Erano fra gli “esperti” del Sinodo straordinario sulla famiglia, prima tappa di una riflessione su una delle sfide più importanti che la Chiesa e la società oggi devono affrontare. La seconda tappa, voluta da papa Francesco, sarà il Sinodo ordinario, sempre dedicato alla famiglia, che si svolgerà a ottobre. L’assemblea straordinaria dell’anno scorso era intitolata: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. L’assemblea ordinaria invece si occuperà della “Vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Pina e Franco Miano, entrambi docenti universitari, coniugi e genitori, lui ex presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana, fanno il punto su questo tempo di mezzo tra un Sinodo e l’altro.
È stato pubblicato il nuovo Instrumentum laboris, frutto anch’esso di un’ampia consultazione in tutto il mondo. La famiglia è diventata argomento di vero dibattito nella Chiesa?
«C’è un’attenzione maggiore su tutti i risvolti e le difficoltà della vita familiare. È cresciuta senza dubbio l’analisi delle sfide pastorali per la Chiesa. E questo è un bene, insieme allo sforzo di mettere insieme verità e misericordia. A noi sembra che davvero c’è stato un grande coinvolgimento della base della Chiesa. Alla Segreteria generale del Sinodo sono arrivate risposte, osservazioni, contributi molto importanti che l’Instrumentum laboris ha riassunto».
- Il metodo è quello usato l’anno scorso?
«Sì. A noi sembra che le parole chiave siano tre e cioè ascoltare, accogliere e accompagnare. È un metodo che è forma e contenuto insieme. Intreccia e richiama elementi di analisi, esercizio di discernimento, prospettive di azioni secondo la concretezza del Vangelo alla prova della vita delle nostre famiglie».
- Metodo del Concilio?
«Esattamente. Il Concilio, che si chiuse cinquant’anni fa, ha insegnato a guardare al mondo con amore, ad accettare le sfide del mondo. Quella della famiglia è una di esse».
- Il Sinodo può essere un piccolo Concilio sulla famiglia?
«Il Sinodo procede sulla base dello stesso spirito di collegialità del Concilio. Lo ha detto il Papa chiudendo il Sinodo straordinario. Il Sinodo è un cammino da fare insieme e vale anche per questo tempo di mezzo. Ci sono attese e speranze, ma nessuno si nasconde le difficoltà e le preoccupazioni. Si potrebbe riassumere tutto con la frase “missione nella dialettica” con le realtà concrete e ciò non per ridurre la vocazione della famiglia, ma per trovare il modo migliore per saperla dire oggi».
- Quali sono i rischi?
«Di semplificare la realtà e di proporre una rassicurante linearità dei problemi. L’Instrumentum laboris a nostro avviso è riuscito a evitarlo, poiché tiene conto della complessità delle situazioni e della ricchezza della vita delle famiglie.»
- E il ruolo della Chiesa qual è?
«Procedere nella ricerca dell’essenziale e delle vie per consentirne l’emergere, essere aperta, disponibile all’incontro anche con chi appare più lontano dalla fede. Evitando ogni sbrigativo giudizio».
- È qui che entra in gioco la misericordia?
«Sì e il concetto è quello di accompagnare. L’Instrumentum laboris spiega che si deve acquisire verso tutti uno sguardo di comprensione. Invita a riflettere sul fatto che spesso situazioni di distanza nella vita ecclesiale non sono sempre volute, spesso sono indotte e a volte anche subite. La Chiesa che accompagna la famiglia deve guardare con lo sguardo di Cristo, avere la capacità di cogliere la diversità delle singole situazioni, con pazienza. Ma c’è il bisogno di trovare linee pastorali comuni per evitare confusione e arbitrio. E questo è proprio il compito del Sinodo».
- Come affronta le questioni più delicate?
«L’Instrumentum laboris non propone percorsi, né soluzioni definitive. Le questioni più delicate lasciate aperte dal Sinodo straordinario verranno affrontate nel Sinodo ordinario di ottobre. Si tratta soprattutto di tre questioni sulle quali anche in questo tempo di mezzo il dibattito non è mancato: lo snellimento delle procedure di nullità, l’integrazione nella comunità cristiana dei divorziati risposati civilmente e la possibilità della loro partecipazione alla comunione, l’attenzione pastorale verso le persone con tendenza omosessuale. Tuttavia indica un principio che non deve essere mai tralasciato e cioè che la Chiesa deve usare un linguaggio che susciti la speranza e ha il dovere di mostrare il volto di un Dio che non abbandona mai nessuno».