L’ambiente è quello, allo stesso tempo umano e degradato, della periferia romana. Dove tutti si conoscono, nel bene e nel male. Il male per Fortunata, oltre alle perenni difficoltà economiche, è rappresentato dall’ex marito Franco: maschilista, livoroso e pure pericoloso, visto che fa la guardia giurata e porta la pistola. La tampina, la minaccia, arriva perfino a violentarla in casa. Il bene per Fortunata, giovane mamma che per sbarcare il lunario si sbatte facendo la parrucchiera a domicilio, è la figlia di otto anni, Barbara, e la piccola rete che l’aiuta a far fronte alle beghe quotidiane: qualche amica del lavoro e Chicano, ex tossico che conosce fin da ragazzino, tatuatore e sognatore sgangherato, figlio premuroso ma disperato di Lotte, un tempo attrice di teatro e ora vecchia balzana malata di Alzeimer.
A volte le tengono loro la bambina mentre lei, in scooter, schizza da una parte all’altra della città dalle clienti. Il sogno di Fortunata e Chicano è di aprire un negozio da parrucchiera. Occorrono soldi e quelli oggi li prestano, a strozzo, solo i cinesi. Ma è quella la strada dell’emancipazione per Fortunata. Intanto, deve perder tempo a portare Barbara dallo psicologo infantile, come ordinato dal giudice: la bimba soffre per l’aspra separazione dei genitori, ha disturbi comportamentali. Ed è l’incontro con Patrizio, lo psicoterapeuta della Asl, che butta all’aria i piani. L’uomo capisce la bimba, ne conquista la fiducia. Ma poi si preoccupa anche di Fortunata, inopinatamente se ne innamora.
Potrebbe essere la svolta nella sua vita disgraziata: un uomo intelligente, colto, per bene, che la ama così come è. Perché dietro la mamma ansiosa e piena di pecche vede una donna intensa, sincera, passionale. Il marito separato, però, non molla la presa. Chicano non sopporta più di vedere la madre spegnersi poco a poco. I cinesi rivogliono indietro i soldi prestati. E anche l’amore di Patrizio non è rosa. Le cose precipitano in un vortice in cui Fortunata perde tutto: il negozio, l’affidamento della bambina, l’amico d’infanzia, la speranza. E’ una tigre in trappola: lotta, si ferisce, ringhia, affronta tutto e tutti. Ritroverà in extremis almeno la dignità di madre, per quanto imperfetta.
Non facile portare sullo schermo il romanzo forte, a tratti brutale, scritto da Margaret Mazzantini. Ma Sergio Castellitto, marito della scrittrice, è regista ispirato quando davanti all’obiettivo c’è una figura di donna. Bravo poi nell’affidarla a Jasmine Trinca, che dà gran prova di sé nei panni di moderna popolana. Presentando Fortunata a Cannes, il direttore generale Thierry Frémaux ha fatto riferimento a Mamma Roma di Pasolini. Accostamento non peregrino e non solo perché la storia è stata girata tra gli stessi stradoni di Tor Pignattara. C’è la stessa passione per la periferia, per i personaggi magari disgraziati ma veri. E una fame di vita che prende alla gola. Azzeccati pure gli altri interpreti, a partire da Edoardo Pesce nei panni dell’ex marito e la grande Hanna Schygulla nel ruolo della vecchia Lotte.
Su tutti spicca però per intensità e verità Jasmine Trinca, attrice scoperta da Nanni Moretti in La stanza del figlio (Palma d’oro proprio qui a Cannes nel 2001) e cresciuta fino a essere definita da Castellitto “la nuova Anna Magnani”. Potrebbe aver ragione.