L’abbraccio del popolo portoghese è possente. La spianata di Fatima è gremita fno all’inverosimile, mentre la piccola statua della Madonna portata a spalla percorre lentamente tutta la piazza. Benedetto XVI la segue a bordo dellla “papamobile” tra due file di sacerdoti con le casule bianche.
Sono olre mille i preti, provienti da 33 nazioni del mondo. Il papa celebra la Messa dieci anni dopo la beatificazione di due dei tre pastorelli, dieci anni dopo la rilevazione del Terzo Segreto di Fatima, e 29 anni dopo l’attentato a Karol Wojtyla. Ma non cita alcun anniversario nella omelia delle messa.
Riprende il concetto che aveva espresso volanto in aereo da Roma martedì e cioè che il messaggio di Fatima riguarda le sofferenze della Chiesa in ogni tempo e richiede alla Chiesa e agli uomini prenitenza, preghiera e fiducia: “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”.
Ieri sera nella preghiera che ha pronunciato davanti alla Madonnina aveva ricordato l’attentato, ma aveva anche sottolineato che la pallattola che colpì Wojtyla adesso è il simbolo di tutte le sofferenze, i dolori, e le preoccupazioni della Chiesa. Insomma altre “pallottole” potranno colpire la Chiesa in futuro, sparate da dentro come da fuori. Ratzinger è venuto a Fatima con questa missione precisa: slegare la profezia di Fatima dall’attentato a Giovanni Paolo II. E allargare penitenza, conversione e fiducia nel Vangelo a tutte quelle situazioni per le quali occorre imparare di nuovo che l’amore di Dio non abbandona mai l’uomo.
Insomma la mano della Madonna di Fatima non è in grado solo di deviare un proiettile sparato contro un Papa, ma anche di alleviare le sofferenze di un’ umanità troppo gretta, intrecciata da egoismi di “nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo”.