa con l'apporto di Ecodeco ed oggi al primo posto tra le ex municipalizzate italiane per clienti e fatturato. Staremo a vedere.

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