«Un pensiero grato alla memoria di san Giovanni Paolo II in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate». Francesco ricorda quanti sono giunti a Roma, nel santuario di Santo Spirito in Sassia per la domenica della misericordia e difende il predecessore che istituì questa celebrazione. Nel corso del Regina Coeli aveva spiegato le letture del giorno che parlano della sfiducia di Tommaso e spiega che non dobbiamo cercare Gesù in eventi spettacolari, ma nella comunità. Sottolinea che lo scetticismo di Tommaso, che si era allontanato dagli altri discepoli e che non era presente quando Gesù quando era apparso nel cenacolo, deriva dalla grande delusione patita. «Tommaso, in realtà, non è l’unico che fa fatica a credere, anzi rappresenta un po’ tutti noi. Infatti non è sempre facile credere, specialmente quando, come nel suo caso, si ha patito una grande delusione. E dopo una grande delusione è difficile credere. Ha seguito Gesù per anni, correndo rischi e sopportando disagi, ma il Maestro è stato messo in croce come un delinquente e nessuno lo ha liberato, nessuno ha fatto niente! È morto e tutti hanno paura. Come fidarsi ancora? Come fidarsi di una notizia che dice che è vivo? Il dubbio era dentro di sé». Ma Tommaso, che aveva dimostrato coraggio uscendo dal cenacolo con il rischio di farsi riconoscere ed essere anche lui arrestato, e che «meriterebbe forse più degli altri di incontrarlo» rivede Gesù quando rientra nella comunità. «Otto giorni dopo, appare di nuovo in mezzo ai suoi discepoli e gli mostra le sue piaghe, le mani, i piedi, queste piaghe che sono le prove del suo amore, che sono i canali sempre aperti della sua misericordia». Tommaso aveva chiesto di vedere le ferite per credere, «vorrebbe un segno straordinario» e Gesù «gliele mostra, ma in modo ordinario, venendo davanti a tutti, nella comunità, non fuori. Come a dirgli: se vuoi incontrarmi non cercare lontano, resta nella comunità, con gli altri e non andare via, prega con loro, spezza con loro il pane. E lo dice a noi pure: è lì, nella comunità che potrai trovarmi, è lì che ti mostrerò, impressi nel mio corpo, i segni delle piaghe: i segni dell’Amore che vince l’odio, del Perdono che disarma la vendetta, i segni della Vita che sconfigge la morte. È lì, nella comunità, che scoprirai il mio volto, mentre con i fratelli condividi momenti di dubbio e di paura, stringendoti ancora più fortemente a loro. Senza la comunità è difficile trovare Gesù».
E il Papa chiede anche a noi dove cerchiamo Gesù: «In qualche evento speciale, in qualche manifestazione religiosa spettacolare o eclatante, unicamente nelle nostre emozioni e sensazioni? Oppure nella comunità, nella Chiesa, accettando la sfida di restarci, anche se non è perfetta? Nonostante tutti i suoi limiti e le sue cadute, che sono i nostri limiti e le nostre cadute, la nostra Madre Chiesa è il Corpo di Cristo; ed è lì, nel Corpo di Cristo, che si trovano impressi, ancora e per sempre, i segni più grandi del suo amore. Chiediamoci però se, in nome di questo amore, in nome delle piaghe di Gesù, siamo disposti ad aprire le braccia a chi è ferito dalla vita, senza escludere nessuno dalla misericordia di Dio, ma accogliendo tutti; ciascuno come un fratello, come una sorella, come Dio accoglie tutti. Dio accoglie tutti».