Caro don Antonio, a sessantadue anni
mi chiedo: che evoluzione ha avuto la figura di genitore nel corso di questi
anni? Dal “padre padrone” si è delineata
la figura del “padre amico”. Ma
quante volte ciò è vero? Purtroppo, il
lavoro, la salute e i tanti problemi che ci affliggono,
non ci permettono di monitorare la situazione
familiare. Le cronache, anche recenti,
ci elencano fatti e misfatti sulla famiglia,
degni dei migliori “gialli”, dove ognuno è colpevole
e innocente al tempo stesso. A riguardo,
mi vengono in mente le parole di Gesù: «Chi è
senza peccato scagli la prima pietra».
Occorre, quindi, essere sempre guardinghi
e non abbassare mai la guardia, perseverando
in un’azione ricca di suggerimenti e di aneddoti.
Anche se sembrano cose d’altri tempi,
quando c’era ancora il focolare domestico,
quel braciere che ci vedeva riuniti tutti attorno:
padri, figli e nonni. Ognuno aveva tante
cose da dire, sotto forma di ricordi, racconti,
fantasticherie varie e pezzi di vita vissuta. Ho
avuto il piacere di apprezzarne gli effetti, che
scaturivano da cose dette in modo istintivo e
leggero allo stesso tempo. Ci si guardava dal
ricorrere a sproloqui e menzognere “balle”,
perché “c’erano i bambini”.
Quei bambini di allora siamo gli uomini di oggi. Il braciere è stato sostituito dalla televisione, dai giornali e dal computer. Allora, mi chiedo: che padre sono, dove mi pongo? Ricordo un aneddoto in cui, per dare il senso dell’“onore”, mio nonno raccontava di un incontro tra il fuoco, l’acqua e l’onore, che si ritrovano in una cantina, quasi il bar di adesso. Un bicchiere di vino “a giro” e poi il congedo. L’acqua invitò a rivedersi ancora e se l’avessero cercata, potevano trovarla dove crescevano le canne. Il fuoco fece lo stesso, indicando dove c’era il fumo. L’onore, invece, li invitò a bere un ultimo bicchiere perché, una volta congedatosi, non si sarebbe più rivisto. Ecco una parabola di quelle vere. Finirà che, anch’io, mi vedrò relegato in un angolo, quasi a patire le pene dell’ignavo. Come colui che non agisce, né nel bene né nel male. E non osa neppure avere un’idea propria, per adeguarsi alla volontà del più forte. Ma il nostro ruolo di padri ci vuole in prima linea. Ogni tanto, sarebbe bene interrogarci su come viviamo. Senza opprimere i nostri gli, che hanno bisogno di sentirsi più protetti e tutelati da noi genitori, per essere più sicuri di sé stessi. Dovremmo essere come la loro ombra, che li accompagna nella vita no a quando sapranno camminare da soli.
La tua riflessione, caro Pino, mi coinvolge
direttamente perché, da poco più di un
mese, è uscito un mio libro intitolato
Padri e figli, editore Il Saggiatore (mi
scuso per l’autocitazione), in cui affronto
questo tema oggi tanto dibattuto. Negli
ultimi anni, il padre ha brillato per assenza e latitanza,
dopo anni di invadenza e prepotenza nella
vita dei gli come “padre padrone”. Oggi si sente
il bisogno della figura paterna e se ne invoca
il ritorno.
Ma quale padre attendiamo?
Anche il “padre amico” dei figli, che si mette
sul loro stesso piano, non è privo di contraddizioni.
Spesso denota la difficoltà di tessere una relazione
vera, nel rispetto dei propri ruoli. I ragazzi
gli amici se li cercano tra quelli della stessa età.
Nel padre vogliono una guida autorevole e
non autoritaria, un testimone credibile e coerente
ai valori della vita che intende trasmettere.
Qualcuno che, con discrezione, li accompagni
nella crescita, permettendo loro di maturare idee
e comportamenti, che scaturiscono da un sincero
dialogo e confronto. Una crescita nella libertà e
nella responsabilità. Vogliono sì un genitore che
sia loro compagno e amico, ma gli ricordano anche
che lui è il padre.
Un ruolo “alla pari” spesso è
un rifugio, perché tanti papà di fronte alla difficoltà
di educare, nel dubbio si astengono, si
ritirano e abdicano alle loro responsabilità.
Nel libro Padri e gli mi rifaccio a diversi autori
che hanno trattato della figura paterna e della
società in cui ci si trova ad agire. Qui mi piace
riportare quanto papa Francesco ha detto in una
delle sue straordinarie catechesi sulla famiglia,
tratteggiando il ruolo del padre oggi. «Il padre che
sa correggere senza avvilire», ricorda Francesco, «è
lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi. I figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta
quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno
di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere,
ma ne hanno bisogno; il non trovarlo apre in
loro ferite difficili da rimarginare». Ma sul ruolo
del padre ci sarà modo di tornarci ancora.