"L'ora impossibile di Francesco I". Così titolò un quotidiano l’8 marzo 2013. Sappiamo com’è andata, invece: il 13 di quel mese i cardinali in conclave presero Jorge Mario Bergoglio «quasi dalla fine del mondo» ed egli volle per sé proprio il nome di Francesco. Davanti ai giornalisti di tutto il mondo, il pastore argentino dirà: «È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato». Dieci anni dopo, è ormai evidente come il riferimento a Francesco, per Bergoglio, sia tutt’altro che retorico. Per lui – che fin dal primo momento disse: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!» – quel santo non corrisponde affatto alla caricatura semplicistica (un misto di buonismo ed ecologismo “new age”) talora sedimentatasi nell’opinione pubblica; al contrario, Bergoglio considera il poverello d’Assisi alla stregua di «un dardo acuto che si conficca nella carne addormentata della Chiesa», com’egli ebbe a definire il gesuita cileno sant’Alberto Hurtado. Molteplici i gesti, le scelte, gli eventi che lo confermano
L'opzione per i poveri
Sulle orme di Francesco d’Assisi, papa Bergoglio ha fatto sua l’opposizione radicale alla «mondanità spirituale» che – ce l’ha ricordato spesso – rappresenta una delle più
gravi malattie della Chiesa. Si spiegano così alcune scelte controcorrente,
improntate a semplicità e sobrietà,
adottate da Bergoglio fin da subito.
Scegliere la povertà è la via maestra
per rendere credibile l’annuncio del
Vangelo: una via da intraprendere
con decisione, sfidando, nel caso,
le critiche dei benpensanti.
Dialogando con alcuni giovani
belgi nel 2014, Francesco spiega:
«Per me, il cuore del Vangelo è dei
poveri. Ho sentito, due mesi fa, che
una persona ha detto: “Questo Papa è comunista”. No! Questa è una
bandiera del Vangelo, non del comunismo: del Vangelo! I poveri sono al centro dell’annuncio di Gesù.
Basta leggerlo». Per questa ragione, Bergoglio – che nel 2017 indisse
la Giornata mondiale dei poveri a
conclusione del Giubileo della misericordia – è il primo Papa ad aver
pranzato in modo così frequente con gli abbandonati e i vulnerabili
(ad esempio in occasione del suo
compleanno) e ad aver loro spalancato le porte del Vaticano in varie
occasioni.
I Vangelo "Sine glossa"
Papa da pochi mesi, Bergoglio si rivolse ai giovani il 4 ottobre 2013 durante la prima delle sue quattro visite nella città del Poverello, dicendo: «Qui, vicino alla Porziuncola, mi sembra di sentire la voce di san Francesco che ci ripete: “Vangelo, Vangelo!”. Lo dice anche a me, anzi, prima a me: papa Francesco, sii servitore del Vangelo!». Già nella prima intervista da papa, concessa a Civiltà cattolica, Bergoglio aveva insistito sul medesimo concetto. Incontrando, il 25 novembre 2016, i superiori generali degli istituti religiosi, dirà: «Essere radicali nella profezia è il famoso sine glossa, la regola sine glossa, il Vangelo sine glossa. Cioè: senza calmanti! Il Vangelo va preso senza calmanti. Così hanno fatto i nostri fondatori»
Artigiano di pace
Fin dall’inizio del pontificato Francesco si è impegnato intensamente per la causa della pace. Il 7 settembre 2013 promosse una giornata di preghiera per la Siria, martoriata da un conflitto che ancora perdura. Iniziative del genere si sono ripetute: nel 2017 per la Repubblica democratica del Congo e il Sud Sudan, nel 2021 con l’intento di sensibilizzare la Chiesa e l’umanità intera sulla tragedia del popolo birmano, tornato sotto il tallone dei militari dopo il golpe del primo febbraio di due anni fa. Lo stesso vale per gli innumerevoli appelli per la pace in Ucraina, lanciati nell’arco degli ultimi 12 mesi: tanto ripetuti ed accorati quanto forte è stata la condanna dell’invasione russa e delle violenze perpetrate sui civili in molteplici occasioni. La pace, sottolinea Francesco, dev’essere una priorità condivisa: lo richiede la gravità della situazione che stiamo vivendo. Memorabile, in proposito, un passaggio del discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze nel settembre 2022: «I numerosi conflitti armati che sono in corso preoccupano seriamente. Ho detto che era una terza guerra mondiale “a pezzi”; oggi forse possiamo dire “totale”, e i rischi per le persone e per il pianeta sono sempre maggiori». Ma Francesco non si accontenta di denunciare e invitare a pregare. L’8 giugno 2014 promosse l’indimenticabile incontro in Vaticano con i presidenti di Israele, Shimon Peres, e dello Stato di Palestina, Abu Mazen: un frutto particolarmente significativo del viaggio in Terrasanta svoltosi poco tempo prima. Ma ciò che ha letteralmente sconvolto il mondo fu, nel 2016, una decisione che a molti è parsa un azzardo: aprire l’Anno della misericordia in un Paese, la Repubblica Centrafricana, nel quale solo fino a poche ore prima del suo arrivo le opposte fazioni si stavano sparando. Da ultimo, va detto che papa Francesco ha accompagnato la preghiera per la pace con un impegno diretto di natura politica e diplomatica nel quale si è speso in prima persona, seppur dietro le quinte: i casi più eclatanti la mediazione tra Stati Uniti e Cuba e il processo di pace in Colombia, nel quale la «diplomazia della misericordia» ha giocato un ruolo per nulla secondario.
La fratellanza universale
Sui passi di san Francesco che nel
1219, durante le Crociate, incontrò
il Sultano d’Egitto, papa Francesco,
800 anni dopo quell’evento memorabile ha compiuto nel febbraio 2019 un
altrettanto memorabile viaggio apostolico negli Emirati arabi uniti. Insieme col grande imam di Al-Azhar,
in quegli stessi giorni, ha firmato il
Documento sulla fratellanza umana:
una pietra miliare per quanto riguarda il dialogo islamo-cristiano, ma più
in generale, una rinnovata presa di
coscienza dell’urgenza della collaborazione fra credenti di ogni religione,
nella direzione della pace: «Non c’è
alternativa: o costruiremo insieme
l’avvenire o non ci sarà futuro. Le religioni, in particolare, non possono
rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture»
La salvaguardia del creato
«Nell’enciclica Laudato si’, che
inizia con le parole del cantico delle creature, ho cercato di mostrare
quali legami profondi esistano tra
l’impegno per sradicare la povertà
e la cura del creato. Bisogna lasciare ai nostri figli e nipoti una terra vivibile e impegnarsi a costruire una
pace vera e giusta nel mondo». Con
queste parole il 15 ottobre 2015 papa Francesco si rivolgeva a Caroline
Pigozzi, vaticanista del settimanale
francese Paris Match, ma, idealmente, a tutta l’umanità. Già, perché se
c’è un testo che ha intercettato la
sensibilità di milioni e milioni di persone nel mondo – cattolici cristiani
di varie denominazioni, credenti di
differenti tradizioni religiose e pure
molti atei e non credenti – è proprio
la Laudato si’.
La salvaguardia della “casa comune” esige però un ripensamento, dalle fondamenta, dei modelli di
sviluppo e dei meccanismi di produzione. È a tal fine che Francesco,
profondamente convinto che «questa economia uccide», ha inventato
The Economy of Francesco, un summit di economisti under 35 da tutto il mondo, che l’ultima volta si sono radunati ad Assisi, nel settembre
2022, per riflettere insieme e inventare nuove prassi
"Va' e ripara la mia casa"
Francesco d’Assisi, uno dei più
rivoluzionari tra i santi, è stato pure
un esempio straordinario di obbedienza alla Chiesa. Scegliendo il nome di Francesco, papa Bergoglio ha
dichiarato apertamente la volontà di
rinnovare profondamente la Chiesa
nel solco della tradizione e del Concilio. Ha fatto esplicito riferimento
all’appello del Crocifisso a Francesco
d’Assisi in un contesto significativo
come la veglia del 27 luglio 2013, alla
quale hanno partecipato tre milioni
di giovani sul lungomare di Copacabana a Rio de Janeiro. «Davanti al
Crocifisso sente la voce di Gesù che
gli dice: “Francesco, va’ e ripara la
mia casa”. E il giovane Francesco risponde con prontezza e generosità a
questa chiamata del Signore: riparare la sua casa. Si trattava di mettersi a servizio della Chiesa, amandola
e lavorando perché in essa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo».
Nell’arco di un decennio, Francesco ha provato a riparare la casaChiesa in molte direzioni. Anzitutto
con un’energica azione di “pulizia”
in risposta alla piaga degli abusi sessuali del clero: un fenomeno che ha
colpito, purtroppo, numerose Chiese
nel mondo. Bergoglio ha poi promosso numerose riforme per migliorare
l’assetto della Curia romana, in modo
da renderla sempre più strumento di
servizio e meno centro di potere. Infine, ha promosso un cambio di rotta
deciso nel modo con cui va pensato il cammino ecclesiale, abbandonando clericalismo in favore di sinodalità, discernimento comunitario e
valorizzazione di carismi e ministeri
laicali. Un cammino non facile, segnato da stop-and-go, ma necessario
per svecchiare la Chiesa e renderla
più credibile agli occhi delle donne
e degli uomini d’oggi