Si dice che solo quando due persone si amano profondamente, possono concedersi il lusso di prendersi bonariamente in giro. Per certi versi funziona così anche nel rapporto con Dio: più la fede è sincera, vissuta e appassionata e più ne parleremo sorridendo, intercalando le nostre riflessioni con battute e un pizzico di ironia. È per questo che Francesco (Franz) Villa riesce a strapparci un sorriso anche da queste pagine, mentre parla di fede: non perché «lui è un comico e questo sa fare», bensì perché ha confidenza con Dio. Lo conosce, lo interroga, a volte forse ci litiga pure. Insomma, gli vuole bene. «Parlo continuamente con Dio: magari sono semplicemente bipolare e dovrei farmi vedere, ma per me la fede è un quotidiano confronto con la voce che sento dentro di me», conferma Franz, attualmente in onda ogni lunedì su Rai Due con Fuori tema insieme al partner Alessandro (Ale) Besentini. «Cerco nel Vangelo le risposte alle mie domande: per me credere è aprire la Bibbia, leggerla, faticare a capire quello che c’è scritto ma essere certo che la risposta sia lì».
Partiamo dall’inizio: come si è avvicinato alla fede cristiana?
«Sono nato in una famiglia cattolica, che mi ha cresciuto secondo i valori di una volta. Mi ritengo molto fortunato ad avere ricevuto questo tipo di educazione anche se, ovviamente, da sola non basta per credere in Dio. La fede è infatti un percorso personale e impegnativo: quando inizi a scavare un po’, fatichi a trovare coerenza tra gli ideali professati e lo stile di vita condotto. Lo dico da uomo di fede: è difficile avere la forza della credibilità e vale in primis per me stesso. Ogni tanto ripenso a Madre Teresa di Calcutta che diceva di arrabbiarsi con il Signore. Ecco, per me la fede è una lotta: una lotta buona, prima di tutto con se stessi oltre che con il mondo. Mi ritengo quindi molto fortunato ad avere conosciuto delle persone credibili: preti e suore di battaglia, che hanno profondamente indirizzato la mia vita».
Chi in particolare ha fatto la differenza?
«Sono molti. Ricordo che una volta un prete mi disse: “La Madonna guarda il cielo ma ha i piedi per terra”. Ecco, per me i grandi esempi di fede sono questo: un connubio di spiritualità e concretezza. Tra i primi che ho incontrato in oratorio a Milano c’è sicuramente don Egidio Casalone: un prete che c’era sempre. Potevi contare su di lui. Aveva una parte evangelica forte ma al contempo era un prete concreto, come piace a me. Per esempio, durante il campo estivo tu andavi lì e lui ti dava i badili in mano, dicendo: “Dai, costruiamo una buca per realizzare la fontana”. Nella mia famiglia c’era poi un altro prete: don Paolo Barzaghi. Era il parroco di Pescate, un paesino in provincia di Lecco: anche lui era un prete in prima linea. Pensa che, in quel contesto così ristretto di paese, era riuscito a costruire una chiesa. Era un uomo che si rimboccava le maniche, ha fatto tanto per Pescate e i cittadini hanno eretto una statua in suo onore. Inoltre durante il servizio civile ho avuto la fortuna di lavorare in una comunità di Suore Poverelle che viveva dentro delle case popolari nel mio quartiere. La madre superiora si chiamava suor Lidia e aveva davvero a cuore i bisognosi. Mi diceva: “Pota, pota! Ci vediamo domani mattina alle otto per pulire le case”. La mattina seguente io arrivavo alle 8 e lei non c’era: era già su a fare i lavori. “Ho visto che non arrivavi…”, mi spiegava. E io: “Ma come, suor Lidia? Sono le otto adesso”. “Eh, ho visto che non arrivavi e alle 7.30 sono salita su”. Lei e le consorelle sono state tra le prime persone a parlarmi della fede in un’ottica diversa, mostrandomi tutta l’umanità della vita cristiana e spendendosi personalmente per il prossimo. Infine, complice la pandemia, ho conosciuto la comunità dei Gesuiti di don Davide, un carissimo amico d’infanzia di Ale. Ho iniziato a seguire le sue Messe online e spiritualmente mi hanno cambiato la vita».
Cosa l’ha colpita?
«Anche questa comunità è formata da preti di strada: quelli, per capirci, che mentre celebrano Messa ogni tanto vengono chiamati e li senti dire: “Oh, oh, arrivo, arrivo! Aspetta un momento!”. Le loro prediche durano 3 minuti di orologio ma ogni volta sono una risposta alle tue domande. Parlano di un Dio che non è là nei cieli, ma difianco a te. La fede non può restare chiusa nei cassetti o custodita nei rosari: deve scontrarsi con la realtà, propria e altrui. Per incontrare la misericordia di Dio bisogna cercarlo negli altri, donarsi al prossimo».
Anche per questo è molto impegnato sul versante del volontariato?
«In realtà non posso chiamarlo volontariato: è più un collaborare con amici. Conosco molte persone che fanno del bene, donando la loro vita e il proprio tempo agli ultimi, e semplicemente, di volta in volta, do loro una mano. Faccio davvero poco: alzo il telefono per capire come aiutarli ».
Dopo questa intervista mi sa che la chiameranno tutti…
«Ci chiamano in tanti e io e Ale abbiamo anche una Onlus: Ale&Franz and Friends. Aiutiamo le piccole realtà attraverso progetti mirati e concreti: delle gocce, ma vitali per molte persone. Tante volte, fin dai tempi in cui facevo l’educatore, mi sono trovato davanti a situazioni dove dicevo: “Io non la so fare questa cosa, che ci faccio qui?”. Poi però decidevo di fare il primo passo, confidando che il Signore mi avrebbe aiutato a fare eventualmente gli altri. Spesso basta proprio un primo passo per cambiare le cose».
A proposito di Ale, cosa rappresenta per lei il suo storico partner?
«È una persona che mi è stata messa vicino da Qualcuno più in alto: siamo partiti da realtà molto differenti, ci siamo incontrati e abbiamo pianificato, giorno dopo giorno, in mezzo a mille difficoltà un percorso di crescita, umana oltre che professionale. Dopo 26 anni siamo ancora qua. Per me è un punto di riferimento, un incontro del Signore».
Condividete anche la fede?
«No, Ale è ateo. Probabilmente non ha avuto la fortuna di fare i miei stessi incontri ma è profondamente rispettoso della mia fede e questo, per me, già lo rende credente. Lui per esempio è molto attento alle espressioni che usa in mia presenza e se gli sfugge qualche parola poco consona si scusa, anche se spesso non ce ne sarebbe bisogno. È comunque un atteggiamento che apprezzo molto e che è segno di una grande intelligenza e, soprattutto, di umanità. Noi due siamo il volto di una stessa medaglia: io con una tradizione più classicamente religiosa, lui più laica, ma abbiamo gli stessi identici valori. Quando c’è da aiutare qualcuno, non mi muovo io ma noi. La Onlus non è mia, ma nostra. Anche sul lavoro, abbiamo fatto molte scelte etiche, rifiutando per esempio di trattare certi temi, e siamo uniti su questo. Anzi, molto spesso è lui a dirmi: “Fra, io quella cosa non la faccio”».
In Fuori tema, fate dialogare Gesù e Giuda: come è nata l’idea?
«Ci tengo a precisare che non c’è nulla, ovviamente, di blasfemo: abbiamo realizzato lo sketch nel massimo rispetto. Semplicemente, abbiamo giocato sulla popolarità di Gesù: è una figura estremamente rivoluzionaria, che interroga credenti e non. Chi non vorrebbe intervistarlo? Tra l’altro, personalmente, sono convinto che Cristo fosse una persona tutt’altro che triste… Inoltre abbiamo deciso di inserire in Fuori tema un momento di riflessione. La nostra è una trasmissione comica, di 60 minuti, e dobbiamo giustamente far ridere: per 55 minuti lo facciamo ma negli ultimi 5 ci concediamo una riflessione. Se hai infatti qualcosa da dire, devi trovare il modo di dirlo: è un tuo dovere. Anche quando sei un comico».