Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
giovedì 20 marzo 2025
 
Amalfi
 

Francesco Belletti (Cisf): «Diamo vita agli anni, nipoti e nonni insieme, storia e futuro»

23/07/2022  L'intervento del sociologo, direttore del Centro internazionale studi famiglia, al convegno organizzato da Famiglia Cristiana e dalla Pontificia accademia per la vita

1.        Pensare per generazioni: persona e comunità

La storia dei popoli e l’identità delle persone sono inscritte nello scorrere del tempo: passato, presente e futuro diventano, per le persone e per i popoli, un passare di generazione in generazione, in un circuito di dono da ricevere e da dare. La contemporaneità vuole negare questa dimensione, a favore di un eterno presente onnipotente. Si nega così l’esistenza di un passato da ringraziare o con cui fare i conti, e non ci si interessa di un futuro che non è possibile possedere o sfruttare.  Nel film “I figli degli uomini” (2006, Alfonso Cuaron, dal libro di Phyllis Dorothy James, 1992), dove da anni non nascono bambini, il mondo è allo sbando: perché conservare il futuro, se non c’è nessuno a cui consegnarlo?

2.        Famiglia e società e scambio intergenerazionale

Nel nostro Paese i rapporti tra le generazioni vivono di due percorsi contradditori e paradossali: a livello intrafamiliare, in genere si innesca un circuito solidaristico intergenerazionale, in cui ogni generazione dà e riceve qualcosa dalle altre; a livello societario, le generazioni sono in competizione, in modo corporativo per l’accesso alle risorse pubbliche (più welfare per gli anziani significa meno welfare per i bambini o i giovani: anche se questo non sarebbe inevitabile…). Così, per paradosso, a livello sociale i giovani non trovano opportunità o spazi decisionali, saldamente occupati dalle generazioni più anziane, però in famiglie i giovani mettono su casa grazie ai soldi e al sostegno dei propri genitori adulti o dei nonni.

Il dato è confermato da numerose indagini: anche gli ultimi dati Istat sulla povertà lo evidenziano.

“Secondo le stime definitive, nel 2021 sono poco più di 1,9 milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,5%), per un totale di circa 5,6 milioni di individui (9,4%), valori stabili rispetto al 2020 quando l’incidenza ha raggiunto i suoi massimi storici ed era pari, rispettivamente, al 7,7% e al 9,4%. […] L’incidenza di povertà è invece più bassa, al 5,5%, nelle famiglie con almeno un anziano e si conferma al 3,6% tra le coppie in cui l’età della persona di riferimento della famiglia è superiore a 64 anni (nel caso di persone sole con più di 64 anni l’incidenza è pari al 5,1%). In generale, la povertà familiare presenta un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento; generalmente, infatti, le famiglie di giovani hanno minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più bassi e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati.

Se si pensa poi allo specifico degli anziani, i bisogni di cura e la tutela della loro dignità vengono in vario modo garantiti sia dal welfare pubblico che dai circuiti familiari di cura (caregiver, parentela, vicinato). La grande sfida è connettere questi due sistemi – e si tratta di una sfida urgente, dato che le strutture familiari saranno sempre meno in grado di svolgere le attuali funzioni di cura.

3.        La demografia è lo specchio dell’anima (di una società)

Sempre in una prospettiva intergenerazionale, lo scenario demografico dà segnali contrastanti: cresce il numero di anziani, crescono gli anni da vivere, magari anche in condizioni di vulnerabilità, fragilità e dipendenza, in una società che è sempre meno capace di mettere al mondo le nuove generazioni, e in cui cultura dello scarto e utilitarismo individualista sembrano vincenti.

Siamo di fronte ad una duplice sfida: riuscire a scommettere sul futuro delle nuove generazioni, e insieme garantire cittadinanza, dignità, cura e relazioni ad una crescente quota di popolazione.

4.        Non è un Paese per vecchi, non è un Paese per giovani…

Tutti questi dati e queste dinamiche sociali, culturali ed economiche sembrano confermare che il nostro Paese sta diventando sempre di più un Paese di vecchi, senza essere un Paese per vecchi. E certamente il costante e crescente congelamento della natalità conferma che non è nemmeno un Paesi per bambini, ma anzi rischia di essere un Paese “senza bambini”.

Serve una cultura della reciprocità, dello scambio di doni, dei legami buoni, che sappia rigenerare un Paese e un popolo in cui ogni generazione possa dare e ricevere: sarebbe sicuramente un Paese più umano, in cui sarebbe più bello vivere, che avrebbe riscoperto la propria anima.

Multimedia
«Gli anziani, prezioso serbatoio di sapienza per le persone e la società»
Correlati
«Gli anziani, prezioso serbatoio di sapienza per le persone e la società»
Correlati
L'Italia, il Paese dalle culle vuote e dai capelli: le più belle foto del nostro convegno ad Amalfi
Correlati
Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo