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domenica 16 febbraio 2025
 
eutanasia
 

«Al medico non può essere chiesto di dare la morte, garantire a tutti le cure palliative»

15/02/2022  Il presidente dell’Associazione Medici Cattolici italiani Boscia: «Chi esercita la difficile arte medica non può scegliere di far morire e nemmeno di far vivere ad ogni costo contro ogni ragionevole logica. Bisogna garantire l’accesso a cure palliative universalistiche e solidaristiche in modo omogeneo e non diseguale; cure irrinunciabili per garantire ai malati ogni attenzione e percorsi fatti di rapporti umani, affettivi e intensi e da professionalità eccellenti»

Il presidente dell'Associazione Medici Cattolici Italiani prof. Filippo Boscia
Il presidente dell'Associazione Medici Cattolici Italiani prof. Filippo Boscia

«È così che si custodisce la vita dei fragili che chiedono di morire tra libertà e pietà?». Se lo chiede il professore Filippo Boscia, presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI) dopo la decisione del comitato di esperti insediato dall'Asur Marche di indicare nel tiopentone sodico il farmaco "adatto" per il suicidio assistito di Mario che dovrebbe iniettarsi il farmaco per via endovenosa da solo.

Il suo commento?

«Si tratta di un farmaco anestetico idoneo a garantire morte rapida e indolore è già stato usato negli Stati Uniti come iniezione letale per condannati a morte. Il comitato etico di esperti insediato dall’Asur delle Marche, come da orientamento della Corte Costituzionale, lo ha dichiarato idoneo per provocare la morte/suicidio volontario di un cittadino marchigiano tetraplegico. È un farmaco di sicura efficacia capace di far transitare chi lo utilizza in bolo, per via venosa, dal sonno alla morte. Gli esperti del comitato etico, verificate le condizioni di precarietà, sofferenza, scarso valore della vita non più degna di essere vissuta, si esprimono favorevolmente per la non punibilità degli eventi di morte e autorizzano l’uso del farmaco e individuato come il più idoneo. La Asur ha compiuto il suo dovere per legge. Restano sospese le modalità: in autosomministrazione o lo fa un medico? Dove? A domicilio, in ospedale o in hospice? È questa la strada per evitare abusi? È così che si custodisce la vita dei fragili che chiedono di morire tra libertà e pietà? È questo il rassegnato epilogo di un “predestinato alla sconfitta” e messo fuori gioco da raffinate distinzioni giuridico – legali? In realtà, s’introduce una prassi di vera sconfitta dilatabile anche in modo scriteriato in mancanza di una lucidità di tutta la società».

Dal punto di vista simbolico, che significa - se accadesse - che un uomo ottiene la morte in una struttura sanitaria pubblica?

«Questa decisione di compromesso sociale è stata resa pubblica l’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes e XXX Giornata mondiale del malato, quasi fosse una decisione ideologica o simbolica in risposta al motto della Giornata “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. Non è così che ci si pone accanto a chi soffre. La mia sensibilità è ferita, e ritengo la sia anche quella di molti, quando un simbolo di morte viene dispensato per cura».

Ci sono medici che potranno, in futuro, assumersi la responsabilità di effettuare le iniezioni letali, se mai ci fosse una legge?

«Gran parte dei medici ha fatto presente che c’è un’incompatibilità assoluta tra l’agire medico e l’uccidere. Ai medici non può essere assegnato il compito di causare, accelerare o provocare la morte. Chi esercita la difficile arte medica non può scegliere di far morire e nemmeno di far vivere ad ogni costo contro ogni ragionevole logica. I medici sottolineano l’importanza di garantire l’accesso a cure palliative universalistiche e solidaristiche in modo omogeneo e non diseguale; cure irrinunciabili per garantire ai malati ogni attenzione e percorsi sostanziati da rapporti umani, affettivi e intensi e da professionalità eccellenti. La medicina, nella proporzionalità terapeutica, è sempre per la vita e a favore della vita, guarda la vita e comunica la vita, sempre senza alcun disimpegno o abbandono. I medici con delicatezza e fermezza continueranno a curare le fragilità e le ferite, anche le più gravi con la sollecitudine del prendersi cura ancor più e in special modo quando non si può guarire. La relazione di cura che è parte inscindibile di ogni percorso umano aspro e doloroso sta proprio nel saper vigilare, nel saper curare. Sta nella medicina dei cinque sensi: udire, vedere, toccare, nutrire e sostenere il malato».

Come giudica il dibattito in corso sull'eutanasia anche in vista della decisione della Corte Costituzionale che dovrà decidere se ammettere il referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente?

«La discussione in corso è accesa ma doverosa e indispensabile. Non si può e non si deve restare in silenzio o disertare il dibattito sul fine vita in un momento in cui molte questioni rimangono aperte. Ogni positivo confronto, ma anche ogni tensione e ogni acceso dibattito servono alla causa comune. Ogni dialettica può più facilmente consentire di meglio custodire la vita dei fragili che chiedono di morire».

La libertà di una persona di chiedere la morte fino a quale punto deve arrestarsi per non confliggere con la libertà altrui, a cominciare da quella del medico?

«La libertà e l’autodeterminazione vanno riconosciuta a tutte le singole persone, nessuna esclusa. Nel delicato incontro dei cittadini con i loro curanti, questi diritti non dovranno e non potranno prevalere o confliggere con la libertà, la deontologia e soprattutto con la coscienza di questi operatori. Ogni rapporto deve essere caratterizzato da piena e totale simmetria, presupposto per una relazione armonica e civile. Si tratta di un incontro tra una fiducia e una coscienza attuato in simmetria: così come il medico non può obbligare la persona competente ad alcun trattamento sanitario contro la sua volontà, viceversa il paziente non può costringere il medico ad agire contro la propria volontà e la propria coscienza imponendogli di praticare trattamenti finalizzati a provocare la morte. Questo è sancito dal diritto, dalla legge e dal codice deontologico. Ricordiamo che l’arte medica non è da considerarsi una mera prestazione tecnica, ma un intervento complesso di notevole valenza scientifica, etica ed umana. Alla domanda se i medici devono soddisfare ogni richiesta omicida o eutanasica, con energia rispondo no. Tali richieste sono irricevibili perché non rientrano tra i doveri professionali e deontologici del medico e non rientrano nemmeno tra le opzioni terapeutiche perché del tutto contrarie e distanti da quella alleanza e da quella relazione di cure e fiducia che si instaura tra medico e paziente».

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