E' un problema di distinzione tra poteri dello Stato. Ciascuno con la sua autonomia. Che merita rispetto. Il giudice amministrativo, dunque, non può sindacare le decisioni del Parlamento. Con questa motivazione, il Tar del Lazio
ha respinto la richiesta del Codacons di sospendere il contratto di acquisito degli F35 da parte dell'Italia. «A
prescindere dai profili relativi alla legittimazione attiva
appare configurabile la natura politica degli atti impugnati
e dunque la loro conseguente insindacabilità da parte del
giudice amministrativo», hanno scritto i giudici nell'ordinanza.
Alla base dell'iniziativa del Codacons, «lo spreco di soldi
pubblici insito nella dotazione di cacciabombardieri da
parte dell'Italia, ma anche la mancata rispondenza del
programma all'interesse pubblico, e l'assenza di
sostenibilità e proporzionalità rispetto alle disponibilità
di denaro pubblico, in un periodo di pesante crisi economica
per il nostro Paese e di spending review generalizzata».
«Certo è - ha commentato il presidente del Codacons, Carlo
Rienzi - che ha pesato l'assenza dei partiti a sostegno del
nostro ricorso. Soprattutto di quelli come il M5S che grida
sempre allo scandalo ma poi non si presenta a difendere i
cittadini. Nel merito della decisione del Tar, è assurdo
ritenere "politici" gli atti relativi alla questione degli
aerei da comprare. Presenteremo appello al Consiglio di
Stato».
Intanto, continuano le polemiche dopo le affermazioni fatte il 31 luglio, a Palazzo Madama, dal ministro della Difesa, Mario Mauro.
Parlando davanti alle Commissioni congiunte Difesa, Esteri e Politiche
europee del Senato, Mauro ha riconosciuto che il ritiro dal
programma Joint Strike Fighter (quello per gli F35) non
comporterebbe penali da pagare per l'Italia, ma - ha sottolineto
- «bisogna considerare, oltre ai 700 milioni di euro già
spesi per la progettazione ed i due miliardi investiti per
l'impianto di produzione di Cameri (Novara, ndr.), anche il fatto che la
nostra portaerei Cavour (l'unica rimasta in Europa insieme
alla francese Charles De Gaulle) dovrà ospitare gli F-35 a
decollo verticale, altrimenti non capiremmo per quale
ragione avremmo speso 3 miliardi e mezzo di euro per la nave».
La Difesa ha successivamente precisato che la cifra si riferiva
«ai costi del sistema d'arma nel suo complesso,
composto dalla piattaforma navale (circa 1,5 miliardi), dagli
aeromobili e dal relativo sistema di supporto logistico
previsti nel programma Jsf (circa 2 miliardi)».
La cifra, dunque, ha puntualizzato ancora il ministero, «non si riferiva
all'adeguamento dell'unità navale, in quanto tali costi sono
già compresi nella spesa del programma Jsf che ammonta, come
già illustrato precedentemente in sede parlamentare,
complessivamente a circa 12,1 miliardi di euro».
Tutto ciò ha riacceso le polemiche. In molti si sono chiesti: se non ci sono penali da pagare, perché non smetterla lì subito?
Alzano la voce anche alcuni deputati Pd. «Il ministro della Difesa Mario Mauro non può ogni settimana
sfidare la sua maggioranza sulla questione degli F35.
Dovrebbe ben ricordare che una mozione della Camera, votata
non più di un mese fa, riconduceva l'acquisto di nuovi
sistemi d'arma (compresi gli F35) al prescritto parere
vincolante delle commissioni Difesa del Parlamento». Lo
hanno dichiarato in una nota congiunta i deputati del Partito
democratico Luigi Bobba (ex presidente nazionale delle Acli), Federico Gelli e Giorgio Zanin.
«Affermare che abbiamo già speso 3,5 miliardi per la portaerei Cavour, in modo da predisporla ai
nuovi aerei a decollo verticale, è un modo di mettere il
Parlamento di fronte al fatto compiuto; per altro il
Ministro conosce sicuramente uno studio dello IAI - un
istituto non certo sospetto di pacifismo - il quale ha
evidenziato che un'integrazione delle forze armate dei paesi
dell'Unione europea porterebbe per l'Italia ad un possibile
risparmio di circa 8 miliardi sul bilancio della Difesa.
Forse, anziché operare continue forzature, il ministro Mauro
dovrebbe attendere i risultati del vertice europeo di
dicembre dedicato proprio allo sviluppo di un sistema
integrato di difesa europea. Quegli 8 miliardi
potenzialmente risparmiati potrebbero essere invece
utilizzati a sostenere le famiglie in difficoltà economica,
a rifinanziare i fondi per le politiche sociali e
soprattutto a consentire a tutti i giovani che lo chiedono
di poter svolgere un periodo di servizio civile».
Dal canto suo, don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, ha ricordato quanto scritto di recente su un quotidiano da monsignor Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei, a proposito degli F-35. «In momenti di crisi dolorosa… mi chiedo come può una nazione come l’Italia.. fare una spesa così assurda che offende e umilia tutti e ancora di più i poveri. Non lasciamo essiccare o inquinare la fonte del nostro domani con scelte politico-sociali drammatiche».