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lunedì 20 gennaio 2025
 
Cooperazione internazionale
 

Fores, quando salute significa sviluppo

25/02/2014  Si è concluso, dopo 7 mesi, il progetto di Cestas in Bolivia per rafforzare la rete sanitaria

©Cestas
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"In Bolivia il 40 per cento dei parti avviene ancora fuori dagli ospedali, mentre nel 40 per cento delle nascite all’interno delle strutture sanitarie si verificano complicanze e infezioni" spiega Uber Alberti, presidente di Cestas. "La grande sfida per la sanità pubblica, quindi, è contrastare la mortalità materno-infantile, che in Bolivia ha il secondo tasso più alto di tutto il continente".

Come farlo? Da un lato, elaborando percorsi didattici per la formazione specializzata degli operatori sanitari; dall’altro, potenziando la rete dei servizi di salute in modo da poter incentivare la popolazione a rivolgersi ai centri di cura primaria. Sei centri per lo sviluppo delle competenze mediche in tema di salute materno-infantile; quasi 67 mila ore di lezioni e laboratori; oltre 1.700 pubblicazioni; una piattaforma On line per l’aggiornamento continuo e un sistema per l’informazione e il monitoraggio epidemiologico; più di 1.500 persone formate (di cui il 65 per cento sono donne) tra medici e infermieri, dirigenti e funzionari del ministero della Salute: sono solo alcuni dei risultati raggiunti in Bolivia dal Cestas con Fores (Fortaleciendo las redes de salud), “il più grande progetto che abbiamo realizzato negli ultimi 10 anni e che abbiamo iniziato e concluso in soli sette mesi, meno del previsto”, dice con soddisfazione il presidente Alberti.

©Cestas
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Cure per tutti

Promosso, grazie al finanziamento del Bid (Banco interamericano de desarollo), dal ministero della Salute boliviano nel quadro della riforma della politica sanitaria nazionale Safci (Salute familiare comunitaria interculturale) che mira a garantire il diritto alle cure alle persone di ogni strato sociale e origine etnica, Fores ha coinvolto 115 municipi dei sei dipartimenti più popolosi della Bolivia, quelli di La Paz, Oruro, Potosí, Cochabamba, Santa Cruz e Sucre. "È stata indetta una gara internazionale e, lo dico con orgoglio," aggiunge il presidente del Cestas, "l’abbiamo vinta esclusivamente grazie alla nostra proposta tecnica".

Oltre 100 persone hanno fatto parte dell’equipe di Fores, riuscendo, in poco più di 200 giorni, a realizzare un numero di attività che in genere si fanno in 2-3 anni. L’80 per cento sono boliviani (il resto cileni, peruviani, spagnoli e italiani), l’età media è sotto i 35 anni. A loro si aggiungono il centinaio di professionisti nazionali e internazionali, che hanno collaborato alle varie fasi del progetto. Direttore scientifico è stato il consigliere di amministrazione del Cestas Jaime Sepulveda.

Inoltre son stati allestiti 6 Centri per la formazione continua. In ogni centro, attrezzato con le più moderne tecnologie didattiche (lavagne e schermi multimediali, software per la didattica e connessione a internet), ci si può anche esercitare con un simulatore di parto, il Noelle, che ha le fattezze di una donna di corporatura media ed è dotato di un bebè articolato con placenta: uno strumento utile per migliorare la gestione di situazioni di crisi e così diminuire drasticamente la percentuale di errore umano.

©Cestas
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Alta formazione specializzata

  

Ma oltre alla pratica chirurgica, Fores ha offerto molta teoria per informare e aggiornare sui contenuti della strategia Safci, sui principi e i metodi della continuità delle cure e sulle norme che definiscono la qualità dell’assistenza clinica: 48 corsi, declinati in 432 eventi formativi per 66.792 ore esatte di didattica in tutto, sono stati seguiti da 1.560 persone tra funzionari dei sei Servizi di salute dipartimentali, medici, infermieri, ausiliari e studenti universitari. A questi si aggiunge il diploma universitario da 500 ore in “Organizzazione e gestione dei servizi socio-sanitari territoriali”, diretto da Marco Castrignanò e realizzato con l’ateneo bolognese, a cui hanno partecipato 30 alti funzionari del ministero della Salute, tra cui lo stesso ministro Juan Carlos Calvimontes e il direttore generale dei Servizi di salute Rubén Colque.

Estrema soddisfazione, inoltre, per i bassissimi i tassi di abbandono: solo il 9 per cento, contro l’oltre 40 per cento che si registra in media nelle principali università boliviane. Ottimi, anche, i risultati: dopo la didattica, sono aumentate di almeno il 64% le competenze e le conoscenze utili per il lavoro, con punte del 173% per il corso sulla continuità delle cure. Fondamentale nel processo di formazione è stata anche la creazione di una piattaforma On line, che ha permesso al ministero della Salute di dotarsi di un campus virtuale (con 15 corsi in modalità e-learning, altrettanti e-book disponibili su Apple Store e presto anche su Google Play, esercitazioni e simulazioni interattive), che permetterà l’aggiornamento continuo degli operatori sanitari.

"L’aver raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati nel poco tempo a disposizione, è stato una grande sfida organizzativa e gestionale, sia da parte nostra sia del ministero della Salute", dice Jaime Sepulveda. "Nonostante l’estensione geografica del progetto e la complessità nel relazionarsi e accordarsi con le tante realtà coinvolte, siamo riusciti a ideare e realizzare la didattica, attrezzando e rendendo operativi i sei centri, che ora restano a disposizione della comunità medica".

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