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lunedì 27 marzo 2023
 
Il caso
 

Fake onlus, truffa allo Stato sulla pelle dei migranti

04/07/2019  Undici persone sono finite in custodia cautelare a Milano, dopo un'indagine su movimenti bancari: l'accusa è di aver ottenuto, tramite finte onlus, fondi pubblici per accogliere migranti per poi usarli per altri scopi, lasciando le briciole ai richiedenti asilo.

L’accusa è che per anni (dal 2014 al 2018) abbiano concorso a bandi pubblici assicurandosi fondi dalle Prefetture di Lodi, Pavia e Parma per centri di accoglienza per migranti e che, poi in realtà, adoperassaro i denari ottenuti per tutt’altri scopi, togliendoli ai centri che pure esistevano, e alle persone accolte che ricevevano servizi «privi delle condizioni minime essenziali».

In compenso si sarebbero utilizzati i fondi per «finalità esclusivamente personali», oppure per garantire a pregiudicati «uno stipendio senza alcuna prestazione lavorativa» e documenti falsi affinché figurassero come lavoratori delle onlus, al fine di aiutarli ad ottenere misure alternative al carcere. È quanto si evince dalla corposa ordinanza in cui il Gip di Milano Ottone De Marchi ha disposto misure d custodia cautelare per 11 persone persone, una in carcere, altre ai domiciliari, altre ancora con obbligo di firma. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere, all’auto riciclaggio, alla truffa ai danni dello Stato. Oltre la metà dei sette milioni e mezzo ricevuti, sarebbero infatti stati utilizzati per scopi personali.

Il pubblico ministero Gianluca Prisco, titolare dell’indagine ora nota con il nomignolo “Fake Onlus” , ossia False Onlus, condotta dalla Guardia di Finanza di Lodi, nell’illustrare l’operazione ha tenuto a precisare: «Sono coinvolte quattro Onlus – Area Solidale, Milano Solidale, Gli Amici di madre Teresa Giuliani, Volontari senza frontiere - , tutte facenti capo alle persone arrestato. Questo non significa che bisogna sottovalutare l’enorme lavoro di tutte le altre Onlus e di tutte le Cooperative che hanno ben gestito l’accoglienza dei migranti». Un modo di prevenire letture strumentali dell’indagine come “processo” all’intero terzo settore.

«L’indagine», ha spiegato il Pm, «è partita da un rigo di segnalazione di operazioni bancarie sospette» pervenuta dall'Unità investigazioni finanziarie della Banca d'Italia «e ha trovato conferme in un minuzioso lavoro della Guardia di Finanza chiamata a compulsare i movimenti di una ventina di conti correnti, alla ricerca di riscontri». Riscontri che sono stati trovati e che, in tempi più recenti, paiono trovare conferme anche nelle intercettazioni telefoniche «in cui persone poi raggiunte da misure cautelari parlavano di false fatture, di paura di controlli da parte della Finanza». Questo e la contestazione del reato di truffa ai danni dello Stato spiegano perché se ne stia occupando il dipartimento relativo ai reati della pubblica amministrazione, coordinato da Ilda Boccassini.

I fondi pubblici appena ricevuti infatti sarebbero stati immediatamente sottratti dai conti, per ricariche di carte di credito, per movimenti bancari tra i vari conti tutti in qualche modo riconducibili alle quattro Onlus ritenute fittizie dagli inquirenti, per prelievi di denaro contante, per usi personali, compreso l’acquisto di immobili.

Tra le persone raggiunte dalle misure cautelari, Daniela Giaconi, - sospettata della gestione  di «fatto» del «sistema» -aveva precedenti penali anche per bancarotta fraudolenta. Ma le Onlus fittizie erano sfuggite ai controlli delle Prefetture – a detta degli inquirenti diventati più stringenti solo dal 2017 – facendo figurare prestanome come amministratori, per concorrere ai bandi senza destare sospetti e senza incappare in interdizioni.

 
 
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