La Fiat va a gonfie vele in Brasile. Dopo un agguerrito testa a testa che a gennaio ha portato la Volkswagen in lievissimo vantaggio, già il mese scorso nel gigante sudamericano la casa torinese è tornata leader, come negli ultimi nove anni, con una partecipazione di mercato del 23,5%.
Merito della Nuova Uno, una compatta al cento per cento "made in Brazil" che con un picco di 120 mila unità è stata in assoluto la macchina più venduta. Ma vanno forte anche la Palio, rivista in chiave brasiliana come gran parte della gamma, e il pick-up Strada, best-seller di casa Fiat fra i veicoli commerciali leggeri, con cui l'azienda si è aggiudicata l'anno scorso il 51,4% del mercato. Tutti dati positivi, insomma, grazie anche all'accelerazione economica del Paese che, insieme alla Cina, è attualmente il più lanciato fra i cosiddetti emergenti: specie ora, in vista del Mundial 2014 e delle Olimpiadi del 2016.
A Betim 950 mila auto l'anno
Il problema è piuttosto star dietro alla domanda. Ed ecco come mai, a
differenza del piano di rilancio “Fabbrica Italia” che da noi non è
ancora reso noto, in Brasile si sa già perfettamente come verranno spesi
i 10 miliardi di Reais (circa 4,3 miliardi di euro) degli investimenti
Fiat fino al 2014. Anzi, i lavori sono già cominciati e servono ad
aumentare la produzione di molte aziende del gruppo, fra cui quelle
di Case New Holland che l’anno scorso ha realizzato qui le maggiori
quote di mercato al mondo.
Per quanto riguarda l'auto, nel principale stabilimento Fiat
Automóveis di Betim, un sobborgo di Belo Horizonte, la capacità
produttiva verrà portata da 800 a 950 mila veicoli l’anno, e intanto
nel promettente Nord Est è già partita la costruzione di un impianto
nuovo che in totale assorbirà un miliardo e mezzo di euro.
L'obiettivo è di arrivare a circa 1,4 milioni di automobili entro il
2015, quando il mercato brasiliano, a detta degli esperti, dovrebbe
raggiungere lo strabiliante volume complessivo di 4,5 milioni di unità
(3 milioni e 228mila le vendite dell’anno scorso).
Ma il motivo per correre è anche un altro: nel quarto mercato
automobilistico del mondo – Usa, Germania e Cina i primi tre nel 2010
– si sono già riversati tutti i produttori del pianeta, persino gli
indiani, e rimanere indietro nella produzione equivale a spianare loro
la strada.
Anche se vi opera, è raro che una multinazionale riesca a crearsi tanta popolarità in un Paese straniero. Eppure, a più di novemila chilometri dall'Italia, nell'Emisfero Sud, la Fiat è una potenza. Lo si capisce dalla grande quantità di auto che si riconoscono in circolazione e, meglio ancora, se si prova a interagire con qualche automobilista. A chiedere opinioni sulla Fiat (o meglio, sulla Fiàci, come si pronuncia in portoghese), male che vada si ottengono manifestazioni di simpatia. Ma è molto più facile, in realtà, sentirsi dire che le macchine della casa torinese sono le migliori.
Design altamente mirato, qualità e prezzi concorrenziali sono le carte vincenti. Ma anche una certa componente affettiva, in un Paese con trenta milioni di persone di discendenza italiana, non può non pesare. In più, gioca a favore della Fiat l'essere stata una delle prime case automobilistiche a scommettere nel colosso aldilà dell'Atlantico, oltre al fatto che il Minas Gerais, lo Stato dove sono concentrate le fabbriche del gruppo, ha conosciuto una prima industrializzazione nel 1971 con l'arrivo di Fiat Trattori (futura Case New Holland) a Contagem, e poi con l'auto a Betim cinque anni dopo. Tutto nei dintorni di Belo Horizonte, la capitale, che da 700 mila abitanti è oggi arrivata a tre milioni e mezzo.
"Avere gli stabilimenti principali nel raggio di 150 chilometri, ci facilita molto il lavoro", spiega Valentino Rizzioli, vice presidente esecutivo del gruppo per l'America Latina e presidente di CNH. Originario della provincia di Verona, Rizzioli è stato il primo dirigente della Fiat a trasferirsi in Sud America, a 26 anni ("A Torino, quando mi dissero che dovevamo fare una nuova fabbrica a Belo Horizonte risposi: dov'è Belo Horizonte?").
- Oltre all'auto e ai quattro marchi di Case New Holland, quali sono le altre produzioni Fiat Industrial e SpA in Brasile?
"In totale abbiamo 16 stabilimenti e otto centri di ricerca. A una novantina di chilometri da Betim c'è l'Iveco di Sete Lagoas, che esiste da dieci anni ma ha cominciato a funzionare appieno da cinque o sei. Poi abbiamo la componentistica: Magneti Marelli, Fiat Power Train per cambi, motori e trasmissioni, e Comau, che fornisce sistemi di automazione e manutenzione delle linee di montaggio per noi e per i concorrenti. Poi la fonderia, arrivata subito dopo l'auto: Teksid è a due chilometri da Betim e con 270mila tonnellate all'anno è di gran lunga il più grande produttore di ghisa della Fiat nel mondo. Infine, a Nuova Lima c'è una nostra sede con soli uffici, mentre in varie città abbiamo i servizi e le finanziarie che però qui, per obbligo di legge, sono banche".
- Anche gli altri fornitori sono a poca distanza?
"Sì, circa il 70 per cento dell'indotto, di cui buona parte italiana, è fra Betim e Contagem. Si tratta di aziende che per esempio da Trofarello, vicino Torino, hanno aperto anche in Brasile. E cercheremo di organizzare allo stesso modo per il nuovo stabilimento vicino Recife".
- In Pernambuco potete contare su una politica industriale di governo particolarmente vantaggiosa?
"Sostanzialmente in una riduzione di imposte, mentre i finanziamenti agevolati per i nuovi impianti sono comuni al resto del Paese. In Brasile funziona così: siccome i tassi di interesse solo altissimi, tra i più alti del mondo, per consentire una certa competitività nel settore produttivo, si usa una banca statale, la BNDES, Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale di Rio de Janeiro, che aiuta a realizzare progetti di innovazione e industrializzazione. E realmente è uno strumento molto importante per lo sviluppo economico del Paese perché funziona bene".
- Il primo Stato del Brasile per importanza economica è San Paolo: avete centri di produzione anche lì?
"Sì, a Sorocaba. C'è uno stabilimento per le macchine agricole e industriali che abbiamo inaugurato l'anno scorso. Poi Magneti Marelli, che lavora anche per la concorrenza, e FTP. Ma abbiamo fabbriche anche nel Paranà, mentre fuori dal Brasile siamo presenti in Venezuela, con l'Iveco, e in Argentina con diverse aziende. A Cordòba c'è il nostro secondo impianto di assemblaggio auto per l'America Latina, con una capacità produttiva di 220mila unità ancora non del tutto sfruttata: nel 2010 siamo arrivati a 96mila, quest'anno chiuderemo a 110mila cominciando da aprile a lavorare su due turni".
- Quanti sono i posti di lavoro all'interno del gruppo?
“In totale 38.500. Per l'auto, 2.800 a Córdoba e 25mila a Betim, di cui 17.800 dipendenti diretti".
- Quindi a Betim c'è circa il triplo del personale di Mirafiori?
"Non conosco nei dettagli la situazione italiana, comunque la fabbrica di Mirafiori è molto più automatizzata. In Brasile ottimizziamo perché la manodopera costa meno. A volte il costo dei macchinari può mandare fuori mercato, per cui non sempre conviene automatizzare: è necessario un equilibrio fra le due realtà".
- Quanto guadagnano gli operai?
"Fra specializzati e ordinari, la media è di 1.400 Reais (circa 600
euro al mese, n.d.a)".
- Oltre a produzione, magazzini e uffici, a Betim ci sono: una pista di
prova per i veicoli, un eliporto, quattro banche, mense e ristoranti –
dove ogni giorno vengono consumati 34 mila pasti – e persino un negozio
di gadget aziendali. Praticamente una città, con tanto di segnaletica
stradale. Qual è il totale della superficie?
"L’intero stabilimento copre un’area di 225 ettari. L'anno scorso
abbiamo anche creato un reparto per il riciclo dell'acqua e dei rifiuti
solidi che ha richiesto un grande investimento. In Brasile siamo una
delle aziende più premiate per la sostenibilità ambientale, già dal
1998. Anche se qui l'acqua non manca, il fatto che riusciamo a
riutilizzarla al 99% è importante contro l'inquinamento e, tramite la
riduzione di dispersioni, abbiamo dimezzato anche il consumo di
energia".
- Per i veicoli il risparmio su consumi ed emissioni è già garantito
dalla alimentazione a etanolo, derivato della canna da zucchero?
"Il 99% dei nostri veicoli va sia a benzina sia a etanolo grazie al
Sistema Flex, con un sensore della Marelli. Qui tutti utilizzano un mix
dei due carburanti, perché i prezzi dell'etanolo sono diversi da
regione a regione, a seconda delle produzioni e del periodo di raccolta.
E siccome consuma di più, quando costa oltre il 70% del prezzo della
benzina non conviene. Comunque il Governo ne sta incentivando l'uso
visto che è un prodotto pulito. Di auto elettriche, invece, non facciamo
ancora una produzione industriale, però a febbraio ne abbiamo
consegnata una alla nostra ambasciata a Brasilia, trasformata in isola
verde: Enel Green Power ha fornito l'impianto fotovoltaico, noi una
Palio Weekend "verde" in tutti i sensi, anche di colore".
- Invece la 500, grande assente nella gamma Fiat brasiliana, arriverà
presto anche in America Latina dopo il lancio appena avvenuto negli
Stati Uniti?
"Dovrebbe arrivare più o meno verso fine anno, sempre dallo
stabilimento di Toluca, in Messico. In catalogo c'è già, ma attualmente è
di nicchia perché fra trasporto, costo dell'Euro e il 35% di tasse
doganali, importandola dall'Italia il prezzo lievita intorno ai 26mila
euro. Fra Messico e Brasile c'è invece un rapporto di libero scambio".
- Quali sono gli ultimi modelli lanciati nel mercato brasiliano, a parte
la Nuova Uno?
"Alla fine del 2010 è uscita la Bravo, che per il Brasile è una
novità. Prima abbiamo fatto una nuova versione dell'Idea e una della
Punto. La Nuova Uno, sul mercato da maggio, è stata eletta "Macchina
dell'anno 2011", ha avuto un successo enorme. È di concezione
completamente nuova, pensata apposta per il pubblico brasiliano ma
rifinita nel design a Torino, perché lo stile italiano è sempre un
grande valore aggiunto".
- Quali altri fattori concorrono al successo della Fiat in Brasile?
"Quello che ci inorgoglisce di più è il premio qualità, perché il
successo della Fiat in Brasile è dato da prodotti giusti, adatti al
pubblico locale e soprattutto ai giovani. Poi da sempre contribuisce la
straordinaria integrazione culturale fra italiani e brasiliani, che
all'inizio ci ha facilitato le cose. E moltissime sono le nostre
iniziative per rafforzare questo legame, con investimenti in vari
settori sia per i dipendenti, che sentono molto l'appartenenza
all'azienda, sia all'esterno".
- Ad esempio?
"Internamente si va dall'assistenza sanitaria all'offerta
scolastica: in Brasile entrambe le istituzioni sono carenti, per cui
mettiamo a disposizione dei dipendenti e dei loro familiari tre centri
medici, che mediamente realizzano 300mila visite all'anno, e diamo loro
l'opportunità di studiare. Nel nostro Centro de Competencias, realizzato
con università fra cui il Politecnico di Torino, circa un quarto della
popolazione all'interno dell'azienda segue ogni anno corsi tecnici e di
scuola media superiore, volendo fino all'Università. Gli operai staccano
alle cinque del pomeriggio dalle linee di montaggio e mezz'ora dopo
vanno sui banchi di scuola. È un sacrificio per loro, non è facile,
eppure alcuni si sono laureati e ora sono dirigenti. Poi naturalmente ci
sono i programmi per i ragazzi, che coinvolgono 15mila figli di
dipendenti, mentre la Fondazione Torino, una scuola elementare, media e
superiore italo-brasiliana, è aperta a tutti. È stata fondata nel 1975
per i circa trecento espatriati che avevamo qui all'inizio
dell'attività, poi hanno voluto frequentarla anche i brasiliani. Oggi
abbiamo mille bambini, fra cui quattro dei miei nipoti, che studiano con
i programmi scolastici dei due Paesi".
- Con quali altre iniziative siete riusciti a fare breccia nel cuore dei
brasiliani?
"Organizziamo eventi automobilistici in ambito sportivo e
sponsorizziamo parecchie squadre, fra cui due di calcio in serie A: il
Palmeiras e l'America. E ora anche quella di nuoto del Minas Tenis Clube
in vista delle Olimpiadi. Ma siamo attivi un po' su tutti i fronti,
anche nell'arte. La Fiat ha dimostrato di credere nell'economia
brasiliana e come gruppo internazionale è al primo posto, presente
sempre dappertutto. Il nostro lemma è, non a caso, "C'è un po' di Fiat
nella vita di tutti i brasiliani".
È per il mercato dell'America Latina il nuovo impianto che Fiat Automóveis sta costruendo vicino Recife, nel Nord Est del Brasile. Le 200 mila auto in più che verranno prodotte nel comprensorio del porto di Suape – dove ha investito anche il gruppo Campari – serviranno a mantenere la buona salute dell'azienda, non solo brasiliana, facendo fronte alla crescente domanda interna.
Ma perché proprio lì quando il resto del gruppo è nel Minas Gerais? Intanto perché una presenza diretta in un territorio dove il mercato si sta sviluppando per la prima volta è comodo averla, anche se fra tre anni il costo della manodopera sarà salito. Poi perché, oltre a finanziamenti agevolati, nello Stato del Pernambuco gli incentivi allo sviluppo prevedono anche una riduzione di imposte. Ma il motivo principale è che il porto di Suape è vicino agli Stati Uniti e all'Europa, e ha una logistica avanzatissima. Per adesso l’intenzione è di aumentare solo l’import-export di componenti, ma quando lo stabilimento sarà a regime è probabile che sarà completata anche la fusione con Chrysler, dunque una maggiore agilità nel trasporto merci con il Nord America potrà tornare utile diversamente…
Normal
0
14
Nell'enorme favela a ridosso dello stabilimento Fiat, a Betim, il
numero di omicidi e reati connessi alla droga è molto diminuito negli ultimi
anni. L'azienda ha infatti stabilito qui, a Jardim Teresópolis, il quartier
generale di Árvore da Vida (Albero della Vita), un nome evocativo che riunisce
34 programmi di inclusione sociale: solo nel 2010 sono state 2.500 le persone – soprattutto bambini e ragazzi –
sottratte al potere dei trafficanti attraverso istruzione, formazione e
collocazione professionale.
Borse... di sicurezza
Alcuni hanno trovato impiego alla Fiat, altri sono
stati aiutati nell'avvio di microimprese artigianali come quella
femminile di
Coperárvore, dove si creano borse con avanzi di tessuti e cinture di
sicurezza
delle auto, vendute poi in tutto il Paese. Partito sei anni fa, Árvore
da Vida
è realizzato in collaborazione con la Fondazione AVSI, attiva in altre
otto
città del Brasile.