Rocco Papaleo mi accoglie
all’ingresso del Teatro Ambra
Jovinelli, a Roma. Al secondo
piano, tra camerini, attrezzature
di scena e locandine che
testimoniano il passaggio
di mostri sacri del teatro, l’attore mi
racconta di Onda su onda, il suo terzo
film come regista, di cui è anche interprete,
una storia di amicizia poetica
e piacevole, profonda e leggera al
tempo stesso.
«Vesto i panni di Gegè Cristofori,
un cantante insoddisfatto che deve
il suo unico successo a un brano cantato
negli anni ’80 prestando la voce
a un modello, obbligato dalla casa
discografica a obbedire alla dittatura
dell’immagine che regnava in quel
periodo», esordisce Papaleo. «Gegè si imbarca su una nave mercantile diretta
a Montevideo, dove lo aspetta un
concerto, occasione imperdibile per il
suo rilancio».
Sulla nave Gegè incontra Ruggero
Chiaromonte (Alessandro Gassmann),
cuoco di bordo solitario e idealista.
Tra i due è odio a prima vista, ma un
contrattempo porterà Ruggero ad assumere
l’identità di Gegè poco prima
dell’entrata in scena di Gilda Mandarino
(Luz Cipriota), bellissima e giovane
donna che nasconde un segreto.
Come è nata l’idea di questo film?
«Nei soggetti che propongo come
autore, sia al cinema sia a teatro, lo
spunto è sempre la musica. In questo
caso sono partito da un gruppo di musicisti
che suonano sul mare, poi mi
sono rivolto all’archetipo dei personaggi
in contrapposizione che trovano
un punto d’incontro e finiscono per
fare l’uno il bene dell’altro. Gegè Cristofori
è un cantante che non ce l’ha
fatta, uno che ha trascorso gli ultimi
trent’anni alimentando la speranza
di essere dotato musicalmente. Mi è
piaciuta l’idea di confrontarlo con un
personaggio molto diverso da lui, un
uomo aitante che ha negato le sue potenzialità
sottraendosi alla vita e chiudendosi
su una nave».
Gegè e Ruggero sono due personaggi
agli antipodi che all’inizio non
si sopportano e poi diventano amici.
Nella realtà sarebbe successo?
«Il segreto è ascoltare. Ho sempre
avuto facilità nei rapporti interpersonali
proprio perché mi piace ascoltare
le persone. È ovvio che mi deve
anche interessare quello che dicono
però, almeno in una prima fase, ho
una certa tolleranza. Saper ascoltare
è una qualità che agevola il contatto
con le persone perché tutti hanno bisogno
di qualcuno che li ascolti, e io
lo faccio. Finora i miei rapporti non
sono stati mai molto difficili proprio
per questa mia peculiarità ma se, durante
un dialogo, noto che si fatica a
trovare un accordo, non faccio mai
muro contro muro. Fondamentalmente
sono per la pace, oppure per
un civile distacco».
Onda su onda è una dichiarazione
d’amore all’Uruguay. Come hai scoperto
questo Paese?
«Sono una persona curiosa e mi
piacciono le cose nascoste. Sarà perché
vengo dalla Basilicata, una regione di
cui si sente poco parlare, sono cresciuto
con una particolare simpatia per le
seconde file. Questo luogo, stretto tra
due colossi come Brasile e Argentina,
mi ricordava la mia piccola regione
che, anch’essa stretta tra due regioni
più importanti, ha sviluppato un carattere
unico e inconfondibile. Il discorso
rivoluzionario e controcorrente
del presidente dell’Uruguay Pepe
Mujica alle Nazioni Unite mi ha spinto
a conoscere meglio questo Paese e chi
lo governa».
E cosa hai trovato?
«Ho scoperto un uomo che è arrivato
al potere democraticamente
e vive del suo stipendio in una casa
modesta. Un esempio virtuoso e affascinante
che mi ha spinto a visitare
l’Uruguay, un Paese dignitoso, discreto
e molto elegante in cui c’è un’intersecazione
di stili e la modernità convive
con il passato».
A proposito di case, è vero che vivi
in 20 metri quadrati?
«Era un ex lavatoio molto bohémien
dove ho vissuto, in una situazione
anche molto romantica, con la mia
fidanzata. Ma era uno spazio davvero
troppo piccolo per due, così ci si è piazzato
mio figlio e noi siamo scivolati al
secondo piano».
Che padre sei?
«Sono un padre molto morbido.
A volte penso che dovrei dare più rigore
a mio figlio, ma credo che dalla
mia morbidezza lui tragga anche dei
vantaggi, uno dei quali è l’indipendenza.
Per il resto, posso dire che dalla
relazione con mio figlio scaturisce un
super sentimento che non riesco a paragonare
a nient’altro».
C’è un sogno che vorresti veder
realizzato?
«Mi ritengo già adesso una persona
fortunata. Faccio un lavoro che non
mi sarei mai sognato di fare e mi sentirei
un po’ bulimico a desiderare altro.
Se c’è un desiderio che vorrei veder
realizzato è l’armonia familiare, poi
vorrei che tutti fossero più felici e lo
dico anche egoisticamente. Perché se
tutti fossero più felici, allora sarei più
felice anch’io. E sono d’accordo con il
presidente uruguaiano quando sostiene
che la felicità di un popolo passa
attraverso le buone relazioni, secondo
lui sono più importanti della produttività
economica stessa».