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martedì 18 marzo 2025
 
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Non grandi raduni, ma autentico spirito evangelico

14/03/2015  Parla monsignor Rino Fisichella, al quale papa Francesco ha affidato l'organizzazione del Giubileo straordinario. L'idea è nata ad agosto del 2014. Sarà un'opportunità per recuperare la dimensione spirituale vissuta nelle Chiese locali e nelle parrocchie (foto Reuters).

Il Papa ha affidato a lui l’Anno santo della misericordia. Monsignor Rino Fisichella presiede il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione e dovrà sovrintendere all’organizzazione dell’Anno giubilare che si apre l’8 dicembre nel ricordo dei 50 anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II.

Eccellenza, quando è venuta al papa questa idea?
«Le posso dire che me ne ha parlato la prima volta il 29 agosto dell’anno scorso».

E lei cosa pensò?
«Non mi sono affatto stupito, perché subito all’inizio del pontificati due anni fa avevo detto che l’architrave della fede di Bergoglio era la misericordia. Ne ha fatto l’architrave e il programma anche del pontificato. Dopo due anni tutto ciò diventa solo più visibile».

Cos’è la misericordia?
«L’essenza del Vangelo e non un metodo pastorale. L’atteggiamento pastorale può richiedere aggiustamenti o perfino compromessi, strutture da costruire e modificare. La misericordia è il contenuto del Vangelo, la sostanza del Vangelo. Sulla misericordia non si possono accettare compromessi. La misericordia è la parola che sintetizza tutta la rivelazione».

E anche la redenzione?
«Certo. Misericordia è l’oggetto della redenzione, il concetto più originale della nostra fede, il motivo per cui Gesù è salito sulla croce e ha dato la vita per il mondo intero e non solo per i suoi amici».

Quindi si può vedere un legame tra l’Anno santo straordinario delle redenzione di Giovanni Paolo II e questo altrettanto straordinario di Papa Francesco?
«C’è una continuità di riflessione sui fondamenti della fede. L’Anno santo di Karol Wojtyla nel 1983 era quasi obbligatorio, per via dei 1950 anni dalla morte di Gesù, già ricordati 50 anni prima da Pio XI con un altro Anno santo straordinario. Questo giunge all’improvviso, ma, ripeto, non inaspettato».

C’è chi contrappone giustizia a misericordia e divide la Chiesa tra conservatori e progressisti. Lei come risponde?
«Sorrido. Chi lo fa equipara la misericordia al lassismo e dimostra di non aver capito nulla del Vangelo. Se ci si ferma alla legge e quindi alla giustizia che procede solo in punta di diritto si finisce nel legalismo. La misericordia porta invece la giustizia al senso completo, che possiamo definire con una sola parole: amore. Si ricorda le parole di Gesù sulla legge dei profeti e sulla legge di Dio? Vi avevano detto, ma io vi dico… Gesù sbaraglia il legalismo dell’Antico Testamento e la misericordia è la parola chiave della rivelazione e della redenzione».

Ma c’è un fondamento nella Scrittura a cui avete pensato in maniera più chiara per questo anno Santo?
«Vangelo di Luca, capitolo 4, quando Gesù va nella sinagoga di Nazareth, srotola il libro di Isaia e legge il passo nel quale si narra dello Spirito del Signore che ha mandato uno a predicare ai poveri, a liberare gli oppressi e a ridare la vista a ciechi insomma a predicare un anno di grazia. E Gesù commenta che con la sua venuta la Scrittura di Isaia si è adempiuta. La misericordia è la grazia rappresentata da una persona, è quella persona. E l’Anno santo è lo strumento».

Tuttavia attorno agli Anni santi nei secoli si è intrecciato spesso poco Vangelo e molto business religioso per via delle indulgenze.
«L’indulgenza è la misericordia di Dio. Papa Francesco lo ha detto con  chiarezza e senza lasciar spazio ad equivoci».

Il problema è sempre stato il verbo lucrare accanto a misericordia.
«Il verbo lucrare non appartiene più al linguaggio della Chiesa e tanto meno al vocabolario del papa. Anche sulla questione del business religioso vedrà che molte cose cambieranno».

Un Anno santo e non un anno di grandi eventi?
«Questo è il desiderio del papa. Non grandi raduni, ma la ricerca di una dimensione spirituale da vivere soprattutto nelle Chiese locali, nelle diocesi e nelle parrocchie. L’Anno santo serve a recuperare mentalità evangelica e testimonianza, per guardare con occhi nuovi e per fare cose nuove per la drammatica crisi, non  solo economica, che oggi il mondo vive».

Ma una delle cose che avete in mente si può dire?
«Il programma verrà reso noto dopo la pubblicazione della Bolla di indizione il 12 aprile, festa della Divina Misericordia. Sicuramente bisognerà far rivisitare a tutta la Chiesa le opere di misericordia corporale e spirituale. Una volta si imparavano a memoria al catechismo. Oggi nessuno sa più di cosa si tratta. L’Anno santo serve per toglierle dall’oblio. Sarà un percorso obbligatorio durante il Giubileo».

Perché misericordia e Concilio?
«L’8 dicembre 1965 si chiudeva l’assise, ma si apriva il Concilio al mondo. Il Vaticano II chiedeva alla Chiesa parlare di Dio al mondo che cambiava con un linguaggio nuovo. E quale parola più espressiva poteva attendere il mondo dalla Chiesa se non quella della misericordia? L’8 dicembre il Papa aprirà la Porta santa e contemporaneamente intende riproporre a tutti l’intensità di quei quattro anni di lavori conciliari che fecero comprendere alla Chiesa l’esigenza di uscire per le strade del mondo. Bergoglio si può dire che riapre il Concilio. Ha detto che il Giubileo è una nuova tappa della missione della Chiesa e quindi è anche una spinta in avanti per l’applicazione del Concilio, che aveva abbattuto i bastioni entro cui la Chiesa si era rifugiata».

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