Non c'è crisi che tenga. Le industrie della difesa continuano a produrre e a vendere armi. Sempre di più. Così almeno in Europa. Lo attesta la quattordicesima relazione annuale circa il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 14 dicembre scorso. Il corposo documento, lungo ben 431 pagine, che non ha fatto clamore: non è stato segnalato dalle fonti ufficiali di Bruxelles, non è stato ripreso dai principali mezzi di comunicazione del Vecchio Continente. Il merito di averlo fatto conoscere in Italia è di Giorgio Beretta, ricercatore della rete Disarmo, che ha firmato un dettagliato articolo su unimondo.org.
«Riprendono gli affari per l’industria armiera europea», scrive Beretta: «dopo il calo del 2010, sono aumentati del 18,3%gli ordinativi ai paesi dell’Unione europea per esportazioni di sistemi militari che nel 2011 (ultimo dato disponibile) hanno superato i 37,5 miliardi di euro (erano 31,7 miliardi nel 2010) . Crescono soprattutto le autorizzazioni verso le zone di maggior tensione del pianeta (Medio Oriente e Asia), diminuiscono verso gli Usa. Aumentano anche le consegne effettive di materiali militari: ma su queste il rapporto dell’Ue non presenta i dati perché diversi Paesi non li hanno resi noti».
In una piccola postilla a pagina 8 si legge infatti che «Belgio, Danimarca, Germania, Polonia, Grecia, Irlanda e Regno Unito» non hanno fatto avere le cifre relative ai loro affari. La lettura completa del rapporto offre qualche novità. «Oltre ai trasferimenti di armamenti tra i Paesi dell’Ue (14,5 miliardi di euro) che comprendono anche le coproduzioni intergovernative», osserva Giorgio Beretta, «mostrano una forte ripresa le esportazioni verso i paesi asiatici (dai 4,7 miliardi del 2010 agli oltre 5,5 miliardi di euro del 2011) e, in particolar modo verso il Medio Oriente (da 6,6 miliardi a quasi 8 miliardi di euro). In crescita anche le esportazioni verso l’Africa sub-sahariana che superano i 493 milioni di euro. In calo sono invece soprattutto le autorizzazioni all’esportazione verso l’America settentrionale (erano 4,6 miliardi nel 2009, sono 3,6 miliardi di euro nel 2011), l’America centro-meridionale, oltre che verso i Paesi del Nord Africa verso i quali però, nonostante il 2011 sia stato l’anno delle rivolte popolari della cosiddetta “primavera araba”, i Paesi europei hanno autorizzato esportazioni di
armamenti per oltre 1,2 miliardi di euro».
«Nel 2011, prosegue Beretta, il principale cliente delle industrie militari europee non sono gli Stati Uniti (solo 3,2 miliardi di euro a fronte dei 3,5 miliardi del 2010 e dei 4,3 miliardi nel 2009), ma l’Arabia Saudita: alla monarchia saudita i paesi europei hanno autorizzato esportazioni di sistemi militari per oltre 4,2 miliardi di euro, di cui soprattutto dal Regno Unito (oltre 2 miliardi) per i caccia Eurofighter Typhoon. Restando nell’area, spiccano le commesse degli Emirati Arabi Uniti (1,9 miliardi di euro): in una parola, le monarchie assolute mediorientali sono i principali clienti dell’industria armiera europea e le armi continuano ad essere la merce di scambio privilegiata dei paesi europei per pagare la propria bolletta energetica».
«Le armi continuano ad essere merce esportata dai paesi dell’Ur anche in altre zone di forte tensione come
India (1,5 miliardi di euro) e
Pakistan (410 milioni di euro) e finanche
l’Afghanistan – un Paese tuttora sotto embargo parziale di armi – che nel 2011 ha visto un record di importazioni militari dai paesi UE: oltre 465 milioni di euro di cui 346 milioni di euro dall’Estonia per generici “
energetic materials”», sottolinea inoltre il ricercatore di Rete Disarmo.
Una stoccata polemica, infine, Giorgio Beretta la riserva all'esecutivo guidato da Mario Monti, accomunato - sotto il profilo della trasparenza circa le cose militari - a quello che l'ha preceduto:«Gli ultimi due governi italiani (Berlusconi e Monti) appaiono molto simili riguardo alla comunicazione sull’export di armi: non segnalando all’Ue le specifiche tipologie nelle consegne di armamenti hanno entrambi mantenuto un prudente riserbo sui sistemi d’arma effettivamente esportati dall’Italia». E ancora: «A fronte degli oltre 2,6 miliardi di consegne riportate nella relazione governativa nazionale, i funzionari governativi hanno riferito all’Ue solo poco più di 1 miliardo».