Un'immagine del film "Taxi Teheran" di Jafar Panahi.
Si comincia, quest'anno, con un film coraggioso, girato in clandestinità, un inno alla libertà di espressione. "Taxi Teheran" dell'iraniano Jafar Panahi inaugura, il 4 maggio, il Festival del cinema africano, d'Asia e Amerca latina, appuntamento milanese da venticinque anni.
Premiato al 65° Festival di Berlino, lo scorso febbraio, Panahi non ha potuto essere presente: a ritirare l'Orso d'oro, al posto suo, è salita sul palco sua nipote, una ragazzina, con le lacrime agli occhi. Per le sue critiche verso il regime di Teheran, nel 2010 Panahi è stato condannato a non uscire dall'Iran, a non rilasciare interviste, a non girare film. "Taxi Teheran" è stato girato dal regista stesso, in modo molto semplice e artigianale, piazzando una telecamera sul cruscotto di un taxi e mettendosi lui stesso alla guida. Dalle conversazioni con i passeggeri scaturisce un ritratto spontaneo, genuino della vita di una città con i suoi umori e le sue venature.
Il Festival del cinema africano, d'Asia e America latina è l'unico in italiano ad essere interamente dedicato agli sviluppi, alle espressioni cinematografiche e alle culture di quei continenti. Un'occasione preziosa per vedere pellicole che difficilmente raggiungono le nostre sale cinematografiche (al di fuori di questa rassegna), per conoscere Paesi lontani attraverso lo sguardo dei registi e documentaristi di quei Paesi stessi, senza il filtro europeo e occidentale, e per approfondire, attraverso il linguaggio del cinema, la complessità di certe realtà sociali e politiche.
Codiretto da Annamaria Gallone e Alessandra Speciale, fino al 10 maggio il Festival prevede un cartellone di 60 titoli divisi in sette sezione, selezionati tra più di 800 film visionati, che saranno proiettati in diverse sedi a Milano. Accanto alle sezioni competitive, la rassegna propone, per il terzo anno consecutivo, una sezione legata direttamente ai temi di Expo 2015: "Films that feed", i film che nutrono, con la presentazione di titoli dedicati alle sfide dell'alimentazione, della sostenibilità, della sicurezza alimentare, della biodiversità (nella foto in alto, il film "Buscando a Gastón" della peruviana Patricia Pérez).
Altro interessantissimo progetto di questa edizione: Africa Classics, ovvero sei capolavori del cinema africano restaurati dal World Cinema Project di Martin Scorsese, in collaborazione con il Museo delle culture (Mudec). Torna, inoltre, la sezione "Il razzismo è una brutta storia", dedicata a titoli che esplorano il tema della discriminazione razziale e delle migrazioni.
Come ogni anno, non mancano gli appuntamenti collaterali al programma cinematografico: le mostre presso il Festival center, gli aperitivi, i laboratori e la tradizionale ora del tè con la possibilità di incontrare i registi. Tutto il programma sul sito www.festivalcinemaafricano.org.