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domenica 16 marzo 2025
 
 

Eutanasia libera? La violenza di uno spot

24/01/2014  Il mistero che avvolge la vita e la morte non può essere ristretto nella trama di un uno spot pubblicitario, realizzato per sostenere la proposta di legge popolare per legalizzare la libertà di porre fine alla propria vita. Non si può ridurre questo problema a una canzone di Vasco Rossi che canta “oggi voglio stare spento…” in una cornice surreale, per indurre a porre una firma a sostegno della proposta di legge di Eutanasia legale.

Morire e vivere, la morte e la vita, questo mistero infinito e mai svelato che ci avvolge, interroga, tormenta, ci apre alla speranza e alla disperazione, non può essere ridotto ad uno spot pubblicitario. Quello dell’Associazione Coscioni, dei  Radicali e del Comitato eutanaSia Legale a sostegno della proposta di legge popolare per legalizzare la libertà di porre fine alla propria vita.  La decisione “di staccare la spina”, di decidere di morire, è sempre, anche nelle situazioni più estreme, una scelta di una portata e di una ricaduta sotto tutti i versanti, così drammatica, e complessa, da chiedere, anche da parte di chi la sostiene, serietà , rispetto, consapevolezza . Nella verità e in quella vera libertà che è data dalla conoscenza diretta e completa, non solo ideologica o di parte.        

Per questo non si può ridurre questo problema così fondamentale ad una canzone di Vasco Rossi che canta “oggi voglio stare spento…” in una cornice surreale, per indurre a porre una firma a sostegno della proposta di legge di Eutanasia legale.  

Tutto questo è profondamente irrispettoso e irriverente per tutti coloro che abitano il dramma di un “ fine vita “ nell’intimità di una sofferenza che non sopporta la banalità e il dilettantismo. Una  superficialità inaccettabile. Non sopporta immagini e contesti ingannevoli, strumentalizzazioni emotive e visive. Come in questo spot che offende coloro che con fatica, amore, interrogativi e scommesse, vivono questa situazione.  

Oggi tutto viene ridotto a spettacolo sul palcoscenico di una comunicazione virtuale che ignora e nasconde la vera vita e la vera morte delle persone. Usare questo palcoscenico fittizio per indurre a decisioni di una portata così immensa come quella che riguarda il fine vita,  non è fare un servizio alla comunità . E' contribuire “al grande inganno” che domina e plagia  la nostra società ed ha  interessi ben lontani dal bene delle persone e della comunità .

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