Fino a qualche tempo fa Fabio
Volo quando doveva
presentare un libro diceva
di essere un attore e quando
doveva presentare un film diceva di essere uno
scrittore. Un po’ per la sua
indole refrattaria a ogni incasellamento.
E un po’ per rispondere
a quanti tuttora dicono che, a dispetto
del suo straripante successo, non sa
fare davvero bene né l’uno né l’altro
mestiere. Ora, mentre nel suo camerino
si prepara a registrare un’altra puntata
di Le iene, Bonetti Fabio da Calcinate
(Bergamo), classe 1972, confessa
di aver fatto pace con sé stesso e anche
con i suoi critici: «Ormai non dico più
niente a nessuno. So che ad alcuni sto
simpatico e ad altri no. Fa parte del
gioco e va bene così».
ALL’INSEGNA DELLA LEGGEREZZA
Forse, se anziché scrivere romanzi che parlano di sentimenti (l’ultimo, È tutta vita, uscito prima di Natale, veleggia sulle 500 mila copie vendute), scrivesse libri su temi sociali o di denuncia potrebbe finalmente partecipare a qualche prestigioso premio letterario. «Ma no, non è quello il problema. Anche se parlassi di immigrazione o di povertà, cercherei di trovare una chiave per farlo con leggerezza perché la scrittura riflette come sono io».
Sempre all’insegna di questa leggerezza è il suo ultimo film, Un paese quasi perfetto, una favola che lo vede protagonista nei panni di un chirurgo milanese rampante ma molto ingenuo che viene indotto con l’inganno dagli abitanti di Pietramezzana, uno sperduto ancorché bellissimo borgo sulle Dolomiti lucane (in realtà si tratta di Castelmezzano e molti abitanti hanno partecipato davvero al film), a diventare il loro medico di base. La sua presenza, infatti, è una condizione indispensabile per aprire una nuova fabbrica e interrompere il declino del paese, dove quasi tutti sono ex minatori cassintegrati. Il regista Massimo Gaudioso ha anche sceneggiato Benvenuti al Sud, con cui Un paese quasi perfetto ha evidenti punti di contatto.
UNA GIUSTA CAUSA
«È vero», ammette
Volo, «ma qui c’è una differenza
fondamentale: non si gioca tanto sul
confronto tra Nord e Sud, ma sul ribaltamento
tra la “falsità” della città e la
“purezza” della campagna. Il mio personaggio
è un chirurgo estetico, quindi
anche per lavoro si occupa di cose
finte; in realtà è un bonaccione che
viene abbindolato da un intero paese,
sia pure per una giusta causa».
Nel film Fabio recita accanto a Miriam
Leone, che ha poi ritrovato a Le
iene. «Sul set ancora non sapevamo
che avremmo di nuovo lavorato insieme,
ma già ero rimasto colpito dalla
sua grande professionalità».
Volo è tornato nel programma
di Italia 1 che l’ha lanciato dopo 15
anni in cui è cambiato tutto, in Italia
come in televisione. «Il programma è
riuscito a resistere perché ha seguito
questi cambiamenti. Prima i servizi
duravano due o tre minuti e molti erano
di costume o semplicemente miravano
a divertire. Oggi invece puntiamo
sulle inchieste e sui reportage che
durano anche venti o trenta minuti».
In questi anni è cambiato molto
pure lui. Il single irrecuperabile che
su Radio Deejay disquisiva di quanto
fosse noiosa la famiglia, nel giro di
3 anni è diventato padre di due bambini,
Sebastian e Gabriel, avuti dalla
sua compagna Johanna, conosciuta a
New York. «Non so come sia successo.
A un certo punto ho sentito che era la
cosa giusta da fare e l’ho fatta».
E non è stato nemmeno troppo difficile, a sentire lui, adattarsi a questa
nuova condizione: «La rinuncia più
forte è stata a tutto il tempo che prima
dedicavo a me stesso. A volte mi capita
di pensare che mi piacerebbe organizzare
un weekend da solo o con gli amici.
E invece non posso più. Oppure so
che un giorno dovrò andare via di casa
per lavoro e allora penso che sarà bello,
perché almeno per una notte potrò
dormire tranquillo senza essere svegliato
dai bambini. Poi, però, prima
ancora che il treno lasci la stazione
sono già lì che smanetto con il cellulare
per rivedere le foto di Johanna
e dei miei bimbi perché mi mancano
già. La cosa più bella della famiglia è la
sensazione di essere in quell’angolo di
mondo in cui puoi togliere tutte le tue
maschere perché hai davanti qualcuno
che l’ha già fatto per te».
Il suo ultimo romanzo racconta la
crisi provocata in una coppia dall’arrivo
di un figlio. Il personaggio maschile
rimpiange la passione dei primi tempi,
si sente inadeguato e sogna di mollare
tutto. Nella realtà Fabio confessa
che pure lui, dopo la nascita dei suoi
bambini, qualche volta è stato sfiorato
dal pensiero di fuggire via, «ma al
massimo per andare a farmi una birra
al bar. Io sono fatto così: quando vivo
un’esperienza lo faccio totalmente.
Mio papà, che non c’è più, faceva il panettiere
e lavorava sempre. Così non
ho molti ricordi di lui che gioca con
me. Io invece voglio farlo tantissimo
con i miei bambini».
Fabio non ha avuto un’infanzia
agiata, cosa che invece capiterà a loro.
«Cercherò di insegnargli a dare il giusto
valore alle cose. E che nella vita
nulla va mai dato per scontato».