«Santità, non potrebbe istituire una Giornata mondiale dei poveri?». Era l’11 novembre e nell’aula Paolo VI Étienne Villemain stava presentando al Papa quei suoi amici un po’ speciali, in uno degli ultimi appuntamenti pubblici dell’Anno santo della misericordia. Quattromila senza fissa dimora, giunti a Roma da 22 Paesi per Fratello 2016, il Giubileo delle persone socialmente escluse. Con la sua associazione Lazare, Étienne era stato il motore di una rete che – almeno per quel pellegrinaggio accompagnato dal cardinale arcivescovo di Lione Philippe Barbarin – aveva portato i poveri nel cuore della Chiesa universale.
Quell’incontro era stato segnato dalle testimonianze di Christian e Robert, due senza fissa dimora provenienti dalla Francia e dalla Polonia, e dalla preghiera di papa Francesco vissuta anche fisicamente a contatto con i poveri. Un’immagine che aveva fatto in fretta il giro del mondo. Così, due giorni dopo, Villemain, salutando il Papa prima dell’inizio della Messa conclusiva di quel Giubileo in San Pietro, era tornato a ripeterglielo: «Non potrebbe istituire una Giornata mondiale dei poveri, come la Gmg?». Francesco gli aveva sorriso; poi – nell’omelia – aveva aggiunto a braccio: «Oggi è la Giornata mondiale dei poveri». Tempo qualche giorno e, nella lettera apostolica Misericordia et misera diffusa a conclusione del Giubileo, quell’intuizione era già diventata realtà con l’annuncio che d’ora in poi ogni anno, nella 33ª domenica del Tempo ordinario, l’ultima prima della festa di Cristo Re, la Chiesa celebrerà la Giornata mondiale dei poveri. Un appuntamento che ora il Papa ha voluto invitare anche a preparare per tempo attraverso un suo messaggio (vedi a pagina 23), diffuso in vista della prima celebrazione, in programma il 19 novembre 2017.
Una Giornata da vivere non solo a Roma. «La proposta è che in ogni parrocchia vi siano momenti di incontro con i poveri», spiega Étienne Villemain . «Certamente poi ci saranno anche alcuni che vivranno la giornata con il Papa a Roma; ma la cosa importante è che quest’appuntamento coinvolga le Chiese locali. Che diventi per tutti un’occasione per stare con i poveri e pregare insieme a loro».
CHIAMATO ACCANTO AI POVERI
Del resto è proprio questa l’esperienza personale di Villemain e dell’associazione Lazare. Tutto è cominciato verso la fine del 2005, quando Étienne era ancora un giovane giornalista che lavorava al settimanale cattolico Famille chrétienne. Alle spalle, la vita quotidiana della generazione della Gmg di Parigi 1997, quella che per molti versi ha segnato l’inizio di un risveglio per il cattolicesimo francese, con l’intuizione della bellezza della vita secondo il Vangelo, ma anche tutta la fatica di intraprendere strade nuove.
L’ultima notte di quell’anno Villemain la trascorre partecipando a un ritiro spirituale della Comunità delle Beatitudini. A tutti i partecipanti viene proposto un gesto semplice ma radicale: provare a lasciarsi guidare nel nuovo anno dalla figura di un santo, pescato a caso tra i bigliettini di una cesta. Fu quella notte che Étienne si ritrovò in mano il nome di madre Teresa di Calcutta.
Lo prese come un segno concreto: trascorse alcune notti per strada, insieme ai senza fissa dimora; voleva conoscere davvero la loro vita. «In quelle notti all’addiaccio ho capito perché queste persone possono diventare aggressive», ha raccontato. «Sulla strada non riesci a dormire, ti senti costantemente minacciato». Nacque così l’intuizione: perché non aprire almeno a qualcuno di loro le porte di casa mia? L’associazione Lazare è nata così, con la scelta di due giovani – Étienne Villemain e l’amico Martin Choutet – di accogliere tre di queste persone nel proprio appartamento. Vivere con i poveri non in una struttura, ma nella propria quotidianità.
CASE DI CONDIVISIONE
All’inizio non è stato facile: «È stata una scuola di pazienza e purificazione», ricorda Étienne. Ma a poco a poco questi appartamenti in cui giovani e senza fissa dimora vivono insieme sono diventati diciotto a Parigi; ed esperienze collegate sono partite anche in altre sette città della Francia, oltre che in Belgio e in Spagna. Villemain stesso, oggi quarantenne, vive ora a Vaumoise, nella regione agricola dell’Oise; la casa dove abita con sua moglie e due figli piccoli è legata a due appartamenti in cui vivono otto persone che hanno lasciato la strada per accogliere la porta aperta da Lazare. Complessivamente sono circa 300 i senza fissa dimora e i laici che oggi formano insieme queste piccole comunità, pensate a partire da uno stile di fraternità. «Perché se vogliamo dare davvero a queste persone la possibilità di reinserirsi», spiega Étienne, «dobbiamo offrire loro un ambiente favorevole. Un posto di cui possano prendersi cura e dove tutti capiamo che anche loro hanno qualcosa da donare agli altri».
Che tutto questo abbia colpito profondamente un Papa come Francesco, che spesso mette in guardia dalla «cultura dello scarto», non sorprende di certo. E proprio mettersi davvero in ascolto dei poveri non solo come un problema da affrontare, ma come un Vangelo da accogliere, è la sfida più importante di questa nuova Giornata mondiale proposta dalla Chiesa.
«Se penso alle Gmg che ho vissuto, ho in mente soprattutto la bellezza degli incontri con gli altri giovani», commenta Villemain. «Ecco, mi piacerebbe che anche la Giornata mondiale dei poveri avesse questo stile. Nelle nostre comunità i poveri solitamente li incontriamo sulla porta della chiesa. Ma il loro posto è piuttosto nel cuore della Chiesa. Ce lo ha detto Gesù stesso: ciò che fate a uno di loro, l’avete fatto a me. Celebrare la Giornata mondiale dei poveri dovrà essere soprattutto questo. Capendo che non possiamo più essere cristiani solo per tradizione; seguire Gesù significa far entrare davvero i poveri nella nostra vita».