«Il volontariato molto spesso ha un ruolo strategico importantissimo, soprattutto in zone di guerra. I volontari sono portatori e costruttori di pace in ogni settore in cui operano». È un tema particolarmente caro all’onorevole Edoardo Patriarca, quello della pace, Presidente del Centro Nazionale del Volontariato, che ha fortemente voluto insieme alla Focsiv (Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontario) un dibattito sul binomio “Volontariato e Pace”, al Festival nazionale di Lucca.
Ha coordinato l’incontro Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che ha subito ricordato le parole di Papa Francesco: “Il pianeta stia vivendo una guerra mondiale a pezzi”. «Numerose sono le dichiarazioni del Papa», ha detto Tarquinio, «riguardo i mercanti internazionali di armi e le zone di guerra. Quanti riferimenti fa continuamente il pontefice a quegli scenari tragici di cui alcuni potenti non vorrebbero si parlasse». Ma nonostante questi continui richiami alla pace e alla sua indispensabilità, una piccola parte sociale e politica italiana, vittima di una mentalità miope sembrerebbe indulgente alle logiche dell’odio. «Dobbiamo resistere e opporci», continua Tarquinio, «alla mentalità di chi vorrebbe che combattessimo con la stessa logica dei signori della guerra, di coloro che ovunque nel mondo, seminano la cultura dell’odio e della vendetta».
Significativa la testimonianza di monsignor Joachim Ouedraogo, vescovo di Koudougou in Burkina Faso, impegnato in varie zone calde dell’Africa del Sahel: «La pace», ha detto il vescovo, «è un cammino, lungo, complesso e articolato. La pace la costruiamo noi tutti, tutti i giorni, con i nostri stili di vita che rigettano qualsiasi tipo di violenza anche la più piccola. Riguardo alla pace la responsabilità primaria è della politica dei governi e in secondo luogo, del mondo economico».
Il monsignore ha voluto smentire il vecchio proverbio “Se vuoi la Pace prepara la guerra”: «Non c’è niente di più falso. Se vuoi la pace costruisci ogni giorno la pace. Promuovendo la cultura della tolleranza, del rispetto e della diversità, lottando contro la povertà, ma soprattutto impegnandoci per un processo di globalizzazione della solidarietà e dell’amore. Il volontariato è già in cammino da tempo su queste direttive».
Anche l’onorevole Giulio Marcon, da sempre impegnato su questi temi, evidenzia l’importanza dell’impegno dell’uomo, per la pace, nel quotidiano: «Tutti possiamo contribuire in modo importante per costruire ogni giorno processi incisivi. Penso spesso all’invito che ci rivolgeva Alex Langer nel “non smettere mai di costruire ponti”; soprattutto nella vita di tutti i giorni. Penso al contributo determinante, durante la guerra jugoslava, dei giornalisti indipendenti che non hanno mai smesso di seminare speranza e possibilità di confronto in quelle terre, a differenza degli altri che, cedendo alle pressioni dei propri governi, erano portatori di una cultura nazionalista e belligerante».
Qualcosa si sta muovendo anche in ambito legislativo, grazie anche a un documento presentato dalla Focsiv (Federazione degli organismi di matrice cristiana) riguardante un progetto di legge sul servizio civile internazionale: «Il servizio civile deve essere considerato come una difesa non armata», aggiunge Marcon, «spero che possa diventare un percorso legislativo per dare più autonomia e poteri a chi opera in questo settore, togliendo paletti e vincoli che attualmente rendono più lenta e laboriosa l’azione di tante organizzazioni impegnate negli scenari di guerra».
Un documento molto pragmatico, è già stato proposto da tempo dal Centro dei Diritti Umani dell’Università di Padova, attraverso il professor Antonio Papisca, che ha evidenziato come l’attualità rappresenti un tempo propizio perché all’Onu si sta discutendo un testo sul “diritto alla Pace come concetto fondamentale dell’uomo”. «Con il nostro centro e la collaborazione di alcuni esponenti del Costa Rica (unica nazione priva di forza armate) abbiamo elaborato un documento a sostegno dell’iniziativa del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite, tesa a riconoscere la pace quale diritto umano fondamentale della persona e dei popoli».
Una proposta che è stata inviata a tutti i comuni, province e regioni italiane perché fosse condivisa e possibilmente sottoscritta, la risposta non si è fatta attendere. «Più di trecento comuni», continua Papisca, «hanno sottoscritto il documento votandolo all’unanimità, la stessa cosa è stata fatta da cinque consigli regionali d’Italia. Attendiamo altre adesioni con grande ottimismo. Se si riuscisse a livello internazionale (Onu) a far riconoscere, attraverso una legge ampiamente condivisa dagli Stati, che la pace è un diritto umano inalienabile, saremmo a una svolta epocale».
Ma i signori della guerra si sono fatti già “sentire”, per bloccare ogni iniziativa dei governi in linea con questa importantissima proposta di legge, che farebbe enormi danni alla grande “macchina della guerra”». Sergio Bassoli del Movimento per la Pace, che ha fatto proprio il documento, ha fatto emergere come negli scenari d’intervento il livello di preparazione dei volontari non può essere lasciato al caso: «Ci si può trovare a intervenire su diversi settori di necessità, oggi più che mai è importante la formazione del volontario, sia psicofisica che tecnica. Per far fronte a livelli di intervento diversificato non ci si può improvvisare».