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mercoledì 25 giugno 2025
 
MITI DELLA TV
 

Franca Valeri. "A 96 anni sono tornata in Tv. Ma mi manca il teatro"

05/07/2016  Incontro con la grande attrice protagonista con Pino Strabioli di Colpo di scena su Rai 3. L'infanzia felice fino alle leggi razziali e alla guerra e i grandi personaggi che hanno segnato la sua vita, da Totò ad Alberto Sordi, da Vittorio Gassman a Mina.

Un cartello all’ingresso della casa romana di Franca Valeri avvisa di “fare attenzione a Roro”. La porta si apre ed ecco comparire con lei il temibile Roro, un cagnolino che inizia a scodinzolare per il salotto. Mentre la padrona di casa ci invita ad accomodarci su un divano, ne notiamo uno più piccolo, con i braccioli alla rinfusa. «È quello di Roro. Lo usa solo come trampolino per saltare sul divano più grande. Ha 7 anni, come la mia nipotina, quella pazzerella di Lavinia».
E così, con Roro che si impossessa subito del nostro taccuino, iniziamo a parlare del ritorno in Tv di questa signora di 95 anni che ci onoriamo di conoscere. «Onoriamo, che parola grossa, suvvia», ci rintuzza subito. Con il suo amico Pino Strabioli che le siede accanto, su Rai 3 ogni domenica racconta a Colpo di scena, insieme alle testimonianze dei loro fiˆgli, sette grandi nomi dello spettacolo che lei ha conosciuto bene, da Vittorio Gassman a Mina.

È contenta di essere tornata in Tv?

«Sì, ho fatto una vera scorpacciata. Sono persino andata da Maurizio Costanzo. Il programma che sto facendo con Pino è proprio bello e io mi diverto».

Tra tutti i personaggi che ricorda, a chi era più legata?

«Gassman era un amico come Manfredi, Tognazzi lo ammiravo molto e poi Jannacci che ha portato in Tv un atto unico scritto da me, La cosiddetta danzata. Solo lui poteva farlo, così milanese come me».

E Mina, con cui avete fatto tanti Studio Uno in Tv? Vi sentite ancora?

«No, ma lei, quando scrive sui giornali, appena può mi ricorda con affetto e lo stesso faccio io».

Lei ha scritto e recitato mille personaggi. È sempre stata così creativa?

«Direi di sì, anche se da bambina per lo più facevo imitazioni, cosa che in seguito ho depennato totalmente. Imitavo maestri, parenti e le amiche delle mamma».

E loro come reagivano?

«Non glielo facevo sapere».

Ha avuto un’infanzia felice?

«Felicissima. Ho avuto due genitori che hanno sempre dato un’importanza fondamentale all’educazione mia e di mio fratello: ricordo la maestra di francese e quella di pianoforte che venivano a casa a darci lezione».

Suo padre era ebreo. Nel 1938, quando lei aveva 18 anni, furono approvate le leggi razziali. Come viveste quel periodo?

«Fu terribile. Quando scoppiò la guerra lui e mio fratello fuggirono in Svizzera. Mia madre era cattolica e per questo si sentiva al sicuro. Così restai a Milano con lei. In realtà, quando iniziarono i rastrellamenti dei tedeschi nessuno badò a queste cose. Noi fummo fortunate. Ma ricordo amici di papà, uomini colti e raffiˆnati, e parenti con cui andavamo al mare, tutti scaraventati in un treno. Ricordo i loro sguardi smarriti. Non tornarono mai più. Ancora adesso mi sembra incredibile che sia potuto succedere».

Qual era il suo stato d’animo?

«Quando i nazisti hanno preso Parigi è stato davvero angosciante. Ma subito dopo ho pensato: “Da lì ve ne andrete”. Sono sempre stata sicurissima che alla fiˆne avrebbero perso».

Cosa le dava questa sicurezza?

«Il mio naturale ottimismo. E poi era giusto, era giusto che quella gente ˆnisse male!».

Lei cioè crede nell’esistenza di una giustizia superiore che governa le nostre vicende?

«È così».

Da poco abbiamo festeggiato i 70 anni della Repubblica. In quell’occasione milioni di donne come lei votarono per la prima volta. Che ricordo ha di quel giorno?

«Forse la deluderò perché lei si aspetterà che io le dica che fu un giorno speciale, ma io non lo vissi così. Mi sembrava così normale che ciò avvenisse, anche perché tante donne avevano partecipato alla lotta partigiana. Piuttosto restai molto colpita dal fatto che di colpo tutti erano diventati antifascisti».

Dopo la guerra si trasferì da Milano a Roma per fare l’attrice, ma fu bocciata all’Accademia d’arte drammatica. Fu una decisione giusta?

«No, sarei stata una brava allieva. Ai miei comunque dissi che mi avevano presa e la cugina di mio padre che mi ospitava mi resse il gioco. Così ho iniziato a fare i miei primi lavori a teatro».

Pochi anni dopo, nel 1952, recitò la parte della signorina snob in Totò a colori. Quando si rivolgeva a lui, lo chiamava principe?

«Gli altri sì, perché lui ci teneva. Io cercavo di non chiamarlo. Comunque con me fu sempre molto simpatico. Parlavamo soprattutto di una passione che ci univa: i cani».

Un altro film memorabile fu Il vedovo, in cui lei era la moglie che vessava il povero Alberto Sordi. Quando è morto, sul Corriere della Sera lei ha fatto pubblicare questo epitafo: “Ciao, Cretinetti”, il nomignolo che gli affibbiò nel film. Lo inventò lei?

«Sì, mi venne spontaneo chiamarlo così. E anche a lui ogni tanto veniva qualche battuta fuori copione. Ma entrambi abbiamo sempre preteso di lavorare su sceneggiature solidissime».

Non ha girato tantissimi film. Perché?

«Se mi capitava di dover ritardare l’inizio di un nuovo lavoro in teatro a causa di un fiˆlm ero furibonda. Il teatro è sempre stata la mia grande passione».

Le pesa molto non andare più in scena?

«Sì, perché potrei farlo ancora. E d’altra parte vedo in giro cose orribili».

Di recente ha pubblicato un libro sulla vecchiaia, La vacanza dei superstiti. In che senso la vecchiaia è una vacanza?

«Arrivare alla mia età è come ricevere un premio, non so da chi, forse da Dio. Vivere mi piace ancora moltissimo. Non ho affatto voglia di andarmene».

Lei vive qui sola. Non le pesa?

«No, perché sto già scrivendo un altro libro. E poi ho degli amici carissimi. Ho fatto di tutto per tenermeli e ci sono riuscita».

Lei ha una figlia adottiva che fa la cantante lirica. Siete molto diverse?

«Ha una vita piena, è colta, intelligente. Quindi credo che un po’ ci assomigliamo».
È già passata più di un’ora. L’attrice fa una pausa: «Tra un po’ viene a trovarmi un suo collega. Non può lasciare qualche domanda pure a lui?».

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