Per Matteo Renzi, il tanto reclamato “passaggio elettorale” c’è stato, eccome. Il Pd uscito dal voto delle europee non è mai stato così forte in tutta la sua storia. Bisogna ritornare al tempo dei monocolori Dc e a de Gasperi per ritrovare certe performance politiche. Quanto a Beppe Grillo, non solo ha perso il duello con il premier, ma è stato letteralmente “asfaltato”, come ha scritto il Giornale della famiglia Berlusconi. E a proposito di Berlusconi, l’ex Cavaliere esce da queste competizioni ancora vivo politicamente, ma con le ossa rotte. Non ha premiato la sua campagna elettorale tutta cuccioli e dentiere e ancor meno ha funzionato il suo plenipotenziario Giovanni Toti, troppo appiattito sul leader, rivelatosi molto debole a livello di comunicazione (di lui non si ricorda una frase particolarmente pregnante in tutta la campagna elettorale. Oltretutto, e a differenza del suo omonimo, non ha nemmeno una stampella da lanciare al nemico).
Gli italiani hanno preferito la volontà di riforma alla protesta, hanno premiato la volontà costruttiva del giovane premier e il suo dinamismo, la sua velocità politica mercuriale fatta forse più di promesse che di provvedimenti concreti, ma pur sempre meglio del “nulla minaccioso” offerto da Beppe Grillo. Sarà interessante capire il futuro del suo Movimento Cinque Stelle, una bolla di consenso che potrebbe sgonfiarsi e implodere con la stessa velocità con cui si è gonfiata. Ora si apre una frase nuova, perché il voto di domenica significa tante cose. Innanzitutto Renzi si prepara ad assumere la presidenza del semestre europeo da vero leader, forte di un consenso enorme, un consenso che addirittura lo candida a sostituirsi alla leadership francese nel dialogo con la Germania di Angela Merkel. la Francia, divorata dal populismo, potrebbe lasciare il testimone all'Italia nel progetto di rilancio europeo. Non è poco, se pensiamo che l’Italia vuole ridiscutere il patto di stabilità per mettere fine al rigore imposto dalla Germania e favorire la crescita. In Italia, oltre a cementare la sua leadership all'interno del suo partito, il premier può proseguire più agevolmente sulla strada delle riforme di cui l’Italia ha bisogno per uscire da una crisi economica devastante. Non bisogna dimenticare che siamo ancora in recessione.L'euro è salvo, l'Italia ancora non si sa.