«Le scelte di Fiat, ovviamente legittime e prese nell'autonomia e responsabilità degli azionisti e dei dirigenti, vanno viste da noi prima di tutto nella prospettiva della città e del suo territorio. Se è fondamentale che il gruppo continui a mantenere qui una base produttiva e occupazionale, è ugualmente importante che a Torino rimangano i centri di progettazione e di ricerca che hanno maturato, in oltre un secolo, una cultura dell'automotive di livello mondiale, e che costituiscono anche oggi un "patrimonio" di conoscenza, personale qualificato, aziende specializzate che non si può e non si deve disperdere»», commenta in una nota l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia.
«In questo senso», prosegue l'arcivescovo di Torino, «la costituzione di un gruppo mondiale rappresenta una sfida precisa al territorio torinese e alle sue istituzioni: è il momento di dimostrare che siamo in grado di creare le condizioni idonee per essere e rimanere "attrattivi" per tutto quanto riguarda il contesto in cui l'azienda deve lavorare: infrastrutture di trasporto, reti di comunicazione, capacità di offrire sistemi di accoglienza adeguati. Mi pare che oggi la "vocazione produttiva", oltre che nel mantenimento dei posti di lavoro diretti e indotti e nella ripresa delle produzioni in particolare sulle linee di Mirafiori, vada progettata e realizzata in un contesto più ampio di condizioni favorevoli che, io credo, la città di Torino e il suo territorio sono in grado di garantire».
Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino.
"Da oggi si scrive una nuova pagina della storia della Fiat intrecciata a quella di Torino e della sua Chiesa", afferma Luca Rolandi, direttore del settimanale diocesano, La Voce del popolo. "Alle spalle abbiamo decenni di dialogo e di contrasti, di lontananze e di assonanze: un itinerario
articolato di volti e personaggi. Dal cardinale Maurilio Fossati, dai cappellani di fabbrica e dallo sviluppo
impetuoso, ai preti operai e al cardinale Michele Pellegrino, ovvero a posizioni non prive di vene critiche, per arrivare al declino e al rilancio come company internazionale. Si chiude un'epoca e se ne apre una nuova. Una sfida, un'opportunità. Da non sciupare".