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domenica 10 novembre 2024
 
 

"Fare musica non è un passatempo, serve un aiuto dal governo"

08/05/2020  Intervista alla cantante lirica Sara Mingardo, che denuncia la difficile situazione degli artisti rimasti senza lavoro a causa della chiusura dei teatri. "Papa Francesco è fra i pochi che si è ricordato di noi".

Sara Mingardo durante un concerto a Lugo diretto da Rinaldo Alessandrini
Sara Mingardo durante un concerto a Lugo diretto da Rinaldo Alessandrini

L’ultima volta che Sara Mingardo ha messo piede su un palcoscenico è stato nel pomeriggio del  16 febbraio, al Teatro alla Scala, per l’ultima recita del Roméo et Juliette di Gounod. “Sono stata fortunata, perché almeno avevo completato tutte le recite”, racconta l’artista al telefono dalla sua casa di Mestre.

Da allora Sara Mingardo si è fermata, come tutti i suoi colleghi che lavorano del settore dello spettacolo, rimasti senza lavoro dopo la chiusura di teatri e sale da concerto a causa dell’epidemia da coronavirus. Artista di classe eccelsa, splendida voce da contralto, Sara Mingardo, 59 anni,  conserva a casa la prima locandina con il suo nome. “Era un concerto del 16 ottobre 1978 alla chiesa di Santa Rita, qui a Mestre”, ricorda. Poi ci fu l’ingresso nel Coro del Teatro La Fenice, primo passo di una carriera che l’ha portata ad esibirsi da solista nei principali teatri del mondo con direttori come Claudio Abbado, Riccardi Muti, Riccardo Chailly, Myung Whun-Chung, Jeffrey Tate e con i migliori specialisti del repertorio barocco.

Artista acclamata, ma in genere riservata, Sara Mingardo ha scritto una lettera a Repubblica per denunciare la condizione degli artisti, colpiti con particolare durezza dal blocco delle attività imposto dalla pandemia di coronavirus. “Nessun aiuto per noi. Davvero la musica classica è considerata da molti un passatempo?”, si è chiesta.

Sara, come ve la state passando voi musicisti?

“Premetto che ovviamente in questo momento in Italia non siamo gli unici messi male e che condividiamo la pena di tanti, però la nostra condizione di artisti è davvero particolare. Noi un lavoro lo abbiamo, ma se i teatri restano chiusi siamo costretti a restare a casa senza tutele”.

Lei che cosa ha fatto in questo periodo?
“Sono rimasta in casa a studiare, ascoltando gli amati Bach e Mahler, la musica rap che piace a mio figlio,  e dedicandomi a miei allievi del Conservatorio di Santa Cecilia, con lezioni in streaming. Sono ragazze e ragazzi bravissimi, splendidi artisti pronti per essere sfornati. Ma anche loro sono preoccupati. Mi dicono: ma se anche voi siete senza lavoro a noi chi ci ascolta”?

Come sono pagati i cantanti lirici?
“Noi siamo pagati a recita. Senza recite, non entrano soldi. Inoltre noi ci paghiamo in anticipo le camere di albergo o gli affitti degli appartamenti”.

Lei in questi due mesi ha dovuto rinunciare a molti spettacoli?

“Avevo in programma a Vienna la ripresa di un spettacolo di Aix en Provence, una particolare versione del Requiem di Mozart allestito da Romeo Castellucci; poi avrei dovuto cantare al teatro La Fenice nella Terza Sinfonia di Mahler diretta da Chung e c’erano un altro  paio di esibizioni in calendario. Ora ho ancora in piedi degli impegni a dicembre, però ormai gli spettacoli vengono via via cancellati, almeno fino a settembre si resterà fermi”.

Siete nell’incertezza totale, come fare?

“Io mi ritengo fortunata, ormai ho i capelli bianchi e una carriera continuativa con impegni già programmati nel 2021 e nel 2022, ma i miei colleghi più giovani a inizio carriera che cosa fanno? Come danno da mangiare ai loro figli? Bisogna tirar fuori dei soldi per questa gente. Mi ha colpito la storia di una persona, che nascondendosi  con la mascherina per la vergogna, raccontava di essere costretto a farsi dare da mangiare dalla Caritas”.

Il Governo vi ascolta?

“So che si stanno facendo cose e il ministro Franceschini si è fatto sentire con parole che mi sono  sembrate all’altezza della situazione. Progetti per aiutare i lavorarono dello spettacolo ci sono, però i buoni propositi non bastano se non si passa all’azione dando un concreto sostegno a chi ne ha bisogno. So che in Francia e in Germania i governi sono già intervenuti a sostegno degli artisti, qui da noi invece la macchina si inceppa e i soldi non arrivano. Ripeto, io mi ritengo  fortunata perché non sto lavorando da febbraio, ma ci sono colleghi che non stanno facendo recite da novembre. Loro come fanno ad andare avanti? Oltretutto sentiamo dire che in autunno potrebbe esserci un’altra ondata dell’epidemia. È il nostro terrore, perché vorrebbe dire almeno un’altro anno con i teatri chiusi”.

Oltre al governo chi potrebbe aiutare gli artisti?

“Purtroppo non vedo intorno un Lorenzo de Medici. I grandi nomi dell’imprenditoria preferiscono investire soldi nel calcio, nella Formula 1  o nel basket. Certo, alcuni di loro sostengono teatri importanti, ma forse sarebbe bello che qualcuno dedicasse una fondazione al sostegno dello spettacolo”.

Come lei scrive nella lettera a Repubblica,  qui in Italia la musica è considerata più un passatempo che un lavoro?

“La disattenzione verso la musica che c’è nel nostro paese viene da lontano. Pensi che quando mi iscrissi all’ufficio di collocamento, alla voce professione scrissero 1/2 soprano, proprio così, uno fratto due. Conservo ancora il foglio”.

Cominciamo bene. E la scuola almeno fa qualcosa?

“Ma no. Davvero pensiamo che i bambini delle elementari possano innamorarsi  della musica mettendogli in mano un flauto da 3 euro e 50  comprato al supermercato? Non ho nulla contro i flauti dolci, che fanno anche parte del mio repertorio, ma l’educazione musicale non può ridursi a questo”.

Vorrebbe più spazio per la musica classica in televisione?

“I concerti e le opere di solito sono ghettizzati su canali tematici, si potrebbe fare di più. Ho visto al telegiornale dei servizi sul concerto del Primo Maggio. Bello e giusto, ma quello stesso  giorno ho avuto l’onore e il privilegio di partecipare, insieme ad altri artisti,  a un concerto in streaming dell’Opera di Firenze, eppure  non ci sono stati neppure dieci secondi per parlare di questo evento. È un peccato, bisognerebbe dare spazio a tutta la musica, alle opere così come ai cantanti rap che ascolta mio figlio e che io apprezzo moltissimo”.

Lei propone: supplico gli artisti tutti di smettere di fare musica, forse così potremo renderci conto di cosa sarebbe questo mondo senza suoni. Una provocazione?

“Sì, forse la gente finalmente capirebbe. Quanti sanno che l’inno ufficiale dell’UEFA, suonato prima delle partite di Champions League, è una versione riveduta e corretta di un brano composto da Haendel? Tanta musica che ci piace e ci circonda risale al Seicento e al Settecento”.

In Francia Macron ha detto agli artisti: intanto vi aiutiamo economicamente, ma intanto pensate a forme alternative di spettacolo perché forse nulla tornerà come prima. Lei che cosa ne pensa?

“Credo che a un certo punto, magari entro un paio di anni,  trovato il vaccino, non avremo più paura del contagio e le cose torneranno come prima, come è già successo nella storia con altre epidemie.  Intanto, se ci fosse la garanzia di un sostegno economico almeno fino all’estate del 2021, gli artisti potrebbero avere il tempo e la serenità per organizzare altre forme di spettacoli, senza vedersi costretti ad andare a raccogliere o pomodori nei campi”.

In queste settimane papa Francesco ha chiesto almeno un paio di volte di pregare per gli artisti. È uno dei pochi che si ricorda di voi?

“Davvero, il papa è uno dei pochi che ha avuto parole per noi. Francesco ha ragione quando dice che gli artisti fanno capire che cosa è la bellezza. La bellezza arricchisce le menti, dove la bellezza non c’è, le menti si inaridiscono e le menti aride non producono”.

 
 
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