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giovedì 05 ottobre 2023
 
 

Forum della Cooperazione, si comincia

30/09/2012  Qualche polemica e tante attese. Ai lavori, voluti dal ministro Riccardi, partecipano il premier Monti, il ministro degli Esteri Terzi e il Commissario europeo Pielbags.

“La cooperazione internazionale che vogliamo”. Titolo diretto e chiaro. Come del resto il contenuto. È il documento presentato nei giorni scorsi dall’Associazione delle Ong Italiane (Aoi), da Cini e da Link 2007, organismi che rappresentano insieme la quasi totalità del mondo del volontariato italiano nel mondo. In vista del Forum sulla Cooperazione che si tiene a Milano il 1° e 2 ottobre, voluto dal ministro Riccardi, le Ong hanno voluto in pochi e chiari punti le priorità del nostro aiuto allo sviluppo verso i Paesi del Sud del mondo.


Il documento indica innanzitutto la “necessità di un salto culturale, imposto dai cambiamenti della globalizzazione”, per “superare la tendenza all’introversione e valorizzare le capacità di proiezione internazionale”. La cooperazione allo sviluppo, sottolineano le Ong, è “una componente qualificante delle relazioni internazionali del nostro Paese, dato che contribuisce a incidere sulle dinamiche della globalizzazione per ridurre i problemi e le cause della povertà e degli squilibri globali, che rischiano di coinvolgerci tutti”. È inoltre “doverosa e necessaria, per dare credibilità e riconoscimento politico al ruolo dell’Italia nel mondo”, ed è “nostro interesse stabilire rapporti di cooperazione con Paesi che, se adeguatamente sostenuti, potrebbero non solo accelerare il processo di emancipazione economica e sociale ormai avviato, ma anche divenire partner preziosi in processi di sviluppo a vantaggio reciproco”. 

Aoi, Cini e Link 2007 analizzano anche la situazione della realtà italiana: “Anche se molto è stato fatto”, scrivono, “la cooperazione allo sviluppo non è riuscita ad acquisire un ruolo politico centrale e permanente nella politica internazionale dell’Italia”. Darti e cifre lo confermano: “Gli stanziamenti per la cooperazione gestita dal ministero degli Esteri sono diminuiti dell’88% in soli quattro anni. Mentre a livello europeo la media degli stanziamenti per lo sviluppo ha superato lo 0,40% del PIL, l’Italia è, nella realtà, al di sotto dello 0,15%”. E ciò, insieme agli impegni non mantenuti, “ha reso spesso inutile o ininfluente” l’azione italiana. “L’immagine internazionale dell’Italia si è così logorata, fino ad essere ritenuta inaffidabile”.

La qualità della cooperazione allo sviluppo è una delle grandi attenzioni delle Ong. Il testo sottolinea che essa può essere garantita solo mettendo in pratica alcuni principi fondamentali: la coerenza delle politiche ai fini dello sviluppo, la relazione di partenariato, l’efficacia degli aiuti e dello sviluppo, la trasparenza, la garanzia del finanziamento senza discontinuità, la professionalità. Per le Ong, la dimensione europea della Cooperazione allo sviluppo dovrà assumere un ruolo crescente, con una maggiore attenzione e partecipazione dell’Italia, che dovrà essere “più presente oltre che più attiva nella definizione delle politiche e delle scelte e nell’attuazione della cooperazione europea”; fare propri ”i principi e le linee politiche e operative adottati a livello europeo”. 

Lo stesso ruolo andrebbe ritrovato anche a livello del sostegno alle agenzie internazionali e delle Nazioni Unite (la cosiddetta cooperazione multilaterale), dove l’Italia sta perdendo credibilità. Il documento suggerisce anche alcuni criteri per un’attenta definizione delle priorità geografiche e settoriali dell’aiuto ai Paesi poveri del nostro Paese. Le Ong considerano l’istituzione del Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione come “un’innovazione positiva perché ha ridato centralità politica all’aiuto pubblico allo sviluppo, come parte integrante e qualificante della politica internazionale dell’Italia”, anche se le poche deleghe ricevute hanno lasciato aperti conflitti di competenza e ridotto il ruolo del Ministro.

Ma il nostro volontariato internazionale chiede di più: una nuova “architettura istituzionale, politica e gestionale, che assicuri maggiore coerenza, efficacia, professionalità, trasparenza”. Propongono perciò la creazione “di un alto riferimento politico dedicato alla cooperazione allo sviluppo: un ministro alla presidenza del Consiglio, con specifico dipartimento, oppure un viceministro agli Esteri, con delega sull’intera materia e partecipazione al Consiglio dei Ministri”; e “un Comitato interministeriale per definirne gli indirizzi e la programmazione pluriennale e garantire la coerenza, ai fini dello sviluppo, dell’insieme delle politiche relative ai Paesi partner, o che possano influire su di essi». Le Ong insistono anche sul fatto che si arrivi alla nascita di un Fondo unico, che dia coerenza ai relativi capitoli di spesa per la cooperazione, che oggi sono divisi in mille rivoli e nei bilanci delle singoli amministrazioni. 

E chiedono la creazione di “un’Agenzia attuativa, allo scopo di garantire le competenze necessarie, appropriati processi di carriera professionale, accumulo di conoscenze e valutazioni, strumenti tecnici e di controllo, autonomia gestionale e procedurale, pur nella severità della gestione”. Infine la nuova legge sulla cooperazione (quella attuale ha ormai 25 anni): negli ultimi tempi se ne parla con insistenza vista l’accelerazione ai lavori impressa dalla Commissione Esteri del Senato. Le Ong rinnovano la richiesta urgente di un nuovo testo normativo: “Occorre mettere fine ai quindici anni di tentativi falliti di riforma legislativa, chiudendo definitivamente la fase della legge 49 del 1987”. “Questo Parlamento ha la possibilità di farlo”, scrivono, “a tre condizioni: approvando in Senato, con emendamenti migliorativi, il testo unificato prodotto in questi mesi dalla Commissione Esteri; recependo, nel successivo passaggio alla Camera, le proposte condivise che emergeranno dal Forum; favorendo le opportune sinergie tra Parlamento e Governo”. In conclusione, le Ong sottolineano di esprimere le proprie posizioni “forti della loro storia, della pluridecennale esperienza operativa in quasi tutti i Paesi del Sud del mondo, fino all’‘ultimo miglio’ e le più gravi crisi umanitarie, avendo fatto tesoro degli errori e arricchite dall’incontro e confronto continuo con i partner, le comunità e istituzioni locali e nazionali dai Paesi in cui hanno operato”.

Luciano Scalettari

Lunedì primo ottobre si apre a Milano il Forum della Cooperazione internazionale voluto dal ministro Andrea Riccardi. Una giornata e mezza di intenso programma che vedrà alternarsi nelle sessioni plenarie e nei lavori di gruppo previsti tra lunedì e martedì mattina rappresentanti di spicco delle istituzioni nazionali, europee e internazionali, rappresentanti delle Ong e delle organizzazioni di società civile italiane, operatori e appassionati di cooperazione allo sviluppo. 


Il Primo ministro Mario Monti, il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, ed il Commissario europeo per lo Sviluppo André Pielbags, affiancati dal Ministro per la cooperazione e l’integrazione Riccardi ed il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, saranno i protagonisti della plenaria di apertura preceduti da un videomessaggio del Presidente Napolitano nel corso della quale prenderanno la parola anche due ulteriori ospiti che nei giorni scorsi non hanno mancato di suscitare accese polemiche: Blaise Compaoré e Paolo Scaroni. Il primo, dittatore al potere nel Burkina Faso, ha fatto alzare l’indignazione dei difensori dei diritti umani, mentre la presenza al tavolo dei lavori del capo di Eni non è stata  gradita a molti esponenti della società civile e ai tanti promotori di campagne contro lo sfruttamento delle risorse umane e naturali dei Paesi dei Sud del mondo, pratica dalla quale anche il colosso energetico nazionale non è del tutto esente.

Ma al di la di queste polemiche che hanno segnato la vigilia del Forum, l’iniziativa di Andrea Riccardi ha riscosso un notevole successo e acceso ambiziose aspettative. L’inaspettata quantità di iscrizioni registrate ha imposto agli organizzatori di aumentare all’ultima ora il numero delle sessioni tematiche parallele per poter consentire la partecipazione di tutti. Già questo è un chiarissimo indicatore del grande interesse suscitato dal Forum e un primo importante risultato incassato dal Ministro per la cooperazione e l’integrazione. Il bisogno di discutere di cooperazione e, soprattutto, la necessità di riportare tra le priorità dell’agenda politica e del Governo i temi e i non pochi problemi della cooperazione allo sviluppo di casa nostra sono innegabili e da tempo invocati dalle rappresentanze e dagli operatori delle Ong.


Tornare a dibattere pubblicamente di cooperazione per “far incontrare tutti gli individui e gruppi che vogliono e pensano che la cooperazione internazionale sia una parte dell'identità del nostro Paese e che debba essere elemento centrale del rilancio del profilo internazionale dell'Italia”, come dichiarato da Riccardi annunciando gli obiettivi della due giorni milanese, è senza dubbio un risultato conseguito dalla sua figura istituzionale che, vale la pena ricordarlo, nel nostro Paese ha trovato collocazione nella compagine governativa per la prima volta con il Governo in carica di Mario Monti. 

Le dieci “tracce di discussione” elaborate da altrettanti Gruppi di lavoro che nei mesi scorsi hanno alacremente lavorato alla preparazione del Forum, saranno oggetto delle discussioni, degli approfondimenti e delle sintesi che dovranno portare alla chiusura dei lavori a una “dichiarazione politica da parte del ministro, che è un manifesto d'intenti che rilegittima la centralità della politica pubblica di cooperazione e ne traccia alcune linee direttive per una ripresa quantitativa e qualitativa”. I presupposti per la buona riuscita di questa iniziativa sono tutti in campo. Ora resta di vedere se le giornate del Forum saranno realmente l’occasione per ridare gambe e fiato alla cooperazione italiana che, come noto, giunge all’appuntamento dei prossimi due giorni senza né l’uno né l’altro.

Sergio Marelli, presidente
 Comitato  italiano sovranità alimentare

 
 
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