Può sembrare strano, a uno sguardo superficiale, che un festival dedicato alla convivenza si occupi del presente e del futuro del nostro pianeta. E invece è difficile immaginare un tema più azzeccato, attuale, stimolante del rapporto fra l'uomo e la sua casa, la terra.
Dopo un lungo viaggio iniziato nel 2006 e che ha attraversato quasi tutti i continenti, la decima edizione del festival Con-vivere ha deciso infatti di affrontare la questione in una dimensione globale, andando oltre i confini politici. Da qui il titolo dell’edizione 2015: Terra. Uno sguardo al mondo globale che si svolgerà a Carrara da venerdi 11 a domenica 13 settembre.
Oltre 70 gli appuntamenti e le iniziative previste fra conferenze, tavole rotonde, musica, film, cucina, spazio bambini e molto altro ancora. Tra questi circa 15 saranno gli incontri di parola, che ruoteranno attorno a tre percorsi principali: terra, pianeta, mondo. Vale la pena osservare, almeno di sfuggita, come il tema esprima non solo un'urgenza storica, ma si ponga anche in una linea di continuità con la riflessione sviluppata da Papa Francesco nell'enciclica Laudato si'.
Anticipiamo qui di seguito la traccia dell'intervento che il meteorologo Luca Lombroso terrà al festival sul tema Cambiamenti climatici: apocalypse now: partendo dai fenomeni estremi di questa estate la riflessione si amplia toccando problematiche tutt'altro che contingenti, che riguardano appunto il nostro rapporto con il pianeta.
Cambiamenti climatici: apocalypse now?
Sintesi preliminare dell’intervento di Luca Lombroso, meteorologo e divulgatore ambientale Festival Con-vivere (Carrara sabato 19 settembre 2015).
La “cartella clinica del pianeta Terra” continua a peggiorare. Nel 2012, quando scrissi Apocalypse now? Clima ambiente cataclismi possiamo salvare il mondo, ora edizioni Artestampa le concentrazioni di CO2 in atmosfera erano a 387 ppm, e già questo era un fatto straordinario nell’intera storia dell’umanità.
Oggi, l’anidride carbonica, o più correttamente biossido di carbonio, ha superato la soglia “psicologica” di 400 ppm. È questo un fatto unico e nuovo nell’intera evoluzione dell’homo sapiens, l’ultima volta che un ominide ha convissuto con un clima regolato da CO2 a 400 ppm fu circa due milioni e mezzo di anni fa ai tempi dell’Australopitecus Garhi. Il principale gas serra su cui agisce l’uomo a 400 ppm meritava titoli cubitali un po’ come quando lo spread sfonda 400, eppure la notizia è passata in sordina.
Nel mio libro parlai del 2012 “anno delle catastrofi”, poi ho provato a tenere traccia di altre alluvioni o disastri, a partire dall’uragano Sandy e le varie alluvioni a Genova, in Veneto, in Emilia Romagna, dove si sono pure scatenati tornado praticamente mai visti a memoria d’uomo e in Toscana, oltre che in altre regioni italiani e del mondo. A un certo punto ne ho perso traccia, e quasi le catastrofi non fanno più notizia nei media perché non sono più l’eccezione ma la norma.
Una amara “nuova normalità”, confermata dalla rovente estate 2015, con cui, è il caso di dire, dobbiamo e possiamo con-vivere con “resilienza”, ma anche lavorare per evitare che la situazione degeneri. Senza azioni, globali e locali, di limitazione dei gas serra il pianeta si riscalderà di altri 4-5°C, con conseguenze che non sto qui a elencare ma di cui parlo nelle mie conferenze, con i “5 gradi dell’apocalisse”. Abbiamo però un obiettivo, fermare il global warming entro 2°C di ulteriore riscaldamento da oggi al 2100. Per fare questo, dovremo non solo tagliare i gas serra ma addirittura da oggi al 2070 azzerarne l’emissione, o passare a “emissioni negative”, il che vuol dire cessare l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione, piantando viceversa a tappeto alberi e smettendo anche di cementificare il territorio.
Certo, non è facile conciliare i problemi ambientali con quelli dell’economia, ma ricordiamoci che è l’economia a essere un sottoinsieme, e a dipendere, dall’ambiente e dal clima e non viceversa. Il riscaldamento oltre i 2°C viene definito dagli scienziati e perfino dalla Banca Mondiale “incompatibile con la società globale interconnessa”, un modo soft per dire che si andrebbe verso il declino o perfino collasso della società moderna.
Che fare dunque? Non credo che sarà la COP 21 di Parigi, la prossima conferenza ONU sui Cambiamenti climatici a “salvare il mondo”. Il cambiamento necessario è una transizione verso una società post carbonio o perfino post combustione. Una transizione che passa per la riprogettazione delle nostre comunità che devono rendersi “resilienti”, resilienza è la parola chiave. Un concetto che va oltre sostenibilità, e che deve coinvolgere non solo gli aspetti scientifici ma anche quelli umani, sociali e relazionali.
Ogni soluzione deve coinvolgere tre aspetti, testa mani e cuore. Essere cioè basata su numeri e dati scientifici, essere realizzabile ma anche essere accettata dalla comunità. Una novità non di poco conto in questo panorama è l’enciclica Laudato Si' di Papa Francesco, che rileva come il Pontefice si è ben informato scientificamente ma anche come il cambiamento passa non solo dalla tecnologia ma anche dal cuore. Dunque, dobbiamo cambiare direzione, dobbiamo cercare una nuova strada, senz’altro possono aiutarci in questo le fonti rinnovabili, ma prima di tutto dobbiamo rinnovare il nostro modo di vivere e di con-vivere con gli altri e con la natura.