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"In Bolivia il 40 per cento dei parti avviene ancora fuori dagli ospedali, mentre
nel 40 per cento delle nascite all’interno delle strutture sanitarie si
verificano complicanze e infezioni" spiega Uber Alberti, presidente di Cestas. "La grande
sfida per la sanità pubblica, quindi, è contrastare la mortalità
materno-infantile, che in Bolivia ha il secondo tasso più alto di tutto
il continente".
Come farlo? Da un lato, elaborando percorsi didattici
per la formazione specializzata degli operatori sanitari; dall’altro,
potenziando la rete dei servizi di salute in modo da poter incentivare
la popolazione a rivolgersi ai centri di cura primaria. Sei centri per lo sviluppo delle competenze mediche in tema di salute
materno-infantile; quasi 67 mila ore di lezioni e laboratori; oltre 1.700
pubblicazioni; una piattaforma On line per
l’aggiornamento continuo e un sistema per l’informazione e il
monitoraggio epidemiologico; più di 1.500 persone formate (di cui il 65 per cento
sono donne) tra medici e infermieri, dirigenti e funzionari del
ministero della Salute: sono solo alcuni dei risultati raggiunti in
Bolivia dal Cestas con Fores
(Fortaleciendo las redes de salud), “il più grande progetto che abbiamo
realizzato negli ultimi 10 anni e che abbiamo iniziato e concluso in
soli sette mesi, meno del previsto”, dice con soddisfazione il presidente Alberti.
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Cure per tutti
Promosso, grazie al finanziamento del Bid
(Banco interamericano de desarollo), dal ministero della Salute
boliviano nel quadro della riforma della politica sanitaria nazionale Safci
(Salute familiare comunitaria interculturale) che mira a garantire il
diritto alle cure alle persone di ogni strato sociale e origine etnica,
Fores ha coinvolto 115 municipi dei sei dipartimenti più popolosi della
Bolivia, quelli di La Paz, Oruro, Potosí, Cochabamba, Santa Cruz e
Sucre. "È stata indetta una gara internazionale e, lo dico con orgoglio," aggiunge il presidente del Cestas, "l’abbiamo vinta esclusivamente
grazie alla nostra proposta tecnica".
Oltre 100 persone hanno fatto parte dell’equipe
di Fores, riuscendo, in poco più di 200 giorni, a realizzare un numero
di attività che in genere si fanno in 2-3 anni. L’80 per cento sono boliviani
(il resto cileni, peruviani, spagnoli e italiani), l’età media è sotto i
35 anni. A loro si aggiungono il centinaio di professionisti nazionali e
internazionali, che hanno collaborato alle varie fasi del progetto.
Direttore scientifico è stato il consigliere di amministrazione del
Cestas Jaime Sepulveda.
Inoltre son stati allestiti 6 Centri per la formazione continua. In ogni centro, attrezzato con le più moderne tecnologie didattiche
(lavagne e schermi multimediali, software per la didattica e connessione
a internet), ci si può anche esercitare con un simulatore di parto, il Noelle,
che ha le fattezze di una donna di corporatura media ed è dotato di un
bebè articolato con placenta: uno strumento utile per migliorare la
gestione di situazioni di crisi e così diminuire drasticamente la
percentuale di errore umano.
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Alta formazione specializzata
Ma oltre alla pratica chirurgica, Fores ha offerto molta
teoria per informare e aggiornare sui contenuti della strategia Safci,
sui principi e i metodi della continuità delle cure e sulle norme che
definiscono la qualità dell’assistenza clinica: 48 corsi, declinati in
432 eventi formativi per 66.792 ore esatte di didattica in tutto, sono
stati seguiti da 1.560 persone tra funzionari dei sei Servizi di salute
dipartimentali, medici, infermieri, ausiliari e studenti universitari. A
questi si aggiunge il diploma universitario da 500 ore in
“Organizzazione e gestione dei servizi socio-sanitari territoriali”,
diretto da Marco Castrignanò e realizzato con l’ateneo bolognese, a cui
hanno partecipato 30 alti funzionari del ministero della Salute, tra cui
lo stesso ministro Juan Carlos Calvimontes e il direttore generale dei
Servizi di salute Rubén Colque.
Estrema soddisfazione, inoltre, per i bassissimi i tassi di abbandono: solo il 9 per cento, contro l’oltre 40 per cento che
si registra in media nelle principali università boliviane. Ottimi,
anche, i risultati: dopo la didattica, sono aumentate di almeno il 64%
le competenze e le conoscenze utili per il lavoro, con punte del 173%
per il corso sulla continuità delle cure. Fondamentale nel processo di
formazione è stata anche la creazione di una piattaforma On line,
che ha permesso al ministero della Salute di dotarsi di un campus
virtuale (con 15 corsi in modalità e-learning, altrettanti e-book
disponibili su Apple Store
e presto anche su Google Play, esercitazioni e simulazioni
interattive), che permetterà l’aggiornamento continuo degli operatori
sanitari.
"L’aver raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati nel
poco tempo a disposizione, è stato una grande sfida organizzativa e
gestionale, sia da parte nostra sia del ministero della Salute", dice
Jaime Sepulveda. "Nonostante l’estensione geografica del progetto e la
complessità nel relazionarsi e accordarsi con le tante realtà
coinvolte, siamo riusciti a ideare e realizzare la didattica,
attrezzando e rendendo operativi i sei centri, che ora restano a
disposizione della comunità medica".