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domenica 06 ottobre 2024
 
dipendenza
 

«Era perso nel videogioco, è caduta la nonna e lui non s’è accorto di nulla»

02/07/2020  Quando videogioca, cuffie nelle orecchie e non vorrebbe mai smettere. Sua nonna è caduta e si è rotta una gamba... solo due ore dopo, quando sono tornata a casa, ho potuto intervenire io. Gli ho tolto tutto per un mese e lui non mi parla più» Risponde Alberto Pellai

Succede sempre più spesso che quando mio figlio dodicenne videogioca si infili le cuffie e poi non vorrebbe mai smettere. Tre giorni fa sua nonna, che vive in casa con noi, è caduta in una stanza attigua e si è rotta una gamba. Non riusciva ad alzarsi e chiamava aiuto. Il ragazzo, però, era così immerso nel videogioco e isolato dalle sue cuffie che non l’ha sentita. Solo due ore dopo, quando sono tornata a casa, ho potuto intervenire. E lui stava ancora giocando. Mi sono così arrabbiata che gli ho tolto tutto per il mese successivo. Ma lui da allora è così arrabbiato con me che non mi dice più una parola.

LISA

La maggior parte dei giovanissimi che videogioca lo fa indossando una cuffia dove, a tutto volume, ascolta i rumori amplificati del gioco. Una cuffia per videogiochi viene progettata in modo tale da far “ascoltare” all’orecchio del giocatore suoni differenti da quelli che sentirebbe nella vita reale, come effetti speciali, voci, rumori. Un ragazzo che videogioca con una cuffia in testa entra in una sorta di bolla che lo isola dal mondo esterno e lo immerge in un universo sonoro e visivo che ha altri suoni e altre frequenze. Se qualcuno si sente male a pochi metri da chi sta giocando, questi probabilmente non se ne accorgerebbe, proprio come è successo a casa vostra. Al tempo stesso, il soggetto che videogioca quasi sempre si attiva emotivamente, alza la voce fino a urlare. E ripetutamente, così riferiscono molti genitori, dice parolacce e bestemmie, senza interruzione, senza filtro, senza confine. In concreto, i nostri figli che si immergono nei loro videogiochi ogni pomeriggio si allenano a sregolare le loro emozioni, in particolare la rabbia, che compare sulla scena con tutta la sua forza “tsunamica”. Provate a immaginare cosa il loro cervello apprende quando ogni giorno, per anni, “metabolizza” questo genere di esperienza. Poi domandatevi perché è in crescita il numero di adolescenti che non si sanno contenere, che urlano immediatamente appena vengono ripresi, che a volte addirittura si buttano nello scontro fisico contro qualcuno che li espone a una frustrazione. Penso, perciò, che hai fatto bene a far sentire a tuo figlio che deve cambiare qualcosa nel suo stile di videogiocatore e penso che quello che gli hai inflitto è uno di quei “no” giusti e che aiutano a crescere. Qual è per voi il tempo limite di una sessione giornaliera di videogaming di un bambino e di un preadolescente? Chi lo deve stabilire? Come si fa a farlo rispettare? Il dibattito è aperto, ma vi consiglio di non dare risposte senza prima aver approfondito la questione e aver raccolto informazioni utili in questo senso. Un ottimo libro che mette in guardia anche rispetto al rischio dipendenza da videogiochi è Mio figlio non riesce a stare senza smartphone di Giuseppe Lavenia (Giunti Edu ed.).

Scopri il libro consigliato da Alberto Pellai

  

Mio figlio non riesce a stare senza smartphone

Gli strumenti tecnologici sono entrati nelle nostre vite e sono preziosi: ci agevolano lo svolgimento delle routine, ma devono essere al nostro servizio e non il contrario. È fondamentale fermarci per capire quanto sia importante disintossicarci dalla tecnologia, che non significa eliminarla ma imparare a gestirla.

 
 
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