C’era una macchina per scrivere sul tavolo della sua casa e lei, Vittoria Puccini, al termine di una piacevole intervista in un pomeriggio di primavera sembrava volesse quasi nasconderla alla vista. «Scrive ancora a macchina? Così giovane non usa il computer? Strano», cercammo di stanarla. Non poteva più nascondersi e ammise: «Sto studiando una parte per il prossimo lavoro».
Era il 2013 e riuscimmo a farle dire che stava lavorando alla figura di Oriana Fallaci. Però, mica male, pensammo, dopo Anna Karenina, addirittura Oriana Fallaci. Adesso, Vittoria Puccini ha finito di studiare... La battitura a macchina e, soprattutto, ha terminato il lavoro dedicato a una delle giornaliste più celebri, non solo in Italia. «È stato un lavoro lungo, anche faticoso, ma sicuramente interessante», riassume l’attrice.
L’Oriana, regia di Marco Turco, è una fiction in due puntate andata in onda su RaiUno. Quella di Oriana Fallaci è stata una vita romanzesca, quasi da pioniera del mestiere del giornalismo al femminile... «Conoscevo la sua storia, ma ho dovuto documentarmi di più e scoprire una vita intensa. Basterebbe il suo libro Un uomo per ricavarne un film a parte».
Che tipo di personaggio è stato dal punto di vista recitativo?
«Oriana Fallaci aveva la tendenza a enfatizzare un po’ tutto, e non solo professionalmente. Se le sue interviste erano un duello con l’intervistato, la sua vita privata è stata un’avventura. Per girare siamo stati in Vietnam, Grecia, Tunisia e a Città del Messico; insomma, un lavoro lungo, faticoso e meticoloso per ricostruire la sua vita».
I luoghi che l’hanno vista protagonista dei suoi racconti sulla guerra tra Stati Uniti e Viet Cong, sulla Grecia dei colonnelli, e la capitale messicana del massacro in piazza delle Tre Culture, prima delle Olimpiadi del 1968. Se c’è stata un’inviata che ha vissuto in diretta fatti d’importanza storica mondiale, quella è stata la Fallaci, anzi l’Oriana, come il titolo della fiction.
«L’articolo prima del nome è quasi un vezzo; noi fiorentini siamo abituati a usare l’articolo prima del nome proprio. D’altronde, era lei per prima a sottolineare le sue origini. Quando le chiedevano: “Lei è italiana”?, rispondeva: “No, sono fiorentina”».
Che idea s’è fatta della Fallaci?
«Era una donna con un carattere impossibile o quasi: dura, spigolosa, contraddittoria; non voleva rinunciare alla sua libertà personale, a nessun costo. Potrà piacere o meno, ma quello che abbiamo cercato di fare è stato di presentarla per quello che ha vissuto, senza emettere un giudizio morale. Né un santino, né condannata».
Sarà stato più facile recitare un personaggio così dirompente, spesso sopra le righe, che non certe figure di donna più normali, quasi banali...
«Mah, forse un personaggio monocorde risulta più noioso, mentre questo è stato anche divertente. In ogni caso, non va dimenticato il suo ruolo femminile nell’Italia del dopoguerra. È stata la prima donna italiana giornalista di guerra e ha avuto l’abilità di intervistare i personaggi più potenti e celebri della sua epoca».
C’è qualche differenza con le donne e le ragazze di oggi?
«Sì e io l’ho ammirata per la capacità di partecipazione attiva a un certo tipo di giornalismo e ai fatti che accadevano intorno a lei. Lottava perché credeva in quelle battaglie. Non aveva un partito, non avrebbe potuto stare in un recinto, ma era profondamente antifascista, questo sì. E, in ogni caso, le sue contraddizioni sono emerse anche negli ultimi anni di vita, e pure dal punto di vista politico».
C’è un messaggio che l’esperienza della Fallaci lascia alle donne di oggi?
«Noi donne non siamo ancora uscite da certi pregiudizi nel nostro Paese. Oriana Fallaci e le donne del suo tempo, che hanno lottato per un’eguaglianza di genere, hanno vissuto sulla loro pelle la battaglia per un’emancipazione che ancora non è nita. Certo, poi lei la sua emancipazione non l’ha saputa conciliare con la volontà di costruirsi una famiglia. E anche questa è una delle molte contraddizioni del personaggio: da un lato così spericolatamente libera e sola, dall’altro il desiderio di una famiglia».
Una vita fatta di impulsi e di passione, dunque?
«Sì, passione e amore. Basti pensare alla sua storia con Alexandros Panagulis, feroce oppositore del regime dei colonnelli in Grecia. La vicenda personale di quest’uomo, così tanto amato da Oriana, è stata vissuta da lei come un’immensa, de- nitiva tragedia. Ed è stato un amore fortissimo, che vedrete nella seconda puntata della fiction».