È una vera e propria calamità, che distrugge le famiglie e spezza il tessuto sociale. Le vittime si contano in centinaia di migliaia: 700 mila secondo l'Istat, più di un milione secondo altre stime fornite dalle associazioni.
Chiamarla emergenza sociale sembrerebbe appropriato, ma da più parti si finge di non capire. Certo è che il fenomeno della dipendenza da gioco d'azzardo, in Italia, ha assunto dimensioni talmente rilevanti che non può più essere ignorato.
Risale a poco più di 2 settimane fa l'ultima iniziativa in ordine di tempo: a Civitanova Marche, per iniziativa di Auser e Ama di Macerata (Associazione di auto mutuo aiuto) è sorto un nuovo gruppo di auto mutuo aiuto, che si riunisce a cadenza settimanale: i dati erano sempre più allarmanti, così come il numero di pazienti in cura al Sert per combattere la dipendenza patologica. Era necessario intervenire immediatamente.
"È prioritario tutelare in
particolar modo i soggetti più deboli – come gli anziani e gli
adolescenti – attraverso l'introduzione di una rigorosa disciplina
sulla pubblicità e sulla conoscenza dell'alea connessa al singolo
gioco".
Con queste parole, in calce alla Relazione annuale 2012 del Dipartimento delle politiche antidroga, il ministro per la Cooperazione Internazionale e
l'Integrazione con delega alle Politiche sociali Andrea Riccardi ha voluto dar conto dell'impegno del Governo per combattere le dipendenze vecchie e nuove, con particolare riferimento alla dipendenza da gioco d'azzardo, a fronte dell'ormai cronica penuria di risorse a disposizione.
Senza voler dubitare delle buone intenzioni del ministro, sul quale ovviamente non può essere addossata la responsabilità di una situazione aggravatasi di anno in anno, a oggi appare evidente l'assenza di un disegno complessivo da parte delle istituzioni e, soprattutto, la colpevole sottovalutazione del fenomeno negli anni passati da parte di uno Stato preoccupato innanzitutto di far cassa.
Il volume del fatturato annuo del gioco d'azzardo in Italia è in continuo aumento: se nel 2011 il ricavo complessivo ammonta a 80 miliardi di euro, solo nei primi 10 mesi del 2012 i Monopoli di Stato hanno stimato una cifra intorno agli 87 miliardi.
In misura direttamente proporzionale, crescono i costi sociali: se nel 2004 lo Stato tratteneva il 21 per cento dei ricavi, nel 2012 si è scesi a una percentuale inferiore al 10 per cento. In sostanza all'aumento dei ricavi non corrisponde un aumento degli introiti per le esangui casse dello Stato.
Mentre aumenta sempre più il payout, ossia la cifra pagata per le vincite, in una misura pari al 77 per cento nel 2011, crescono i ricavi da parte dei gestori e la tassazione sui nuovi giochi è stata significativamente ridotta. Basti pensare che i giochi più vecchi sono soggetti a una tassazione che va dal 27 al 47 per cento, mentre le videolottery e i giochi on line oscillano tra lo 0,6 e il 3 per cento.
Un altro aspetto strettamente connesso al dilagare delle dipendenze da gioco compulsivo, è il ruolo delle organizzazioni malavitose, che nell'apertura di ricevitorie, sale da scommesse e luoghi adibiti al gioco in genere hanno trovato una nuova e reddittizia via per "pulire" ingenti somme di denaro sporco. Senza contare poi il numero di persone (sulle quali stime precise sono molto difficili) che, per far fronte ai debiti di gioco, sono cadute nel gorgo di strozzini e usurai, anch'essi spesso e volentieri legati alla criminalità organizzata.
Queste sono solo alcune delle problematiche emerse a Roma durante il seminario nazionale "Un'alleanza per regolamentare il gioco d'azzardo", un incontro promosso tra gli altri da Cnca, Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d'azzardo), Libera, Arci, Avviso pubblico e Auser.
Sono le stesse associazioni che hanno dato vita a una significativa campagna, battezzata "Mettiamoci in gioco". Come dire che il tempo delle chiacchiere è giunto al termine.
"Il gioco d'azzardo patologico è un fenomeno intergenerazionale, particolarmente diffuso nelle fasce più deboli della popolazione anche se di natura interclassista", afferma Gianni Bottalico, presidente Acli. "Sono necessarie iniziative urgenti come una moratoria che vieti l'introduzione di nuovi giochi, regolamentare e impedire la pubblicità ingannevole, nonché stanziare risorse per la cura del gioco patologico, in una percentuale che potrebbe essere pari all'1 per cento del fatturato complessivo del gioco per curare i danni che esso provoca".
Il problema del reperimento delle risorse necessarie è come sempre di difficile soluzione. A tal proposito, Paolo Morello della Fict (Federazione delle comunità terapeutiche) ha ricordato che le ludopatie sono state inserite nel Lea ma non sono state finanziate, quindi le cure sono a carico delle strutture e delle famiglie: "I ricavi dei giochi sono inferiori ai costi sociali ed è scandaloso che si continuino a fare campagne pubblicitarie".
Fortemente dibattuto e apertamente criticato è stato poi il nuovo Osservatorio nazionale sui rischi del gioco d'azzardo, organismo voluto dai Monopoli di Stato in accordo con il Dipartimento delle politiche antidroga del ministero della Cooperazione internazionale e dell'Integrazione. Mentre balza agli occhi la contraddizione in termini per cui controllore e controllato coincidono, la stessa composizione dell'organismo è quanto meno discutibile visto che non vi partecipano membri delle tante associazioni che, in concreto sul territorio, provano ad arginare questa piaga.
Famigliacristiana.it ha intervistato la dottoressa Nelli Mazzoni, psicologa e co-fondatrice del progetto NoGame - Intervento contro il gioco patologico, che ha preso il via lo scorso marzo. NoGame è il primo centro d'ascolto, orientamento e informazione in Liguria e tra i primi in Italia espressamente dedicato al problema del gioco d'azzardo compulsivo.
Non è certo un caso che il progetto NoGame sia nato proprio a Finale Ligure, dal momento che la Provincia di Savona risulta la seconda area in Italia dove si spende di più per il gioco.
Lo sportello NoGame è frutto della collaborazione tra la dottoressa Mazzoni, la dottoressa Silvia Caliente e l'esperta in comunicazione Paola Maritan, tutte membre dell’Associazione S.p.i.a. - Sentieri di psicologia integrata e applicata, il Distretto socio-sanitario, la cooperativa sociale Finale Salute che ha messo a disposizione la sede, l'Asl 2 e l'Università, con la quale è stato stipulato una convenzione per avere stagisti dalla Facoltà di Scienze della Formazione.
Dottoressa Mazzoni, perché nel Savonese il problema è talmente diffuso?
"Le spiegazioni sono molteplici. Sul territorio c'è un'evidente proliferazione di sale scommesse, ricevitorie ed esercizi commerciali con slot machine. Basti pensare che a Finale Ligure, in una passeggiata di circa 1500 metri, sono sorte ben tre sale scommesse di grandi dimensioni. Senza contare i bar che vendono i "gratta&vinci".
"Un altro elemento da tenere ben presente è l'avere a disposizione molto tempo libero: sul nostro territorio ci sono molti lavoratori stagionali, pensionati e anziani in genere. Per esempio la Caritas ci ha segnalato il caso di una coppia di anziani, che in teoria avrebbe avuto a disposizione una pensione dignitosa, ma che invece aveva chiesto aiuto economico. Si è scoperto poi che la coppia spendeva ingenti somme in "gratta&vinci" al punto da prosciugare ogni mese la pensione!".
"Inoltre l'osservazione diretta è un'altra componente essenziale nel nostro lavoro. Per esempio abbiamo assistito a un nonno che regalava al nipotino un "gratta&vinci", come se fosse un premio o un gioco. È un gesto di una gravità estrema, perché così il minore acquisisce familiarità con qualcosa da cui invece dovrebbe essere tenuto alla larga. Questi sono solo due esempi fra tanti".
Nel primo mese di attività, quante richieste d'aiuto sono arrivate a NoGame?
"Magari avessimo ricevuto domande d’aiuto! Per ora non ci sono state visite di persona, ma solo telefonate. Hanno telefonato le madri allarmate di figli 20, 30 e 40enni. Generalmente sono i familiari a prendere contatto, infatti noi calcoliamo che per ogni vittima del gioco compulsivo siano coinvolte almeno altre 5 persone, nel nucleo familiare e nella più stretta cerchia di relazione sociale".
"Chi sta a contatto con una vittima del gioco d'azzardo compulsivo spesso è risucchiato in un clima di tensioni, menzogne e violenze crescenti, cosa particolarmente grave nei casi in cui sono coinvolti dei minori".
Che genere di domande vi sono state rivolte?
"La domanda ricorrente riguardava come comportarsi in famiglia con i soldi. Se era il caso di controllarli, trattenerli o meno. La nostra risposta è sempre stata categorica: assolutamente sì, non solo è consigliabile ma è necessario. In casi estremi si dovrebbe ricorrere a un amministratore che gestisca i beni, anche in via temporanea, una possibilità che prima veniva utilizzata con le persone affette da malattia mentale e di cui le famiglie non sono a conoscenza".
Qual è il percorso terapueutico per liberarsi dalla dipendenza?
Innanzitutto voglio sottolineare quanto la dicitura 'ludopatia' sia inadeguata, è generica e diluisce la gravità del problema. Si può configurare come ludopatia anche un atteggiamento morboso e ossessivo verso i videogame, deprecabile senz'altro e da tenere sotto controllo, ma che non include il gioco d'azzardo patologico".
"Il primo passo per liberarsi dalla dipendenza, poi, è riconoscere di essere affetti da una malattia. Non è solo un vizio ed è sbagliato considerarlo tale. Come per tutte le altre dipendenze, inoltre, non si può parlare di una vera e propria possibilità di guarigione, ma si può imparare solo a tenere sotto controllo il problema: l'unica strada per farlo è l'astinenza".
"Il desiderio di giocare resterà sempre presente, è come un fratello gemello che ci si porta sempre dietro e che ci chiede di giocare, ma al quale bisogna imparare a non prestare ascolto. Noi ripetiamo sempre che si gioca da soli, ma si affronta il problema in gruppo".
Si riferisce ai gruppi di auto mutuo aiuto?
"Sì, i gruppi di auto mutuo aiuto sono la strada da seguire. Quando sul territorio si crea una nuova iniziativa, come nel nostro caso, si crea una sorta di aspettativa per ottenere risposte definitive e risolutrici. Le vittime del gioco d'azzardo compulsivo sperano nella bacchetta magica, sono tentate di abbandonare un terapeuta per rivolgersi a uno nuovo. Ma la cosa più importante è mantenere la rete, non disgregarla. Ce la si può fare solo insieme".
Cosa pensa della politiche seguite finora in materia di gioco d'azzardo patologico?
"Bisogna prendere atto che la diffusione su scala nazionale del gioco d'azzardo compulsivo è una vera e propria emergenza che lede alla base la stessa vita sociale e nega a molte persone la possibilità di un'esistenza sana che guardi con ottimismo al futuro. Distrugge le famiglie, di questo si tratta quando si parla di gioco d'azzardo compulsivo".
Quali dunque le possibili soluzioni?
"Finora il sistema ha incentivato lo sfascio anziché promuovere la bonifica. Il 'gioco sociale' è sempre esistito, ma ora è prevalente un gioco di tipo solitario, che non è facile da intercettare e sul quale è molto difficile intervenire. Basti pensare al gioco on line. Quanto alle soluzioni concrete, vedo una macchina burocratica di per sé lenta, che non riesce a incidere su nulla. Per esempio in Liguria una legge regionale ha introdotto il concetto di distanza minima di sale da gioco e scommesse da luoghi sensibili come scuole e oratori. Ma la potestà amministrativa degli Enti locali non può nulla rispetto a quella dello Stato".
Si dovrebbe fare più informazione mirata?
"L'attività informativa è senz'altro necessaria ma rappresenta solo un aspetto del problema che non può prescindere dalla prevenzione diretta sul territorio e dal rafforzamento di una rete territoriale di sostegno. Faccio un esempio: si può fare tutta l'informazione che si vuole, ideare nuove pubblicità progresso e via dicendo, ma se poi lo Stato concede agevolazioni fiscali asgli esercizi che mettono le slot machine, con un aumento direttamente proporzionale delle vittime?".