Il padiglione del Nepal all’Expo è uno dei primi, sulla destra, entrando dal Decumano, la strada principale del villaggio che ha aperto i battenti il 1° maggio. Per terminare i lavori c’è voluta una corsa contro il tempo. Ma stavolta non c’entrano ritardi particolari o polemiche.
Gli operai al lavoro sono dovuti rientrare in fretta e furia in patria dopo il devastante terremoto che ha sbriciolato Kathmandu, la capitale, provocando decine di migliaia di morti e distruggendo alcuni dei più belli monumenti patrimonio Unesco come la Torre Dharahara o lo splendido tempio buddista di Maju Deval, costruito nel 1690. Alcuni perché colpiti direttamente da un lutto, altri per aiutare i sopravvissuti. Il padiglione nepalese è rimasto pressoché deserto ma a terminare i lavori ci hanno pensato altri operai che avevano già completato i padiglioni dei loro Paesi insieme a qualche dipendente di Expo che ha voluto dare una mano. Lo hanno fatto gratis, ovviamente, e nel tempo libero, organizzandosi a turno. Una storia piccola di solidarietà nel contesto grandi numeri dell’Expo.
«Siamo tutti commossi dal vedere che il cantiere non è fermo, e che vi si parlano tutte le lingue», ha spiegato un dipendente di Expo al sito del periodico del no profit Vita che lavora vicino allo stand nepalese. «Tra l’altro le maestranze che si sono rese disponibili sono qualificate, perché hanno completato alcuni lavori di cesello fatti a mano dai nepalesi con grande perizia». Il padiglione ha la forma del mandala, il diagramma circolare formato dall’unione di figure geometriche che richiama il cerchio della vita ed è uno dei simboli spirituali di Buddismo e Induismo. Ricorda gli antichi insediamenti delle valli di Kathmandu dove persone di differenti etnie e religioni hanno convissuto in armonia per secoli. Uno dei simboli del Nepal, riprodotto anche nel padiglione, sono proprio le abitazioni, che in questi giorni vediamo ridotti a cumuli di macerie, decorate da elementi di metallo, pietra, terracotta e legno intarsiato, un’abilità affinatasi in secoli di esperienza da parte di artigiani che rivaleggiavano tra loro in bravura.
La produzione di cibo nel Paese, incastonato tra India e Cina con una popolazione di oltre 26 milioni di abitanti su una superficie di 147mila chilometri quadrati, non riesce a tenere il passo della crescita demografica. Una delle cause è la mancanza di un’irrigazione adeguata dei campi agricoli, così come è limitata la produzione di energia. La partecipazione a Expo è stata decisa anche per sensibilizzare i visitatori sul tema dello sviluppo sostenibile attraverso l’adozione di programmi di sviluppo capaci di garantire a ogni persona la quantità di cibo di cui ha bisogno.
Ora è arrivato il terremoto a devastare tutto. Ma il mondo che si sta mobilitando per aiutare le popolazioni colpite lascia ben sperare per il futuro e rappresenta, più di tanti proclama e retorica, il compiersi dello “spirito Expo” che si celebra in questi mesi a Milano.