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Fidelio: e la donna salvò l'uomo

07/12/2014  Guida alla visione e all'ascolto dell'unica opera lirica di Beethoven, scelta da Baremboim per l'attesa prima della Scala. Un inno ai valori universali dell'amore, della fedeltà e della libertà. «Per la scenografia, abbiamo pensato ad un luogo di detenzione che sembra una fabbrica in disuso», dice la regista Deborah Warner.

Qui sopra: un momento delle prove del "Fidelio". In alto: una scena corale.
Qui sopra: un momento delle prove del "Fidelio". In alto: una scena corale.

Si dice Fidelio, ma si pronuncia Leonora. L’unica opera di Ludwig van Beethoven è stata scelta dal Teatro alla Scala di Milano per la tradizionale e sempre attesissima inaugurazione della Stagione 2014-2015: è un’opera che il pubblico milanese conosce e che i meno giovani ricordano nell’interpretazione da pelle d’oca di Leonard Bernstein in un allestimento viennese ospitato negli anni ’70.

Nel finale dell’opera risuonano i versi di Schiller “Chi ha conquistato una cara sposa si unisca al nostro giubilo” tratti dall’Inno alla Gioia che sarà musicato nella Nona sinfonia. Sono versi cari a Beethoven: uomo che aveva un’alta e quasi ingenua considerazione della morale e dei valori universali della fedeltà, dell’onestà e dell’uguaglianza. Ed è questa considerazione a spiegare la scelta del soggetto, tratto dal testo francese Léonore ou l’amour conjugal (Leonora, o l’amore coniugale), scritto da Jean-Nicolas Bouilly nel 1794, poco dopo la caduta di Robespierre, secondo la moda dei lavori letterari che mettevano in scena personaggi salvati all’ultimo istante da gravi pericoli.

Ma in Fidelio è un uomo, Florestano, ad essere salvato da una donna: la moglie Leonora, travestita da Fidelio. Beethoven non è stato un genio del teatro: non è un Mozart o un Puccini. Ma in Fidelio il respiro musicale è straordinario, universale, proprio come la fede di Beethoven nei valori morali: l’immenso Coro dei prigionieri, l’Aria di Leonora, il grandioso concertato finale che saluta la liberazione sono pagine immortali.

NASCITA DELL'OPERA. La gestazione dell’opera fu complessa: 3 versioni, rimaneggiamenti affidati a diversi librettisti, 4 ouverture, delle quali la più famosa ed imponente è la Leonora n. 3 che non sempre viene eseguita in teatro, essendo un pezzo sinfonico che contiene in sé dramma ed epilogo. Il grande direttore Furtwängler diceva: “Se si fa la n° 3 non è più necessario eseguire il resto dell’opera”.

L'ADDIO DI BARENBOIM. Alla Scala Daniel Barenboim concluderà con Fidelio i suoi 9 anni di direzione musicale. Ha scelto una versione che ricalca la terza ed ultima andata in scena, optando però per l’Ouverture Leonora n. 2 e dando retta a Furtwaengler: cosa che deluderà un poco il pubblico.

DONNE PROTAGONISTE. Ma Fidelio si pronuncia Leonora. E saranno donne le vere protagoniste di questa inaugurazione. Anja Kampe interpreterà la parte dell’ardimentosa eroina della vicenda. E’ lei che si introdurrà nella prigione di Don Pizzarro travestita da Fidelio, farà innamorare di sé l’ignara Marcellina, figlia del carceriere Rocco, e riuscirà ad evitare la morte al marito Florestano, ingiustamente detenuto. Anja Kampe è anche la sola del cast a parlare perfettamente italiano. La ragione? “ho studiato due anni all’Accademia della Scala. Qui mi sono perfezionata, e pur essendo arrivata con solide basi dalla Germania, qui ho completato la mia formazione. Devo ammettere che, oltre allo studio, sono venuta in Italia per amore. Certo, è la mia prima inaugurazione: potete immaginare cosa significa per una ex allieva che i grandi cantanti li vedeva solo dalla platea”.

LA REGISTA. Non è invece al debutto scaligero Deborah Warner, regista affermata, a volte discussa, proveniente dalla Royal Shakespeare Company e certamente di un talento e un istinto drammaturgico unici: “Ho già allestito Death in Venice (Morte a Venezia) di Britten alla Scala: ed allora sì che avevo paura. Perché io sono inglese, voi Venezia l’avete qui, in Italia, ne conoscete quella luce che io dovevo riprodurre in teatro. Ma non è il mio primo Fidelio: l’ho fatto a Glyndebourne, 10 anni fa diretto da Simon Rattle. Sono passati tanti anni e tante cose cambiano. Ma la protagonista è la stessa: Anja. La ricordo allora al provino di selezione. Mi colpì per la sicurezza. Pensai che le sarebbe passata. Ed invece no, è sempre sicurissima. Dissi: Leonora-Fidelio deve essere così! Una donna decisa, capace di salvare il suo amore”.

Ma che Fidelio vedremo? La Warner non nasconde certe debolezze della trama e del libretto. Ma riconosce anche la profondità del dramma: Fidelio è la ricerca della verità nel profondo delle tenebre. E’ un rovesciamento anche della storia d’amore. E’ la donna che scende nelle tenebre del carcere per ritrovare il marito, per scardinare la tirannia di Pizzarro”. Ci saranno riferimenti all’attualità, alla politica? “E’un’opera universale, contemporanea, attuale. Non servono”. E l’ambientazione? “Con la scenografa e costumista Chloe Obolensky abbiamo pensato ad un luogo di detenzione che sembra una fabbrica in disuso. Ho visto una foto sul New York Times e mi ha molto ispirato. Uno di quei luoghi di dolore che non sono nati come carceri, ma che lo sono diventati. Protagonisti di Fidelio sono uomini sofferenti: ed è questo che rende l’opera un dramma serio, profondo”. Un dramma che ha spinto la Warner a chiedere a Klaus Florian Vogt, il possente tenore che interpreta Florestano di mostrare col canto e la recitazione (molte sono le parti non cantate) la debolezza di un uomo provato da 2 anni prigionia.

COME SEGUIRE L'EVENTO. Ci riuscirà? Lo vedremo il 7 dicembre, Sant’Ambrogio, diretta radiofonica (Radio Rai 3) , televisiva (Rai 5) e nelle 200 sale dei circuiti cinematografici Microcinema alle 18.

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Scala, tutto è pronto per la prima con il Fidelio
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