L’immagine di Silvia Romano sorridente a bordo di un auto subito dopo essere stata liberata sabato 9 maggio non lascia dubbi. Silvia indossa un giubbotto antiproiettile con i simboli dei servizi segreti turchi. L’immagine è stata diffusa dall’agenzia di stampa turca Anadolu, quindi ha tutti i crismi dell’ufficialità. La collaborazione della Turchia è stata fondamentale nelle trattative condotte dai servizi segreti italiani per arrivare alla liberazione di Silvia Romano.
Il ruolo della Turchia nel Corno d’Africa non deve sorprendere. Da tempo il governo del presidente Erdogan ha stretto legami con la Somalia, ma la presenza della Turchia si sta diffondendo il tutto il continente africano. La Turchia cerca in Africa accordi politici, economici e militari. E il soft power turco nella regione si manifesta anche con gesti umanitari. Sabato 9 maggio sono state diffuse sulla stampa le immagini delle distribuzione di viveri da parte della Turchia alle famiglie povere di Nairobi, in Kenya.
Al potere dal 2003, prima come primo ministro poi come presidente, Erdogan ha già compiuto in Africa oltre 30 visite di stato. All’inizio del 2018, al ritorno da un visita in Algeria, Mauritania, Senegal e Mali, Erdogan scrisse su Twitter: “Vogliamo camminare con l’Africa”. Fra il 2003 e il 2017 il valore degli scambi commerciali fra la Turchia e i paesi africani è sestuplicato (raggiungendo la cifra di 17,5 miliardi di dollari). Nel frattempo Ankara ha esteso la sua rete diplomatica nel continente (sono operative 40 ambasciate) e la compagnia aerea di bandiera Turkish Airways raggiunge altre 50 aeroporti africani.
I rapporti con la Somalia sono intensi dal 2011. In quell’anno Erdogan visitò Mogadiscio in un momento in cui la Somalia era in ginocchio per la carestia, la siccità e il terrorismo. “In quel periodo tutti scansavano la Somalia, invece Erdogan venne e ci aiutò. Da allora la Turchia è rimasta nel cuore dei somali”, ha confidato nel 2018 Abdulkadir Ahmed-Kheir Abdi, ministro degli esteri della Somalia.
Il rapporto cominciato con l’invio di aiuti umanitari si è consolidato nel corso del tempo con l’apertura delle relazioni commerciali e il via libera a collegamenti aerei fra la Turchia e Mogadiscio. Nel 2016 fu lo stesso Erdogan a tagliare il nastro per l’inaugurazione della nuova ambasciata tua a Mogadsicio. Oggi è affidata a compagnie turche la gestione del porto e dell’aeroporto di Mogadiscio. Inoltre il governo somalo ha dato alla Turchia il via libera per esplorare le risorse petrolifere sui fondali delle sue acque territoriali. La Turchia inoltre ha realizzato dei centri di addestramento per le forze armate somale.
Con questa presenza nel Corno d’Africa la Turchia intende anche contrastare l’influenza, sempre più estesa nella regione, delle monarchie del Golfo. Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi da tempo hanno aumentato la loro presenza nell’area compresa fra Etiopia, Somalia, l’Eritrea e Gibuti. Si tratta di un’area strategica per le rotte del petrolio e per tenere sotto controllo la situazione in Yemen, dove dal 2015 si combatte una guerra che sta logorando parecchio sauditi ed emiratini. Non è un caso che lo storico accordo di pace fra Etiopia ed Eritrea del 2018 sia stato firmato in Arabia Saudita, a Jeddah. I paesi del Golfo hanno tutto l’interesse ad avere un Corno d’Africa stabile e pacificato. Così come la Turchia, che non vuole lasciare il gioco solo in mano agli sceicchi.