La voce è un po’ spezzata, ma prevale la sicurezza di essere nel giusto. Parla Federica Angeli, giornalista di la Repubblica, intervistata davanti al tribunale di Roma: deve testimoniare come parte lesa nel processo per le intimidazioni ricevute da alcuni membri della famiglia Spada che domina la città di Ostia.
«Ci si sente più forti dentro un’aula di giustizia. Sono riuscita a portarli nel terreno della legalità. Ho pagato con la libertà personale, ma rifarei tutto», sono le sue parole, semplici e forti. La giornalista vive sotto scorta dal 17 luglio del 2013. Aveva svolto un’inchiesta sulla spartizione del litorale di Ostia da parte dei clan locali. E scoprì che la conduzione del più noto stabilimento balneare, “L’Orsa Maggiore”, era stata tolta ai gestori in carica e affidata a esponenti della famiglia Spada.
Così, il 23 maggio del 2013 Federica si presentò all’ingresso dello stabilimento, insieme a due collaboratori: «Avevamo la telecamera accesa, ma puntata in basso per non far capire che stessimo registrando… Chiesi di parlare con Armando Spada, mi risposero che lì non c’era nessuno con quel nome. Invece era uno degli uomini che mi stavano di fronte. Mi intimò di consegnare la cassetta, sennò mi avrebbe “sparato in testa”, così mi disse». Lo scontro finì quando i collaboratori affermarono che, per un errore tecnico, non avevano registrato niente. Ma il video era salvo e venne pubblicato su Repubblica, minacce comprese. «Da quando ho denunciato Armando Spada, mi fu assegnata la scorta; l’allora prefetto Giuseppe Pecoraro mi disse che la mia vita era a rischio perché mai, in 40 anni, nessuno aveva fatto una denuncia simile. Capii allora che la mia vita sarebbe stata stravolta». Una situazione da gestire anche con la famiglia. E così la giornalista racconta ancora: «Ai miei tre figli ho spiegato le ragioni di tante difficoltà. Al ristorante devo decidere quale posto scegliere. Non posso sedermi al bar con le amiche, perché subito arriva uno di loro per farmi capire che sanno dove sto. E siccome vivo a Ostia, non posso neanche uscire sul balcone. Davanti alla porta di casa ci sono i carabinieri, devo avvertirli quando esco o rientro».
Questa è la vita blindata di una giornalista che ha il coraggio di dichiarare: «Ho perso la libertà, ma rifarei tutto».