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venerdì 29 settembre 2023
 
 

Farmaci, fin dove serve sperimentare sugli animali

30/12/2013  Il caso di Caterina Simonsen rilancia il dilemma sulla sperimentazione medica su cavie. E divide tra favorevoli e contrari

Insulti, minacce, anche di peggio. «Meglio dieci topi vivi e tu morta da bambina». È veramente brutto quello che è successo dopo il primo messaggio di Caterina Simonsen su Facebook, che voleva solo difendere Telethon ed esprimere i suoi dubbi sul metodo Stamina. La violenza delle reazioni degli animalisti “estremisti” alle parole della 25enne studentessa di veterinaria, affetta da quattro malattie rare, rende bene l’idea di ciò che succede quando si sragiona invece di ragionare. 

La questione della sperimentazione animale è complicata. I ricercatori difendono queste pratiche, senza le quali, dicono, la medicina non avrebbe fatto i passi avanti che ha compiuto in questi anni. Molte persone sono guarite grazie alla sperimentazione animale e molte altre si salveranno in futuro. Già oggi non tutto è ammesso, usare animali per sperimentare nuovi farmaci significa dover rispettare norme molto chiare e rigide. Questo tipo di attenzione ha già portato a significativi risultati concreti, come il divieto di usare animali per testare i prodotti cosmetici.

Dall’altra parte, gli animalisti sostengono la sostanziale inutilità di questa ricerca, fondamentalmente perché le differenze tra uomo e animali non garantiscono che i risultati ottenuti sui secondi siano effettivamente applicabili al primo. Inoltre, se espresso in termini civili, il diritto degli animali a non subire sofferenze nell’interesse dell’uomo non è un tema da poco. Anche alcuni teologi esprimono qualche dubbio, il dibattito è aperto e, ci auguriamo, possa portare a soluzioni sempre più giuste, scientificamente ed eticamente.

Ma questo è il punto: discutere sì, porre paletti rigidi sì, investire di più per trovare metodi alternativi sì. Ma insultare e augurarsi la morte di chi la pensa diversamente no, mai. È difficile dare una risposta definitiva alla domanda “Sì o no alla sperimentazione animale”, e certamente servono delle competenze che noi non abbiamo. Ma una cosa definitiva si può e si deve dire: per risolvere il problema occorre ragionare tenendo conto di tutte le questiono aperte, non sparare a zero su chi osa avanzare dei dubbi.

È la stessa Caterina a scrivere così: «Mai offendere, mai augurare brutte cose, riflettere prima di scrivere, verificare l’attendibilità delle fonti ecc… Volevo sottolineare che io in primis mi auguro al più presto che ci siano modelli che sostituisco in toto la SA, che però oggi sono solo prototipi. E sicuramente 25 anni fa non esistevano neanche. Senza voler creare ulteriore polemica, vi invito tutti alla ragione e a non prendere posizione, che possa essere pro così come contro la sperimentazione animale (usiamo i termini giusti, fa parte dell’informazione, la vivisezione, termine che piace tanto, è illegale) per partito preso senza esservi informati prima»,

Ecco, questo è ciò che davvero pensa Caterina. Viene invece da chiedersi cosa penserebbe quello del «meglio dieci topi vivi e tu morta da bambina» se avesse un figlio nelle condizioni in cui era Caterina quando i medici scoprirono che era malata.

 
 
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