Nel suo Messaggio per la 51ª Giornata mondiale della pace, celebrata in tutto il mondo il primo gennaio, papa Francesco ha indicato santa Francesca Saverio Cabrini tra coloro che hanno creduto nel “sogno” di un mondo in pace, casa comune e famiglia di tutti in cui sia valorizzato il contributo di migranti e rifugiati. «Molti nella storia hanno creduto in questo “sogno” e quanto hanno compiuto testimonia che non si tratta di una utopia irrealizzabile», ha scritto Bergoglio, nel testo pubblicato lo scorso 13 novembre, giorno della memoria liturgica della santa, di cui il 22 dicembre ricorreva il centenario della morte. «Questa piccola grande donna, che consacrò la propria vita al servizio dei migranti, diventandone poi la celeste patrona, ci ha insegnato come possiamo accogliere, proteggere, promuovere e integrare questi nostri fratelli e sorelle».
Parole sentite, perché «il Santo Padre conosceva bene a Buenos Aires noi Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, fondate nel 1880 a Codogno (Lodi) da Madre Cabrini», riassume suor Maria Regina Canale, assistente generale per l’Europa della congregazione, diffusa in 17 Paesi dei cinque continenti con oltre 400 religiose. Dall’Australia, dove a Melbourne «una consorella e tanti laici portano avanti un ospedale, alla Russia; dagli Stati Uniti alla Spagna e all’Inghilterra, dall’America Latina all’Etiopia, dove abbiamo aperto, io e altre tre consorelle, una comunità alla vigilia del millennio come segno di solidarietà nel mondo in uno dei Paesi più poveri del pianeta, nei 150 della nascita della fondatrice, venuta alla luce a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850. Dagli anni Settanta siamo presenti anche nello Swaziland, in Africa del Sud, dove continuano a morire tanti bambini e adulti a causa dell’Aids».
DISCERNERE VELOCEMENTE
Questa attenzione ai malati, ai poveri e ai migranti incarna quella di santa Cabrini, una donna d’azione e sempre in frontiera che invitava continuamente le sue figlie a un discernimento rapido: «Lei diceva che i figli delle tenebre sono più svelti di quelli della luce, quindi invitava le suore a discernere “ardentemente e velocemente”. Infatti abbiamo in programma di aprire nel 2018 una nuova missione in Uganda, che ospita migliaia di rifugiati, e il Papa ha approvato il nostro progetto invitandoci a concretizzarlo presto, annuendo con il capo e commentando: “Fate, fate”. A breve inaugureremo anche una casa di accoglienza per i rifugiati a Roma, in collaborazione con il Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati: lo abbiamo comunicato al Santo Padre il 9 dicembre, quando ci ha ricevuto in udienza particolare per il centenario della morte di madre Cabrini, spentasi a 67 anni dopo tanti viaggi di evangelizzazione, definendo il suo carisma “di un’attualità straordinaria”», riferisce suor Canale.
Nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, davanti a 250 membri della Famiglia cabriniana (suore e anche laici che lavorano accanto a loro nelle missioni, salutati uno ad uno), Bergoglio ha declinato il perché di questa freschezza: «I migranti hanno bisogno certamente di buone leggi, di programmi di sviluppo, di organizzazione, ma hanno sempre bisogno anche e prima di tutto di amore, di amicizia, di vicinanza umana; hanno bisogno di essere ascoltati, guardati negli occhi, accompagnati; hanno bisogno di Dio, incontrato nell’amore gratuito di una donna che, col cuore consacrato, ti è sorella e madre».
Un servizio fatto di dedizione in una relazione calda che scaturisce dalla contemplazione orante del Sacro Cuore di Gesù, evidenzia suor Maria Regina, figlia di emigranti calabresi in Lombardia che ha vissuto sulla sua pelle lo sradicamento dalle proprie origini e si è innamorata della figura luminosa di Madre Cabrini, curando anche il libro dei suoi pensieri.
«Le radici della sua spiritualità? Fare tutto per la maggior gloria del Cuore santissimo di Gesù. Nel 1864, quando Francesca aveva 14 anni, fu beatificata Margherita Maria Alacoque, mistica francese: aveva come padre spirituale un Gesuita, che favorì il culto del Sacro Cuore», ricorda. Quindi il carisma cabriniano «s’incarna nella propagazione della gloria del Cuore di Cristo, cioè l’evangelizzazione. Questo è il primo compito: diffondere la conoscenza di Gesù, e poi aprire opere. Ma prima di annunciare il Vangelo, e mentre lo si fa, occorre garantire un minimo di dignità umana alle persone e aiutarle ad avere una cultura, garanzia perché possano scegliere e crescere. Per questo Madre Cabrini, che scelse il nome “Saverio” in onore del santo gesuita apostolo dell’Oriente, istruiva i figli dei migranti che andava a trovare anche nelle miniere e nelle carceri. Oggi noi, missionarie del Sacro Cuore, adattandoci ai tempi, cerchiamo di farlo nelle scuole in Italia, a Londra e Madrid, favorendo l’integrazione dei bambini immigrati, presenti in percentuali molto alte nelle classi; insegniamo prima la lingua del Paese in cui vivono. È quello che la nostra fondatrice faceva oltre un secolo fa negli Stati Uniti e nelle Americhe: divenne cittadina americana per aiutare gli italiani a integrarsi, con diritti e doveri».