Egregio direttore, da appassionati lettori della rivista, io e il mio fidanzato ci sentiamo in dovere di esprimere tutta la nostra delusione per la sua risposta, a nostro avviso incomprensibilmente dura, nei confronti della lettrice Matilde G., che esprimeva con un certo trasporto, dovuto probabilmente alla sofferenza, la sua condizione di persona single. Accusarla di invidia verso le famiglie e le coppie, secondo noi, può produrre solamente un ulteriore distacco dalla “grande famiglia cattolica”, dalla quale già si sente poco compresa.
Effettivamente, anche a nostro avviso, all’interno della Chiesa andrebbe data maggiore attenzione alle persone che, per le più svariate cause, non hanno ancora trovato una persona con la quale condividere la propria vita e i propri valori. Anche i sacerdoti potrebbero favorire le occasioni di incontro e promuovere momenti in cui queste persone possano confrontarsi, conoscersi e trovare un proprio ruolo all’interno della Chiesa, senza sentirsi diversi o esclusi.
CLAUDIA G. - FABIO R.
Gentile don Rizzolo, leggendo La lettera della settimana dell’ultimo numero di Famiglia Cristiana (n. 44) ho sentito il desiderio di scriverle per ringraziare degli spunti di riflessione scaturiti dalla lettera di Matilde e dalla sua risposta. Li metto assieme a un capitolo del libro Riuscire di Michel Quoist: «Sposato o no, solo l’egoista fallisce la sua vita». Preghiamo perché il nostro egoismo non prevalga.
ELENA O. (SINGLE)
I single, una categoria che ai pastori non interessa. Punto. Senza punto di domanda. Nella sua risposta alla lettera di Matilde, che sottoscrivo in pieno, trovo assurda l’idea «dell’invidia immotivata nei confronti della famiglia, delle coppie, dei fidanzati». Purtroppo ha dimostrato anche lei che il pensiero della Chiesa è che i single sono persone (forse) a metà, incompleti, per giunta invidiosi. Ma non inutili, no. Anzi. Sono senza famiglia, hanno tempo da dedicare. Mi chiedo cos’abbia capito di noi. Eppure non è difficile. Noi non abbiamo una persona a cui affidare la nostra vita, tutta. Noi non rientriamo la sera dalla nostra famiglia. Se siamo fortunati abbiamo qualche pezzo di quella d’origine e molto spesso questi pezzi sono i genitori anziani con i loro problemi. Il tempo. Ma chi ve l’ha detto che noi single abbiamo più tempo di chi vive in coppia? Le assicuro che è una leggenda, meglio, un alibi di qualche parente.
Lei dice che tutti siamo nati per la santità, che può essere di tutti, dipende da come si vive la propria vita. Vero. Ma chi è in coppia ha un aiuto in più da voi religiosi. Per loro si prega, li si ascolta, si fanno incontri. Perché per noi no? Perché siamo eterogenei dice lei. Giusto. Ma le coppie e le famiglie sono tutte uguali? C’è chi è sposato senza figli perché non li può avere. C’è chi è in coppia senza essere sposati ma con figli. C’è chi è in coppia senza essere sposati ma con figli avuti da precedenti matrimoni o convivenze. E poi ci sono le famiglie formate da coniugi regolarmente sposati con figli.
Per noi non è necessario un nuovo settore pastorale. Siamo noi che ci dobbiamo adeguare. Riporto testuali le parole del padre che ha guidato per tre anni la parrocchia dove sono nata e che frequento: «Nella religione cristiana o si ha lo scopo del matrimonio e si vive la santità in esso o si vive con il Signore prendendo i voti. Chi è da solo non dà senso cristiano alla sua vita». Ho smesso di seguire quel padre. Non ho smesso di andare a Messa e mi sento cristiana nonostante la delusione di quella predica. E della sua risposta alla lettera di Matilde.
SILVIA L.
In risposta a Matilde. Sono anch’io come te una single, non so se sia stata una scelta o perché non ho trovato l’uomo giusto. Per quanto mi riguarda non è vero che la Chiesa non ci considera, anzi. Il mio tempo libero l’ho messo a disposizione della mia parrocchia e, credimi, di lavoro ce n’è tanto. Ognuno di noi ha un suo carisma e deve farlo fruttare, al mio parroco dico sempre: «Tu che vedi in me quello che posso fare per gli altri, aiutami per dare una mano dove c’è bisogno». Mettiti a disposizione e parlane con il tuo parroco, vedrai che non sarai e non ti sentirai più una single ai margini.
GIOVANNA
Stimatissimo don Antonio, le scrivo per rispondere alla lettera di Matilde G. sui single. Non è affatto vero che la Chiesa non si stia occupando dei single… Qui in provincia di Cuneo è iniziato il ciclo di catechesi rivolte a loro. Sono previsti otto incontri, da ottobre 2018 a maggio 2019, tenuti da sacerdoti e psicoterapeuti. Io ho appena partecipato al primo, incentrato sulla tematica “Come vivo le relazioni?”, gestito da don Gianluca Zurra. Abbiamo cenato insieme ed è stata un’occasione di socializzazione. Poi è iniziata la catechesi, che ha affrontato il tema della difficoltà di costruire relazioni sane e di successo. Era stato richiesto a ognuno di noi partecipanti di postare su un padlet (una bacheca online) poesie, canzoni o filmati che ben rappresentassero la nostra condizione di single. Don Zurra ha letto e commentato una parte dei post, arricchendo il tutto con le sue riflessioni. La serata è terminata con una sessione di preghiera. Abbiamo quindi avuto l’opportunità di trascorrere una serata piacevole, di conoscere nuove persone e di arricchirci spiritualmente.
FABIO
Grazie a tutti quelli che mi hanno scritto dopo la lettera di Matilde sulla Chiesa e i single. Sono lettere che offrono diversi spunti di riflessione. Ne aggiungo qualcun altro anch’io. Intanto posso precisare meglio il mio pensiero: non avevo alcuna intenzione accusatoria. Invitavo solo Matilde a guardarsi dentro e a chiedersi il perché dei suoi toni «un po’ accesi». Non a caso la mia frase era sfumata dall’espressione «una sorta», riferita all’invidia. Come a dire che non era invidia in senso vero e forte. Il mio intento principale, comunque, era di porre il problema alla riflessione dei lettori e anche dei pastori, affinché la Chiesa si occupi dei single, pur ritenendo che ciò che conta per tutti è il cammino di santità iniziato con il Battesimo. Mi fa piacere sapere, come ci informa Fabio, che in qualche diocesi si è già pensato di dedicare delle specifiche catechesi anche ai single. Magari altri potranno seguire questo esempio.
Non condivido, poi, il pensiero di quel padre per cui le uniche vocazioni cristiane sono quelle al matrimonio o alla vita consacrata. Oltre alla vocazione alla vita e alla santità, anche quella di essere single può essere una strada che il Signore ha previsto per qualcuno, nella quale si può realizzare la propria esistenza.
Nella lettera si faceva anche riferimento al recente Sinodo dei vescovi. Ebbene, il tema dei single è rimasto anche nel documento finale, segno di un’attenzione reale. Ecco il testo completo del n. 90, che in qualche modo riassume quanto abbiamo scritto: «Il Sinodo ha riflettuto sulla condizione delle persone che vivono da “single”, riconoscendo che con questo termine si possono indicare situazioni di vita molto diverse tra loro. Tale situazione può dipendere da molte ragioni, volontarie o involontarie, e da fattori culturali, religiosi, sociali. Essa può dunque esprimere una gamma di percorsi molto ampia. La Chiesa riconosce che tale condizione, assunta in una logica di fede e di dono, può divenire una delle molte strade attraverso cui si attua la grazia del Battesimo e si cammina verso quella santità a cui tutti siamo chiamati».