Ieri e oggi, ma anche domani, a Dio
piacendo. Ettore Bernabei è così. a
92 anni, l’ex direttore generale della Rai dal 1961 al 1974, fondatore e presidente
onorario della Lux Vide, società
produttrice di fiction per le televisioni,
racconta sé stesso e gli anni della Rai, oltre a svolazzare con precisione su
impegni in scadenza e su quelli futuri.
«Come sto? In grazia di Dio, direi. Tutto
quello che ho potuto fare è merito dei
miei maestri, a cominciare dal mio parroco, Raffaele Benzi, che battezzò don Milani,
per intenderci».
- Era un’altra italia...
«Da ragazzo abitavo a 200 metri dalla
parrocchia di don Benzi. Ci andavo ogni
giorno; lì si ritrovavano molti studenti e
professori. Conobbi personaggi come La Pira, Momigliano, Lamanna. Mi laureai nel
1944, a Firenze liberata. Poi, lavorai per
due anni come giornalista alla Nazione del
popolo, giornale di tutti i partiti del Comitato
di liberazione nazionale. era questo che
contava, costruire il futuro. Si andava tutti
d’accordo, pur non avendo le stesse idee».
- Detto da lei che è passato alla storia
come gran censore, suona strano, no?
«Io un censore? No, volevo solo vedere
le cose prima che andassero in onda. Mi sembra un diritto e un dovere, no?».
- A cosa è rimasto più affezionato di
quella televisione?
«Agli sceneggiati: ricordo La pisana, Il
mulino del Po, I promessi sposi. Con gli sceneggiati
abbiamo costruito una Tv popolare. Quando arrivai, gli abbonati erano
sei milioni. Abbiamo contribuito, nel nostro
piccolo, a una crescita del Paese. Le
regole erano poche e semplici: programmi
facili e comprensibili, capaci di offrire
modelli di comportamento. in italia la
tv è stata di buon livello, ma è stata aggredita
e corrotta dalla tv commerciale».
- E oggi?
«La tv ha per i prossimi 15-20 anni una funzione vitale, quella dell’intrattenimento sceneggiato. Mi spiego: su una popolazione di 60 milioni circa, 4-5 milioni non sono nati in italia. ma non tutti sono, come sbagliamo a credere, ignoranti. molti hanno studiato, almeno fino alle scuole medie. Lo sceneggiato è un modo di fare informazione più facile di altri, porge modelli che vengono accolti positivamente dagli spettatori, anche perché c’è una certa saturazione del pubblico nei riguardi di certe trasmissioni che mostrano solo cose negative. Vede, don Matteo e le altre produzioni Lux non saranno dei capolavori paragonabili al grande cinema del secolo scorso, ma sono graditi dal pubblico che non ne può più di violenza, erotismo, trasgressione a tutti i costi, e quindi s’accosta con lo spirito giusto a questi sceneggiati».
- Come vede il futuro della Rai?
«Oggi, per la prima volta dopo tanto tempo, penso che la rai possa riprendere a fare servizio pubblico proprio per tornare a difendere i legittimi interessi degli italiani. E questo in Europa lo possono fare solo le Tv di servizio pubblico».