Un ritratto di Francesca Fialdini in studio
(Nella foto L'astronauta Samantha Cristoforetti, la ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti e la conduttrice tv Francesca Fialdini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi in occasione della Giornata internazionale per l' eliminazione della violenza sulle donne)
«Vista l’importanza del tema per il dibattito pubblico, mi ha fatto immensamente piacere la richiesta della ministra Elena Bonetti». Francesca Fialdini, 40 anni appena compiuti, insieme all’astronauta Samantha Cristoforetti, è stata scelta come testimonial dalla ministra delle Pari opportunità e della Famiglia come testimonial della campagna contro la violenza sulle donne di quest’anno: #liberapuoi. Proprio lei che da anni si spende per questo tema nei programmi che conduce «Ma anche fuori. Ed ecco perché ho detto subito di sì. Quello che posso fare perché ci sia maggior consapevolezza è talmente importante che richiede passione, ma soprattutto preparazione per essere autorevoli ed efficaci».
Su cosa punta la campagna di quest’anno?
«Abbiamo voluto mettere l’accento non sulla violenza estrema, quella che lascia segni sul corpo, donne menomate per sempre o che arriva addirittura a farti perdere la vita. Il femminicidio è la parola ultima. Ma soprattutto sulla violenza che non si esprime, più di carattere psicologico. Quella che si fa più fatica a dimostrare. “Chi di noi non litiga in famiglia? È normale” e a queste donne viene risposto così».
Qual è il tuo contributo a #liberapuoi?
«In questa campagna ho portato la mia esperienza di incontro con queste vittime, in cui ho scoperto che loro per prime non sono in grado di dire cosa gli è successo e quando devono parlare di loro parlano in seconda o terza persona. Come se la violenza le avesse annullate, tanto da non riconoscersi più nemmeno quando si guardano allo specchio».
Come agisce l’uomo violento?
«Spesso l’uomo che violenta, in qualsiasi modo lo faccia, vuole la sudditanza e impedisce alle moglie e alla compagna di avere un ruolo sociale, per cui anche un lavoro. Con una ricaduta sull’andamento economico, la cui colpa è da ricondurre proprio a chi non lavora. Anche se è lui ad averglielo impedito. In un circolo vizioso di senso di colpa che impedisce alla vittima di dire chi è e che la annulla a tutti i livelli, anche con i propri figli. E proprio per questo stesso senso di colpa continua a subire».
Ecco allora l’importanza di una campagna sulla libertà
«#liberapuoi, per riconquistare la libertà perché è importante far crescere la consapevolezza in tutte le direzioni. Delle parole giuste da usare, dell’importanza di non avere vergogna e di dire cosa è accaduto. Un problema legato alle parole che si usano con queste donne, ma anche alle tempistiche con cui si interviene. Perché la prima volta che ne parlano dicono cos’è successo, ma alla seconda non vogliono ripetersi e, se non si sentono credute, magari ritrattano. Un problema che va affrontato anche dal punto di vista delle modalità d’intervento delle forze dell’ordine: quali misure cautelari, come intervenire perché la vittima non si senta perseguitata? Che fine hanno fatto i braccialetti elettronici? Di tutto questo parleremo anche questa sera alla Casa Internazionale delle donne a Roma. Oltre a presentare i progetti voluti dalla ministra Bonetti di microcredito e solidarietà attiva per permettere a queste donne, già ospiti di istituti, di ricominciare. Alla fine ci sarà anche un momento di festa in musica con Turci, Mannoia e altre donne della musica. Ma, come diceva Calvino, non c’è festa senza profondità: anche queste artiste con le loro canzoni cercheranno di collaborare al progetto di sensibilizzazione e libertà».