Cristina Boracchi
«Il dialogo è la vera rivoluzione culturale», ha insegnato per anni Zygmunt Bauman. Se il sociologo della “modernità liquida” non fosse scomparso lo scorso gennaio, sarebbe intervenuto a “Filosofarti”, il festival della filosofia e dell’arte che comincia sabato 18 febbraio. Fino al 5 marzo, a Gallarate, Busto Arsizio, Castellanza, Cardano al Campo e Besnate, si alterneranno esperienze di teatro, cinema, musica e danza, scrittura e arti figurative, vissute come veicolo di riflessione e di pensiero, di comunicazione aperta e rispettosa delle diversità ideologiche.
In provincia di Varese arriveranno nomi importanti della cultura italiana: da Massimo Cacciari a Luca Mercalli, da Roberto Escobar a Carlo Sini, da Umberto Galimberti a Vito Mancuso. Alle conferenze si aggiungono concerti, mostre d’arte, cineforum e rappresentazioni teatrali.
Quest’anno il titolo è “Pandora, nuovi vizi, nuovi virtù”. Spiegano gli organizzatori: «Partendo dal mito greco del vaso contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo dopo la sua apertura, la riflessione intende fondare un lessico della speranza che rappresenti i valori e le virtù dell’oggi». Sono le parole dell’etica di Bauman: «Onestà, trasparenza, rispetto, condivisione, solidarietà e accoglienza, fede e amore, in una lettura critica e polimorfa della società nella quale. Agli ospiti chiederemo cosa vuol dire essere virtuosi in campi culturali diversi». Profughi, ecologia, dialogo tra le religioni, sullo sfondo del ricco calendario.
L’edizione del 2017 (particolarmente importante il sostegno della Regione Lombardia e della Fondazione del Varesotto) è la XIII^, ma nasce da molto lontano, in forte connessione con il Teatro delle Arti. Racconta Cristina Boracchi, anima del festival e preside del liceo Crespi di Busto Arsizio: «Tutto è legato all’insegnamento di don Alberto Dell’Orto, arrivato nel 1964 a Gallarate, dove tuttora risiede. Il festival nasce dalla comunità di base che nel 1976 si riuniva al Centro della Gioventù, l’oratorio, dove il sacerdote proponeva una lettura integrale dell’umanesimo cristiano e integrale, sempre aperto alla riflessione, al contradditorio e al dialogo con tutti i punti di vista. Insomma, quell’agorà del pensiero che proviamo a riproporre con il Festival». Al Teatro delle Arti, invitato da don Alberto, venne più volte Dario Fo, mettendo in scena “Lu santo jullare Francesco” e addirittura “Mistero buffo”. Non mancarono le critiche, ma fermo fu il sostegno di Carlo Maria Martini: il cardinale e la sua Cattedra dei non credenti è un altro dei riferimenti di Filosofarti.
Spiega Boracchi: «Ora i ragazzi di don Dell’Orto sono cresciuti – lei è una di questi – e svolgono volontariato culturale restituendo alla comunità ciò che hanno ricevuto, occupandosi tra l’altro della programmazione del festival». Ci tiene a precisare che «non è un semplice contenitore di conferenze, ma il punto di arrivo, dopo undici mesi, della concertazione sul tema scelto con gli enti culturali del territorio».
Alla preside ricordiamo un’obiezione spesso rivolta all’istruzione italiana: troppa attenta alle materie umanistiche, poco a quelle scientifiche rispetto alle scuole europee. «Il punto – ribatte – è superare la contrapposizione: le scienze della natura e dello spirito condividono una razionalità unica. Occorre pensare la tecnologia non come pura applicazione, ma le va dato pensiero e metodo umanista, valorizzando la dimensione culturale della tecnica».
Ma la filosofia – chiediamo alla preside Boracchi – è ancora “una questione da ragazzi”? Ha le idee chiare: «Certo, pensando non alla filosofia degli “addetti ai lavori”, non la tecnica applicata ai pensieri eruditi, ma alla filosofia intesa come esperienza di vita riflettuta e consapevole. L’arte del vivere insieme: di questo tutti abbiamo bisogno, educare al pensiero e all’argomentazione è un dovere di cittadinanza che crea teste ben fatte, pensatori che possono collocarsi nella contemporaneità con consapevolezza, al di là delle retoriche e delle ideologie».
Per questo Filosofarti coinvolge fasce d’età diverse, dagli anziani con il Caffè filosofico ai bambini delle elementari secondo l’esperienza delle Philosophy for Children. «Tutti devono imparare a porsi domande – conclude la preside – i bambini sperimentano fin da piccoli la curiosità e la meraviglia, ovvero la base per la filosofia. Anche i più piccoli saranno posti di fronte alla domande dell’alterità, per esempio con uno spettacolo in cui tra gli attori ci sono portatori di handicap».