La prima cosa da portare è l'acqua. Acqua pulita. Acqua da bere. Ed è paradossale che manchi l'acqua là dove l'acqua è stata tanta. Eccessiva. Fino alla brutalità. Eppure accade proprio questo: la rete di distribuzione idrica è tra le prime a saltare o a essere contaminata da fango e detriti. Con il passare dei giorni si precisano i contorni della tragedia che ha colpito le Filippine, l'8 novembre. Al di là del pesantissimo bilancio di vittime (almeno 10 mila i morti) si aggiunge quello degli sfollati e quello dei danni. John Ging, dell'Ocha, l'ufficio dell'Onu chiamato a coordinare gli interventi umanitari soprattutto nelle primissime fasi dell'emergenza, calcola che siano a vario titolo coinvolte 9,8 milioni di persone.
«Siamo rimasti isolati per giorni, in cerca di pane e acqua», afferma una volontaria dell'Organizzazione non governativa italiana Avsi, che
era sul posto. «Il tifone è arrivato prima del tempo -
racconta suor Margherita, che opera da più di 20 anni nella
zona di Calabanga, raggiunta al telefono dalla
organizzazione - doveva abbattersi sulle coste della
provincia di Summar alle 9 del mattino ed è arrivato alle 4.
A quel punto non si è saputo più nulla: le comunicazioni
sono state interrotte fino a lunedì e 41 province sono
rimaste totalmente isolate, raggiungibili solo con mezzi
della protezione civile».
Chi si trova nel luogo colpito si procura a fatica acqua e cibo. L'odore nelle strade è
stato ed è in parte tuttora insopportabile. Il blackout delle comunicazioni ha a lungo complicato la
ricerca degli scomparsi, nonostante un servizio organizzato
sui social network dal Governo filippino. È il caso di una
intera famiglia di pescatori, residenti in una zona colpita
dal tifone e di cui si sono perse le tracce: erano stati
evacuati giovedì scorso e solo il fratello, un uomo di 50
anni, e la mamma erano rimasti a casa. «Se devo morire,
voglio morire a casa mia» aveva ribadito convinta. Nel primo
pomeriggio di giovedì, il suo ultimo messaggio: «Non abbiamo
più una casa, il mare ha portato via tutto, vado a scuola
dove ci sono le persone evacuate». L'Avsi, come tante altre organizzazioni, ha lanciato una
raccolta fondi per sostenere le vittime del tifone.
E sia pur con fatica, rallentati dalle difficoltà nel raggiungere i
luoghi colpiti e dal maltempo che, con minore
intensità, ovviamente, interessa ancora le Filippine, gli aiuti
internazionali per le vittime del tifone Haiyan iniziano ad
arrivare. Oltre a singoli Paesi, alle comunità della diaspora attivatesi subito, anche in Italia, alle comunità ecclesiali e alle istituzioni come l'Unione europea, sono attive sul campo anche le grandi agenzie internazionali che fanno capo al complesso sistema delle Nazioni Unite, dall'Oms (l'Organizzazione mondiale della sanità) al World Food
Programme (Programma alimentare mondiale), stanno dando supporto, e persino Google è
intervenuta mettendo a disposizione un motore di ricerca per
trovare i dispersi.
L'Oms ha inviato in queste ore quattro
kit di emergenza con il materiale per curare 120mila persone
ed effettuare 400 interventi chirurgici, e a questa risposta
immediata farà seguito anche l'invio di esperti e altro
materiale. «Stiamo lavorando a stretto contatto con il
governo locale per capire quali sono i bisogni primari -
spiega Julie Hall, rappresentante dell'Oms per le Filippine,
in un comunicato -. Abbiamo già un team a Bohol e ne stiamo
mandando a Cebi e Tacloban. Inoltre stanno arrivando più di
due dozzine di esperti e i kit di emergenza per la risposta
iniziale».
Anche il World Food Programme (Wfp) si è già
mobilitato. «La sfida principale in questo momento è
rappresentata dalla logistica - spiega Praveen Agrawal,
rappresentante per le Filippine -. Le strade sono interrotte
e gli aeroporti distrutti». Dall'agenzia stanno arrivando 44
tonnellate di biscotti ad alto contenuto energetico, oltre a
materiale logistico per il ripristino delle comunicazione a
Taclobnan e Cebu, le città più colpite. L'agenzia ha già
attivato con l'Unicef un numero per le donazioni, mentre
l'Oms lancerà una campagna ufficiale in questo senso nei
prossimi giorni con l'Onu.
A soccorritori e aiuti che
iniziano ad arrivare in massa nelle Filippine per
fronteggiare l'emergenza umanitaria si uniscono anche le
forze di Google nelle ricerche dei dispersi. Come già
successo in occasione di disastri naturali, dal sisma di
Haiti allo tsunami in Giappone, Google ha attivato un motore
di ricerca accessibile a tutti coloro che hanno o che
cercano notizie su persone scomparse e una mappa aggiornata
con la segnalazione di rifugi e centri di comando.
Collegandosi a
ww.google.org/crisisresponse/2013-yolanda.html è possibile
digitare il nome della persona da cercare oppure inserire
informazioni su qualcuno. Lo strumento è disponibile anche
sui telefoni cellulari.