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martedì 29 aprile 2025
 
cinema e fede
 
Credere

Francesco Pannofino: «In chiesa ho scoperto la passione»

22/06/2023  L’attore e doppiatore racconta che da ragazzino imitava i frati della parrocchia e, grazie alla bella voce, veniva scelto per leggere la Parola di Dio

«Pronto? Parlo con Francesco Pannofino?»

«Ciao. Ti stavo aspettando».

«Ci possiamo dare del tu, Francesco?»

«Beh, direi di sì. Siamo due ragazzi giovani!».

Inizia su questi toni l’intervista con uno degli attori più amati, il René Ferretti di Boris, la voce italiana di Denzel Washington, George Clooney e tanti altri. Cinema, teatro, televisione, doppiaggio:

Francesco è entrato nelle case con quella sua voce, che può essere a suo piacimento ruvida o vellutata, e con quel volto stropicciato e verace. Francesco, c’è una bella frase che ti identifica. È quella del titolo di un tuo disco di qualche anno fa: Io vendo le emozioni. (Ride)

«Tutto sommato è quello che dobbiamo fare: dare emozioni alla gente; il che significa far ridere, piangere, spaventare, commuovere, tutto. Far sentire vivi. Lo faccio apposta. Se il pubblico non si emoziona… non va bene».

Tutti sanno che cosa fai. Ma qualche cosa di te, della tua famiglia, di quando eri bambino, ce la puoi raccontare?

«Sono nato in Liguria, in un paesino dell’entroterra di Ponente che si chiama Pieve di Teco. Lì ho trascorso i primi cinque anni della mia vita. Poi mio padre, che faceva il carabiniere, si è trasferito a Imperia, e lì ho fatto le elementari e le medie. Dopodiché mio padre fu trasferito a Roma. Quindi è arrivato il liceo e quel poco di università che ho frequentato: per fortuna stavo a Roma e ho potuto provarci a fare sto lavoro».

Era la tua mamma che insisteva per farti andare in chiesa e all’oratorio, è vero?

«Sì! Ho fatto anche il chierichetto dai frati. Guarda che io ho frequentato sempre la chiesa: non è che ci vado in modo assiduo, ma sono sempre stato credente. Insomma, non sono un bigotto, però appena posso entro in una chiesa e dico una preghiera».

Che ricordi hai di quegli anni come chierichetto? ù

«Un gran ricordo: perché poi la Messa è uno spettacolo teatrale. Ed è bellissimo come spettacolo. Sono i preti che alcune volte lo fanno male. È chiaro che è una funzione sacra, però è fatto come uno spettacolo teatrale. Talora a Messa ci sono dei momenti morti. Intendo quelli inutili. Le pause per pregare, per meditare, vanno bene, ma quando non c’è bisogno… Ci sono delle volte in cui il prete si mette lì seduto e non succede niente… Hai capito? In attesa che parta l’organo, che poi non parte. Ci vorrebbe un regista… Poi anche il prete quando fa l’omelia può essere un problema: se il prete è figo, è un piacere sentirlo. Invece ci sono dei preti che sono noiosi. Ti viene da scappar via. È come a teatro dove c’è un attore che ti annoia e la gente s’alza e se ne va».

Francesco, da dove ti nasce questa fede?

«Un po’ dall’educazione familiare. Mia madre era una donna molto pia, quindi ci teneva che frequentassi la chiesa. Se non ci fosse stato l’oratorio sarei stato per strada, a giocare in mezzo alle macchine. Invece c’era il campetto di calcio, il biliardino e il ping pong. Poi, quando c’erano le funzioni importanti, come Pasqua e Natale, c’era anche un laboratorio dove si creavano i vetri artistici. Si facevano gli addobbi per le feste e partecipavamo anche noi bambini. Certo, non avevamo incarichi di responsabilità, però davamo una mano. E poi ho avuto la fortuna che in quel convento — la chiesa dei Frati Cappuccini di piazza Roma a Imperia — ci fossero dei frati molto illuminati e moderni. Erano tutte persone per bene. C’era anche un frate, mi ricordo, che quando parlava non si capiva niente (ride): con gli altri bambini facevamo una specie di teatrino per imitarli. Già da allora si vedeva che ero portato! E devo dire che mi sceglievano sempre per leggere i testi sacri: ero quello che leggeva meglio».

E voleva dire già qualcosa, mi sa.

«Sì, ma questo l’ho capito dopo perché pensavo ad altro: all’inizio volevo fare il calciatore; giocavo bene, ma non abbastanza: non avevo il fisico. A quell’epoca bisognava essere forti come Maradona. E poi volevo fare il giornalista sportivo. Ho provato a collaborare con qualche giornale e poi, parallelamente, ho cominciato a fare l’attore. E quello è andato meglio: e ho continuato».

Ma questa fede che c’era da bambino… da grande com’è andata?

«Sono sempre abituato a non seguire troppo le chiacchiere e a fidarmi della parola di Gesù, che è la cosa più seria che uno possa fare. A seguire quello che Gesù ha lasciato detto, che tra l’altro è molto difficile da attuare per noi esseri umani, cioè “ama il tuo nemico”. È difficile. Però quanto meno cercare di avvicinarsi a quello che ha predicato, che è un esempio per tutti, ti può fare da guida nella vita. Naturalmente dobbiamo fare i conti anche con quello che hanno fatto gli esseri umani con la religione, non è che non ci sono delle pecche… però gli esseri umani sbagliano. È tutto qui».

Porti anche un nome importante: Francesco.

«Tre santi e un Papa. Il mio però è quello d’Assisi. Devo dire che quando vado ad Assisi, ecco… Lì è uno dei pochi posti in cui mi prende una specie di misticismo, sento proprio la tensione religiosa».

Con Emanuela Rossi (attrice e doppiatrice) sei sposato da tanti anni: leggevo la battuta che entrambi all’inizio vi siete innamorati l’uno dell’altra per i rispettivi personaggi che doppiavate… (Ride).

«Siamo insieme da tanti anni. Ci vogliamo bene: più passa il tempo e più siamo uniti, in qualche modo è vero. E nostro figlio Andrea ci unisce ancora di più. Andrea si dà un gran daffare: ha cominciato anche lui a fare il mio mestiere. Quando aveva 17 anni mi disse solennemente che lui l’attore non lo voleva fare e io tirai un sospiro di sollievo. Ma poi invece ha cambiato idea. Gli ho detto che è una carriera difficile, però lui ha deciso di correre il rischio: l’ho visto all’opera e mi sembra che se la cavi benissimo».

Di fronte al dolore e alla sofferenza non dubiti mai?

«No. Non è che uno se ha fede è protetto dalle sofferenze, uno magari ci crede e poi gli succedono un sacco di disgrazie… Non è un automatismo. C’è sempre la spiegazione: è l’emblema della croce, l’ha portata Lui e un po’ di croce dobbiamo portarla pure noi. Si spera che non sia tanto pesante. Gesù lo ha fatto per noi, per la redenzione degli esseri umani, insomma. Lo ha fatto per un motivo e se ognuno di noi facesse un po’, e se questo po’ lo facessero tutti, secondo me avremmo un’umanità migliore».

 

Di Donatella Ferrario

chi è Francesco Pannofino?

L’UOMO DALLE MILLE VOCI

Nato in un paesino dell’entroterra ligure 65 anni fa, Francesco Pannofino è sposato da 26 anni con l’attrice e doppiatrice Emanuela Rossi, voce, tra le altre, di Michelle Pfeiffer ed Emma Thompson. Da bambina ha doppiato Pippi Calzelunghe. La coppia ha un figlio, Andrea, 26 anni, che ha seguito la carriera dei genitori. Pannofino ha un ricco curriculum che varia dalla recitazione, a teatro e al cinema, al doppiaggio. Ha pubblicato da poco il libro Dài, dài, dài! La vita a ca**o di cane (Aliberti), scritto con Roberto Corradi, in cui racconta molti episodi della sua esistenza e della sua carriera.

 

Età   65 anni

Professione  Attore e doppiatore

Famiglia  Sposato, con un figlio

Fede  Trasmessagli dalla famiglia

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