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venerdì 13 dicembre 2024
 
Allarme in rete
 

Fenomeno Blue Whale: come devono comportarsi i genitori

22/05/2017  Ha generato molto allarme la notizia che si stia diffondendo anche in Italia un gioco online proveniente dalla Russia e che avrebbe spinto al suicidio alcuni ragazzi. La riflessione dello psicoterapeuta Alberto Pellai sul giusto atteggiamento da tenere nei confronti di ciò che i nostri figli fanno nella dimensione online


La domanda più spesso fatta dai genitori nelle ultime settimane è: “Cosa ne pensa di Blue Whale, il gioco online che si dice abbia portato, soprattutto in Russia, molti ragazzi a commettere suicidio?”. La domanda si è fatta più intensa dopo che, anche in Italia, la cronaca ha associata alcuni episodi suicidari in ragazzi giovanissimi a questo preoccupante fenomeno online. Inoltre, un servizio delle Iene, dedicato a Blue Whale, che è stato molto condiviso anche sul web, ha seminato molta paura – direi panico - tra noi genitori. Molte mamme e papà si stanno domandando se i propri figli siano stati agganciati – o siano a rischio di aggancio - da parte di questa nuova e terribile moda che imperversa sul web – o almeno così si dice.
Ecco, io partirei da questa evidenza: “avere paura che tuo figlio stia facendo qualcosa di così grave, che dura per molto tempo (ufficialmente si dice che Blue Whale consista di 50 prove) senza che tu ne sappia nulla”. Questo per me è il vero problema. Molto più che Blue Whale.
Del resto per molti di noi la vita online dei figli è davvero avvolta nel mistero più totale. Ciò che sono, ciò che dicono, ciò che fanno lì dentro è coperto da segreto assoluto. “Hanno diritto alla loro privacy”: questa è la frase di molti genitori che – in nome della privacy da garantire ad un preadolescente - lasciano praticamente orfani i propri figli nella loro esistenza online.
 

Provate ad immaginare se vostro figlio preadolescente (immaginiamo un 12enne) vi dicesse un sabato sera: “Ciao Ma’, Ciao Papi, esco per un po’, vado in quel posto là, dove ci sono 400 persone con cui facciamo delle cose e poi torno a casa”. Ecco, provate un po’ a immaginare se subito non vi verrebbe naturale (prima di dargli il permesso) chiedergli:
- Di che posto stiamo parlando?
- Chi sono quei 400 che vai a incontrare?
- C’è qualche adulto con funzioni educative nei paraggi?
- Dimmi con precisione a che ora tornerai a casa?
Un social è quel luogo in cui i nostri figli entrano ed escono a piacimento, incontrano persone che non conosciamo (e che loro per primi spesso non conoscono), con cui fanno cose che sono estemporanee, spesso improvvisate e non fase-specifiche: per questo forse è necessario che, soprattutto i genitori dei preadolescenti, trovino un modo per continuare a fare i genitori anche nella vita online dei propri figli.

L’ansia da Blue Whale, che tra l’altro sembra essere una “fake news” ( diffusa guarda caso attraverso molti social differenti e inventata ad arte per generare quella sorta di interesse morboso e additivo che si alimenta in navigazioni progressive e ossessive dove con l’ansia di saperne di più si ottengono sempre più informazioni ansiogene e confusive) secondo me è una cartina tornasole dell’inconsapevolezza con cui lasciamo che i nostri figli vivano in una dimensione parallela, senza il nostro sostegno e accompagnamento, dove tutto – a questo punto – diventa possibile.
Non per niente si dice che il primo comando che questo gioco perverso dà ai propri potenziali utenti è quello di mantenere l’obbligo di non dire nulla a nessuno di ciò che succederà durante le attività proposte. Poi però pensateci bene: si dice che i ragazzi vengono obbligati a svegliarsi “ogni giorno alle 4. 20 del mattino, guardare i video horror, ascoltare la musica che il curatore del gioco manda loro, farsi un taglio sul corpo al giorno” etc etc.
Se questo è BlueWhale forse possiamo stare tranquilli. C’è che nella vita reale molte cose dei nostri figli non ci sfuggono, soprattutto quando sono così clamorose come svegliarsi sempre in piena notte e cambiare molte loro abitudini del tempo libero. E allora possiamo tranquillizzarci rispetto al pericolo immaginario e assai fittizio rappresentato da Blue Whale. Ma al tempo stesso vi invito a riflettere sulla motivazione che ha generato così tanta ansia e panico in noi genitori, di fronte a questa “probabile” Fake News. Forse davvero siamo spaventati da ciò che i nostri figli fanno e sono nella loro vita online. Ed essere genitori spaventati non è di alcun aiuto per sostenere la crescita di un figlio. Meglio diventare genitori consapevoli. Ovvero trovare un modo per stare al loro fianco, anche nella loro vita online, che non può diventare una “zona franca” dove tutto può succedere. Perché in tale caso tra qualche mese un’altra notizia stile “Blue Whale” ci troverà nuovamente in preda all’ansia e pieni di panico.

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