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lunedì 16 settembre 2024
 
 

Il Nobel per la pace difende il Papa

16/03/2013  Adolfo Pérez Esquivel esclude che Jorge Mario Bergoglio fosse colluso con la dittatura. "Scelse la strada della diplomazia silenziosa".

«Jorge Mario Bergoglio non fu complice della dittatura».  Lo ha affermato con decisione Adolfo Pérez Esquivel, pacifista e attivista per i diritti umani argentino, Nobel per la pace nel 1980, in un'intervista a Famiglia Cristiana alla vigilia della manifestazione organizzata dall'associazione Libera a Firenze oggi 16 marzo per la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

Cosa pensa delle accuse mosse alla Chiesa latinoamericana di essere stata silente di fronte alle dittature?
«La Chiesa, prima di tutto, è il popolo di Dio. Quando si parla del compromesso con la dittatura si parla della Chiesa come istituzione, delle cupule, che non sono omogenee: noi argentini oppositori del regime dittatoriale abbiamo avuto al nostro fianco dei vescovi che lottarono con noi, che furono molto coerenti nella loro testimonianza. Tantissimi sacerdoti e religiose furono sempre al fianco del popolo e morirono per il popolo. Ma ci sono stati purtroppo anche vescovi complici con la dittatura: circa un anno fa uno di loro è stato condannato all’ergastolo. Altri sono già morti: vescovi che perfino giustificavano la tortura. E poi, ci furono gli uomini di Chiesa più timidi, che non si esposero pubblicamente, che preferirono quella che io chiamo la diplomazia silenziosa. Adesso, da più parti hanno cominciato ad accusare papa Francesco di collusione con la dittatura. Io penso che lui fu uno di quegli uomini di Chiesa che scelsero di operare attraverso la diplomazia silenziosa. Del resto, va ricordato che allora lui non era vescovo, era superiore provinciale dei gesuiti e come tale non poteva esercitare un’influenza sulla giunta militare».

Lei ha conosciuto personalmente papa Bergoglio?
«Sì, ci siamo incontrati due o tre volte. Aveva la fama di uomo austero. A me è sempre sembrato una persona di grande dialogo. All’interno della Chiesa ci sono due gruppi: il primo, quello dei funzionari, quelli che cercano la carriera istituzionale, il secondo, quello dei pastori e profeti della Chiesa. Per me Bergoglio è un pastore, un uomo che visitava le parrocchie, parlava con i sacerdoti, la gente, i poveri. Questi aspetti di vita quotidiana spesso si tracurano perché si corre dietro alla spettacolarità. Posso citare altri pastori, il mio grande amico dom Herlder Câmara, arcivescovo brasiliano e uno dei fondatori della Teologia della liberazione, il cardinale brasiliano Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo, monsignor Leonidas Proaño, vescovo degli indios dell’Ecuador. Eravamo tutti insieme a Riobamba, in Ecuador, nel 1976, quando fummo arrestati dalle autorità. Fu un grande scandalo: un gruppo che comprendeva 17 vescovi latinoamericani e quattro nordamericani. Ci arrestarono perché eravamo considerati sovversivi. Monsignor Proaño disse che lo eravamo, perchè il Vangelo stesso è sovversivo nella sua forza di cambiamento».

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