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domenica 15 settembre 2024
 
 

F-35, decolla la polemica

18/07/2012  Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, difende l’acquisto dei 90 cacciabombardieri. La replica dei parlamentari dubbiosi o contrari. E del mondo pacifista.

«C'è nell'aria un furore ideologico contro le Forze Armate che non mi spiego. La sicurezza è un bene condiviso la cui responsabilità è di tutti. Un Paese come l'Italia non può sottrarsi a questo dovere. Le Forze Armate possono essere più piccole ma non meno efficienti. Altrimenti si fa prima a chiuderle». È quanto afferma al Corriere della Sera il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, che - circa il pgoramma di acquisto dei cacciabombardieri F-35, spiega : «tuteliamo investimenti e 10 mila posti».

«Veniamo da un taglio da 1,5 miliardi nella precedente legge di stabilità. Siamo l'unica amministrazione che ha avuto un'attenzione così marcata», sostiene il ministro. «Nel triennio 2013-2015 - prosegue - dovremo fare a meno di 18 mila unità militari. A questo va ad aggiungersi il taglio di 3 mila civili su 30 mila. Non si possono fare maggiori tagli - ribadisce Di Paola  - perchè non avremmo più la capacità operativa per svolgere il nostro compito». Sui tagli alla dirigenza richiesti dalla spending review poi, il ministro della Difesa afferma: «Anche qui si è chiesta la testa dei re, degli 'alti papaverì, c'è questo spirito ghigliottinesco».

Sui cacciabombardieri F-35, il ministro ricorda: «Lo ho già ridotti da 131 a 90. Ora, io dico - osserva -, le Forze Armate si chiamano così perchè dispongono di armamento per svolgere il proprio compito. E il nostro, come Paese della Nato, è quello di essere corresponsabile delle risposte che la comunità internazionale dà alle crisi». Il ministro della Difesa interviene anche su Finmeccanica: «Non è un giocattolo - sottolinea -. Sta andando incontro con tutto il settore a una ristrutturazione: lasciamo lavorare i vertici».


Furore ideologico? Pronta la replica di molti parlamentari. «Rinunciare all'acquisto di alcune decine di cacciabombardieri che costerebbero allo Stato oltre 10 miliardi di euro, con cui si potrebbero finanziare spese e interventi infinitamente più utili, non è furore ideologico, come pensa il ministro della difesa Di Paola: è banale buonsenso». È quanto affermano i senatori del Pd Della Seta, Ferrante, Di Giovan Paolo, Nerozzi, Vita, Amati, Granaiola, Ignazio Marino, firmatari di emendamenti alla spending review che prevedono tagli ai fondi previsti per gli F-35. «L'unica vera utilità di questo investimento ereditato dal passato - affermano i parlamentari - è per la lobby dell'industria bellica: interesse legittimo che però viene dopo l'interesse dell'Italia a utilizzare le risorse pubbliche per politiche che massimizzino i benefici sociali ed occupazionali». «Le Forze armate - concludono gli otto senatori del Pd - sono importanti per il nostro Paese, ma il loro futuro va affidato all'integrazione nei sistemi di difesa europei e non certo all'improbabile rincorsa di dotazioni militari che per scimmiottare le grandi potenze militari prosciugano le casse dello Stato».

«Mentre il ministro Di Paola gioca alla guerra, difendendo a spada tratta l'acquisto degli F-35 che ci costano 15 miliardi di euro, in Italia dilagano povertà e disoccupazione, e un'impresa su tre rischia di fallire entro l'anno»
. Lo scrive il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sulla sua pagina Facebook. «Quanti asili nido e infrastrutture si potrebbero costruire, quanti servizi e ammortizzatori sociali potrebbero essere garantiti dallo Stato, quante aziende a rischio potrebbero essere salvate dalla bancarotta con quei soldi? È inconcepibile che nella spending review del Governo si taglino con l'accetta sanità, giustizia e istruzione e si mantenga in piedi un assurdo e ingiustificato programma militare. Evidentemente il ministro della Difesa non solo ignora la drammatica realtà del Paese, ma sembra non conoscere neppure l'articolo 11 della Costituzione, secondo cui l'Italia ripudia la guerra», conclude Antonio Di Pietro.

«Costi molto più alti; il ministro si sottrae al confronto», questa la replica, infine, della Rete italiana per il disarmo.  «Le cifre che il ministro Di Paola continua a fornire su costi ed impatto del programma F-35 sono palesemente errate e contraddicono i documenti ufficiali statunitensi. I costi di acquisto (130 milioni di euro ad esemplare) sono molto più alti di quelli riferiti dai funzionari della Difesa, senza contare l'impatto del mantenimento successivo all'acquisto», dichiara Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo commentando l'intervista rilasciata al Corriere della Sera da Giampaolo Di Paola. «Il Ministro - aggiunge Vignarca - continua a parlare solo a mezzo stampa, ma non accetta un confronto vero sugli F-35». Secondo il ministro, abbandonare il progetto significherebbe mettere «a rischio 10 mila posti di lavoro» e «ammazzare il futuro tecnologico di Finmeccanica». Per la Rete italiana per il disarmo, però, non è così. «È la stessa Finmeccanica - spiega la Rete disarmo -, in audizione alla Camera, a parlare di 2.500 posti di lavori complessivi nel momento di picco di produzione, avvertendo che sono numeri da ridurre ulteriormente poichè secondo le nuove ipotesi del ministero i caccia previsti dall'Italia sono minori ai 100 velivoli promessi agli Stati uniti».

Secondo la Rete italiana per il disarmo, inoltre, dal ministro della Difesa non sono arrivati ad oggi dettagli sui costi-benefici dell'operazione. «Forse perchè - spiega Vignarca - dieci anni fa ha firmato lui l'accordo per la fase di sviluppo del programma venendo definito dagli americani 'il migliore amico dell' F-35'?». Sulla questione dei fondi da impiegare per l'acquisto dei caccia, al Corriere della Sera il ministro ha dichiarato che «non esiste uno stanziamento di 15 miliardi». Per Vignarca, però, «anche se i fondi non sono ancora stanziati, lo saranno nei prossimi anni in caso di conferma degli ordini di acquisto per cui si tratta di soldi veri che realmente saranno sottratti ad altre necessità come la sanità e i welfare». La Rete italiana per il disarmo replica anche alla battuta del ministro quando chiede il perchè di tanto clamore sugli F-35 e non sul programma Eurofighter. «Fare riferimento al programma Eurofighter è improprio: se è vero che anche in quel caso i costi sono stati altissimi per un aereo militare, stiamo parlando di 'acqua passatà perchè i fondi sono stati già tutti spesi (riducendo anche di una tranche) mentre per il caccia F-35 si tratta del futuro del nostro Paese. Senza dimenticare che anche militarmente e tecnologicamente ci sarebbe per l'Italia un'ulteriore sudditanza verso gli Usa mentre altri progetti sono di respiro europeo».

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