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giovedì 01 maggio 2025
 
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Credere

Fabrizio Gatta, il conduttore tv di Linea Verde diventa sacerdote

16/06/2021  «Ho lasciato la tv per andare in missione tra i giovani». Ordinato diacono a Sanremo, diventerà prete il prossimo 7 dicembre. Già volto di Linea Verde, per la prima volta aveva raccontato la sua conversione alla rivista Credere nel 2014: ecco l'intervista

«Linea Verde, Lineablu, Linea Cristo». Scappa un sorriso quando con una battuta sintetizza il suo percorso di travaglio e conversione che lo ha portato a una scelta radicale: lasciare il piccolo schermo, la rete ammiraglia RaiUno, per seguire un’altra vocazione. Fabrizio Gatta, 50 anni tondi, siamo abituati a vederlo accanto ai sub pronti per un’immersione nei fondali più belli d’Italia su Lineablu o ad assaggiare i prodotti tipici regionali nei tour di Linea Verde. Ma lui, all’apice del successo come conduttore e autore di programmi Tv, ha incontrato Dio e ha deciso di prendersi una pausa. Parla per la prima volta della sua scelta e del mutamento radicale della sua vita, mentre sta appoggiato al muretto di una parrocchia della periferia di Palermo, San Basilio, dove ha svolto la sua prima esperienza di missione di strada, al fianco del Missionari del Preziosissimo Sangue.

«Avevo successo, belle auto, belle donne, non mi mancava nulla. Vivevo un po’ quel senso di onnipotenza che ti dà la notorietà. Ma qualcosa mancava», racconta Gatta, con addosso un giubbotto di pelle e un crocifisso sul petto. «Una notte sognai Padre Pio. Una cosa molto strana, perché non avevo mai avuto una devozione per questo santo, né particolare interesse. Il giorno dopo, in portineria, nella buca delle lettere, trovai un’immaginetta consumata proprio di Padre Pio. Fu questo il primo segno che cominciò a farmi pensare». La frequenza della chiesa argentina di piazza Buenos Aires a Roma, Santa Maria Addolorata, e i viaggi a Fatima e a Gerusalemme lo hanno aiutato nel suo discernimento.

«Sono entrato nell’Ordine dei cavalieri del Santo Sepolcro e sono andato in Terrasanta» ricorda. Incontrando monsignor Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme, gli chiesi: “Beatitu’ (alla romana, Sua Beatitudine), ma io cosa posso fare?”. Lui mi portò a conoscere alcuni ragazzi palestinesi che studiavano e così ho adottato a distaza Salem. Lo sostengo negli studi e lui è il primo della classe». Poi, durante una pausa di Linea Verde, una breve trasferta a Fatima: «Mi ritrovai in ginocchio a piangere davanti alla Madonnina», dice. E gli brillano gli occhi mentre lo racconta.

Il discernimento operato grazie ai padri argentini e a padre Antonio Grande lo ha portato a iscriversi all’Università Gregoriana, per studiare teologia. Con loro Fabrizio Gatta ha festeggiato l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio un anno fa: «La semplicità del suo primo discorso, il piegare il capo perché tutti pregassimo per lui e poi il suo primo viaggio a Lampedusa sono i segni di papa Francesco che mi hanno più colpito». L’8 luglio scorso dal Vaticano gli è anche giunta una benedizione speciale per il suo cammino appena intrapreso. I primi risultati ci sono: «Ho già sostenuto sette esami del primo anno e sui banchi della Gregoriana ho incontrato loro» e indica i Missionari del Preziosissimo Sangue, fondati da San Gaspare del Bufalo, che hanno trasmesso una scossa alla sua vita e a quella di migliaia di giovani di tutta Italia, nelle comunità in cui sono invitati a dare testimonianza e a portare l’annuncio evangelico col linguaggio gioioso dei ragazzi.

È stato proprio in questo suo lungo e travagliato percorso di discernimento che Fabrizio Gatta ha sperimentato su se stesso la misericordia, «quel mantello che abbraccia tutti come mostra plasticamente il bellissimo polittico di Piero della Francesca al museo civico di Sansepolcro», annota. «Papa Francesco ha parlato di misericordia ai sacerdoti, che devono avere un cuore che si commuove, che accoglie. La misericordia di Dio mi ha fatto incontrare tanti preti così, come don Domenico D’Alia, che definisco il sacerdote della misericordia. Lui mi ha aiutato nel momento più buio del mio percorso, quando mi sentivo abbandonato, e ha pianto con me, mi ha fatto percepire come il Signore scriva dritto sulle righe storte».

E la nuova avventura è cominciata. «Nel mio lavoro ho sempre raccontato il bello della natura, dell’Italia. Le alte vette, le profondità del mare, gli animali, i paesaggi. Questo mi ha consentito di restare sempre in contatto con Dio, anche se non lo sapevo», confessa. L’apertura all’altro è sempre stata una caratteristica del suo carattere e della sua formazione religiosa («tredici anni nelle scuole cattoliche non si dimenticano»). Così come il volontariato con i bambini Rom di un campo nomadi di Roma o nelle mense dei poveri. «Ma non volevo solo lavorare per la Chiesa. In un momento in cui non mi mancava niente, dopo avere girato il mondo in lungo e in largo, volevo lavorare nella Chiesa. Quando incontri Gesù veramente, tutto il resto passa in secondo piano». E col carisma dei Missionari del Preziosissimo Sangue è scattata una sintonia immediata: «Io sono un comunicatore e in loro ho trovato una capacità straordinaria di trasmettere l’allegria, l’affettività...», spiega Gatta. «Mi hanno chiamato al loro convegno nazionale per fare tre interventi sulla mia conversione, durante la veglia eucaristica, davanti a mille ragazzi. Non ero più l’uomo televisivo, ma l’uomo. È stato incredibile». Un percorso che ha consentito a Fabrizio di rivedere le priorità della sua vita, di recuperare i rapporti familiari: «Sono sempre stato un tipo allegro, ma ora mi dicono: “Nei tuoi occhi si vede Gesù”».

Così don Domenico D’Alia, direttore delle missioni della pastorale giovanile del Preziosissimo Sangue, lo ha reclutato sul campo. La prima esperienza di missione di strada è a Palermo: «in Sicilia mi sento a casa. La gente è fantastica. Sono venuti tantissimi ragazzi. Bisogna incontrare i giovani, ti raccontano le storie personali, hanno un’adolescenza rabbiosa perché feriti. Bisogna metterli in guardia dalle amicizie virtuali. Devono imparare a guardarsi negli occhi».

(Pubblicato in origine su Credere 12 / 2014. Foto in alto: Ansa)

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